
«Spero che il responsabile non sia italiano», «Ora tutti devono sapere quali sono i frutti dell’immigrazione senza regole», «La Chiesa accoglie questa marmaglia con la loro religione e non dice niente»…
Ha suscitato sdegno e clamore mediatico la notizia che ad Andria nella notte scorsa sono state deturpate diverse icone sacre, tra cui il Cristo crocifisso che da più di un secolo è all’inizio del viale del Cimitero.
Ora, chi scrive è un credente cattolico, peraltro impegnato nella pastorale della Diocesi. Il gesto è esecrabile e va condannato senza mezzi termini. Anche per me quel crocifisso era ed è un invito alla preghiera, l’unico ponte spirituale capace di unire i vivi ai morti, e un segno di identità sociale. Ciò che mi ha lasciato a dir poco perplesso, però, è la grettezza e l’ignoranza di alcuni commenti apparsi sui social, del tipo: «Spero che il responsabile non sia italiano», «Ora tutti devono sapere quali sono i frutti dell’immigrazione senza regole», e ancora: «La Chiesa accoglie questa marmaglia con la loro religione e non dice niente». Affermazioni becere, che vanno condannate più dello stesso gesto incivile, peraltro perpetuato da una persona con problemi psichici: e che è italiana…
Che dire? Mentre si vuol difendere a tutti i costi l’immagine di quel crocifisso, si attaccano gli immigrati e chi professa un altro Dio. Le bocche di coloro che condannano il gesto e innalzano lodi di riparazione al nome santo di Dio, nello stesso tempo infangano il nome del diverso e altro da noi. Da una parte si vuol venerare quel che resta di un Cristo di pietra, dall’altra si inneggia all’odio nei confronti di coloro in cui lo stesso Cristo si cela: «Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, lo avete fatto a me» (Mt 25, 40).
Evidentemente, è più facile provare pietà per una statua, che curare le ferite di chi soffre e chiede misericordia; è più facile inebriarsi del profumo dell’incenso offerto alle icone, che mischiarsi all’odore di chi lotta per una vita più giusta. Tocchiamo le mani dei santi esposti nelle chiese e trascuriamo le mani di coloro che fuori dal tempio attendono uno spicciolo o una carezza. È questo il vero Cristianesimo? Quale è la vera essenza e la Parola più vera di quel crocifisso distrutto che stanotte ha scosso la nostra coscienza?
«Noi indossiamo facilmente la toga del giudice. Il Padre misericordioso non si lascia sequestrare dall’impulso del giudizio (…) Se non c’è un eccesso di amore che aiuti a curare le ferite, che apra un altro orizzonte, che faccia da leva per il cambiamento, non può esistere soluzione. Questa è misericordia. Non c’è misericordia senza eccesso. Se intendiamo essere persone moderate, nulla di più che giuste, se vogliamo fare solo quel che è sicuro, potremo essere anche delle buone persone, ma non conosceremo il Vangelo della Misericordia. Perché il Vangelo della Misericordia esige da noi un eccesso d’amore: abbracciare la vita ferita, e capire tutto senza necessità di dire molto (…) La voce di Dio dovrà sempre confrontarsi con la domanda fatta alle origini: “Dov’è tuo fratello?”» (J. Tolentino Mendoca, Elogio della sete).




























Tali commenti, per quanto esecrabili come il gesto profanatorio del Cristo, restano parole. Il malato “scultore” improvvisato resta da curare. Il Crocifisso invece non c’è più. Se però la sua fine è stata decretata dallo psicopatico che purtroppo poteva anche con quel gesto comprovarne il suo amore (non lo sapremo mai) anche questa potrebbe essere la volontà di Dio, da accettare in quanto cristiani. La gente invece commenta perché il pericolo di quegli uomini che saccheggiano le chiese, profanano le nostre statue, uccidono i nostri religiosi e capovolgono i nostri simboli in casa nostra “buttandoli” dalla finestra è ancor peggiore ed io ho il diritto / dovere di non mettere le due cose sullo stesso piano.
Caro Giuseppe, il Cristianesimo non è un pranzo di gala. Cristo è stato crocifisso, i suoi apostoli e i suoi seguaci sono stati martirizzati e lo sono ancora oggi in molti luoghi del mondo. È storia che dura da più di duemila anni. Senza il sangue, non c’è Cristo. Questione di fede, non di ragione che, con tutta la buona volontà, non può capire. La vendetta umana non è prevista da questo sublime mistero.
Bellissimo articolo.