05 Luglio 2015. La Grecia dice “NO” al nuovo piano riforme proposto dal Fondo Monetario Internazionale. Si dirà: “Ecco, l’ennesimo articolo che parla di Tsipras, della Merkel e della Troika”. E invece no. O meglio: non è questo l’argomento principale di quest’articolo.

Perché quello che è successo non ha solo una valenza economica e politica, ma ha delle sfumatura molto più alte, che qualificano ulteriormente il valore umano della scelta del popolo greco.

Il punto di partenza sta in un dato di fatto ineccepibile: dal 2010 i cittadini greci non hanno avuto un governo nazionale. Dall’inizio della cosiddetta “Crisi del debito”, in Grecia sono saltati tutti i meccanismi democratici e costituzionali: tutti i governi che si sono susseguiti, infatti, si sono rivelati dei meri esecutori delle direttive di organismi internazionali, dei quali la Grecia fa parte, ma che hanno agito nel mero interesse dei creditori del Paese e non di certo in quello del popolo greco.

Sorvolando sugli aspetti tecnici, la Grecia degli ultimi cinque anni non può essere definita un Paese sovrano: penserete che la stessa cosa valga anche per l’Italia, ma se nel nostro caso si tratta di un “de facto” (ricordiamo la Legge Fornero ad esempio) nel caso della Grecia si tratta di un “de jure”. E l’ultima volta che è accaduta una cosa del genere in Europa risale alla Seconda Guerra Mondiale, quando la Germania di Hitler invase mezzo continente.

In questo senso, chi ha governato la Grecia in questi ultimi anni ha totalmente ignorato le esigenze di un popolo, pensando (invano) esclusivamente a rientrare dei crediti vantanti e riducendo alla fame uno Stato che negli anni ’90 si caratterizzava per uno tra i migliori trend di crescita dell’Eurozona.

Ciò premesso, veniamo ai giorni nostri: la Grecia chiede altra liquidità a BCE ed FMI che si dimostrano disponibili a concederla, in cambio di riforme ancora più restrittive. In realtà, il nodo della questione è nel mancato pagamento della tranche di rimborso che il governo Greco si era impegnato a restituire all’FMI entro il 30 Giugno. Tsipras, rivelatosi perlomeno astuto, certo dell’appoggio popolare ed altrettanto certo di non poter essere cacciato dall’Eurozona (se voi aveste un debitore, lo uccidereste?), indice un referendum al fine di poter andare al tavolo della Troika con un maggior potere contrattuale sia per ottenere gli ulteriori finanziamenti che per posticipare ulteriormente la scadenza della rata del rimborso. La Troika, di risposta, limita i prelievi bancari e mette in campo una campagna mediatica “terroristica” al fine di scoraggiare gli elettori e ottenere l’approvazione del piano-riforme.

Il risultato è che oltre il 60% dei votanti sono a favore di Tsipras. Molti hanno definito questo referendum inutile ma, in realtà, quanti di voi avrebbero votato come il popolo greco?

Portiamo adesso la discussione ad un livello “umano”: votando “NO” gli elettori greci stanno correndo il rischio di rimanere senza denaro (la ritorsione della Troika sarà, prevedibilmente, l’interruzione momentanea dell’attività bancaria) e di sprofondare ulteriormente in una povertà che già oggi è da terzo mondo. Tutto per riprendersi qualcosa di immateriale e non prezzabile: la dignità del proprio Paese.

In Occidente, siamo abituati ad agire di tasca, più che di testa o di cuore. In un mondo in cui l’unico vero valore è il denaro, com’è possibile che, non un singolo individuo, ma un intero popolo, occidentale come noi, decida che il soldo non è poi così importante se non si ha la dignità di sentirsi liberi?

Che sia questo il primo atto di una rivoluzione “umana”? Forse che il sistema capitalistico sta iniziando a scricchiolare?

Ma soprattutto: noi italiani, ridotti alla fame, con i bancomat chiusi e con tutti i media a favore del “SÌ”, avremmo mai votato “NO”? O ce la saremmo presa anche noi con il nostro Primo Ministro?

Perché si sa, per noi italiani un capro espiatorio è sempre più facile da trovare rispetto ad una soluzione reale…