I Persiani di Eschilo è un’opera teatrale tragica giuntaci frammentaria, che mise in scena nel 427 a.C. un episodio di storia contemporanea, ed è anche il primo documento storico che ci parla della seconda guerra persiana, che vide Serse contro Atene e la Grecia, conclusasi con la sconfitta bruciante di Salamina.
Questa tragedia rappresenta il dramma dei vinti ed è anche una meditazione sull’esperienza del dolore, sulle sue radici etico-religiose, che rompe improvvisamente i festeggiamenti a Susa, capitale del regno persiano.
Come attualizzare politicamente e culturalmente la tragedia di Eschilo pensando a quanto accade in questo momento in Grecia?
Se consideriamo “europeista” una politica che dice di difendere la civiltà europea, ma la svende attraverso un sistema economico deciso sempre di più dalle lobby, non rispettando le differenze e le diversità dei popoli, allora il parallelo salta subito alla vista.
La Grecia di Eschilo come quella di Tsipras ha da questo punto di vista, diversamente da come ci vogliono forse far credere, decisamente trionfato. Ancora una volta, ha vinto la democrazia, mentre tutta l’Europa guardava con trepidazione e attenzione, forse anche con una piccola compiacenza di aver piegato ai proprio voleri la culla della civiltà mediterranea.
Insomma, per quanto sia prematura per dare giudizi definitivi, si direbbe che nella partita tra austerity tedesca e democrazia greca sia la seconda a uscire, almeno moralmente, vincente. Davide, anche stavolta, ha sconfitto Golia.
La Grecia e la sua civiltà non sono in vendita, non le si può comprare, perché la sua eredità è alla base del nostro vivere civile ed anche dell’Europa. Essa, infatti, ha dato origine al nostro mondo occidentale: poesia, arte, teatro, architettura, ma anche arte della navigazione, dell’agricoltura e della pastorizia sono lì a ricordarcelo. Faremmo bene a non dimenticarlo.