Non potevo che iniziare citando un passaggio tratto dall’Ulisse di Joyce che ben rappresenta il mio percorso umano e spirituale:

Dal campo di gioco i ragazzi levarono un urlo. Un fischietto sibilante: mèta.
– Le vie del Creatore non sono le nostre vie. Tutta la storia si muove verso un’unica grande mèta, la manifestazione di Dio. Stephen accennò col pollice alla finestra dicendo:
– Quello è Dio.
– Urrà! Ahi! Fiuuuu!
– Che cosa? Chiese Mr. Deasy.
– Un urlo per la strada, rispose Stephen alzando le spalle!

È dal campo di gioco che la mia storia umana prende corpo, un tappeto verde che come direbbe Wittmann “è diventato manifestazione della speranza di Dio nella storia”.
L’entusiasmo, la costanza, la fedeltà ad un gruppo che fin da bambino ho vissuto nella mia preparazione atletica, mi hanno aperto la strada verso quel valore umano e spirituale che è l’affidamento. Ma come Joyce annuncia in queste stupende parole, “le vie di Dio non sono le nostre vie”, così nel cammino di maturazione, messo anche alla prova da momenti difficili, ho compreso che la vera vocazione di un uomo non è la realizzazione solo di un sogno, ma la fiduciosa apertura al mistero che abita ogni vita.
Apertura alla vita significa la possibilità di costruire il proprio futuro su fondamenta che ci vengono consegnate da testimoni della fede che spesso tardiamo a riconoscere (l’oratorio della parrocchia, …).
Ho cominciato a coltivare la mia interiorità prima ancora di aver deciso un cambiamento del campo di gioco, – dal rettangolo verde al prato che dona gentilezza all’austero chiostro di un monastero – , cominciando a rielaborare il cammino di fede percorso dalla mia famiglia, che si è davvero mostrata paziente con i miei ritardi dovuti alla mia giovane età, indicandomi sempre la via che conduce alla vera felicità (ad esempio dice mio padre, Filippo, perché tieni un trattore se non hai con te le pinze… ossia a che ti serve avere possibilità illimitate se poi non hai con te quello che serve davvero a far funzionare la tua vita?).
La vita con il suo lento o veloce divenire deve essere un luogo privilegiato della presa di coscienza di sé e del mondo, si tratta di interrogarsi e scoprire ciò che rappresenta, quali sono le sue potenzialità, quali le domande che possono aiutare la vita a rimanere sempre viva.
Le vie di accesso per intraprendere il cammino della vita sono molteplici, io personalmente ho scelto di intraprendere il cammino monastico cristiano, e sovente amici e conoscenti mi chiedono perché hai fatto questa scelta? Allora dovrò confessare che il luogo in cui si realizzano i più misteriosi valori della nuova vita per me sono nella fede in Cristo, cioè nell’ incontro personale con Dio e la testimonianza che gli è resa, che poi debbono essere l’ esistenza e l’ esperienza umana del cristiano e non il sovraumano, l’ insolito, ciò che è fuori dal comune.
Prima di essere una dottrina, il lieto annuncio della Chiesa è un evento. Conoscere l’evento significa parteciparvi, viverlo e per esprimere la vita è necessario un linguaggio diverso da quello concettuale e delle informazioni oggettive, serve l’ incontro profondo con se stessi con gli altri così da alfabetizzare ciò che il primo comandamento cristiano ci indica come filosofia di vita “ama il prossimo tuo come te stesso”.