Articolo 42 della Costituzione Italiana

«La proprietà è pubblica o privata. I beni economici appartengono allo Stato, ad enti o a privati.

La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti.

La proprietà privata può essere, nei casi preveduti dalla legge, e salvo indennizzo, espropriata per motivi d’interesse generale.

La legge stabilisce le norme ed i limiti della successione legittima e testamentaria e i diritti dello Stato sulle eredità»

Articolo 832 del Codice civile

»Il proprietario ha diritto di godere e disporre delle cose in modo pieno ed esclusivo, entro i limiti e con l’osservanza degli obblighi stabiliti dall’ordinamento giuridico»

La corte di Cassazione, cui spetta l’ultimo grado di giudizio nei processi civili e penali nel nostro ordinamento, a sezioni riunite, vale a dire in composizione di nove membri, ha emesso una “storica” sentenza, la n. 23093, in data 11 agosto 2025, sancendo un principio che potremmo  definire rivoluzionario, ovvero che  è diritto del proprietario di un bene immobile rinunciare alla proprietà con una dichiarazione unilaterale in forma di atto pubblico o scrittura privata autenticata, da registrare presso gli uffici immobiliari del catasto.

La Corte, esercitando il suo potere nomofilattico, cioè il potere di uniforme interpretazione della legge,  ha riconosciuto una facoltà  basilare del diritto di proprietà anche in materia di beni immobili, poiché il titolare ne dispone anche rinunciando alla proprietà medesima. E se questo  era universalmente accettato per i beni mobili (posso abbandonare, facendolo diventare un rifiuto, un tostapane o un frigorifero; o posso portare alla rottamazione la mia vecchia auto), la cosa non sembrava valere per le case o i terreni, il cui unico modo per liberarsene sembrava consistere solo nel trovare un proprietario subentrante a titolo oneroso, ad esempio con una vendita, o gratuito, con una donazione.

Certo, il proprietario poteva lasciare a se stesso un terreno agricolo, che quindi diventava incolto, ma assumendosi, ad esempio,  i rischi di un incendio delle erbacce, causativo di danni a terzi, con l’obbligo del risarcimento. Per non parlare del pagamento delle imposte relative (vedi alla voce IRPEF o IMU).

Stessa cosa per una casa. Tutto ciò, ben inteso, se non avesse, come detto,  trovato un proprietario subentrante.

Oggi, invece, con questa sentenza, il titolare del diritto rinuncia unilateralmente e, poiché la proprietà può essere pubblica o privata, la res nullius in cui il bene immobile si è trasformato, diviene, per legge, bene pubblico, ossia dello Stato, ben inteso, a titolo originario, cioè senza trasferimento.

Con questa sentenza si è concluso l’iter di un processo civile in cui due sorelle hanno rinunciato a dei terreni agricoli infruttuosi e onerosi, in modo definitivo.

Contro le due donne, lo Stato si era costituito in giudizio, opponendosi alla loro decisione, affermando che l’atto di rinuncia non aveva pregio poiché violava il principio costituzionale della funzione sociale della proprietà, essendo la rinuncia un vero e proprio atto egoistico, una sorta di scaricabarile di doveri ed oneri, collegati al diritto di proprietà, sullo Stato, ovvero sulla comunità.

La Cassazione ha sancito che, anzitutto, la rinuncia è un atto unilaterale insindacabile, non soggetto ad accettazione. Ha aggiunto che la funzione pubblica della proprietà non è lesa dal desiderio di liberarsi di un bene, quand’anche immobile, poiché nessuno può essere obbligato a possedere e gestire un bene troppo oneroso, giacché di nessun valore, che non produce alcunché, ma comporta solo costi di gestione di qualunque natura.

La proprietà, dunque, è un diritto, non anche un dovere.

Né la Costituzione vincola il proprietario per sempre al suo bene, di cui non riesca a liberarsi con atto giuridico tra vivi. Neanche per tutelare la funzione pubblica della proprietà. Che, a ben vedere, viene, a parere di chi scrive, esaltata dalla rinuncia abdicativa alla proprietà immobiliare. Come pure la possibilità di renderla accessibile a tutti.

Infatti, diventandone lo Stato proprietario, il bene potrà appartenere al demanio pubblico, potendo  così essere utilizzato da altri cittadini.

E se diverrà parte del demanio privato, lo Stato potrebbe alienarlo, realizzando un’entrata.

Quindi, lungi dal violare i principi costituzionali, potrebbe addirittura favorirne l’attuazione!

La rinuncia unilaterale può esercitarsi anche per una quota di un bene in comproprietà?

La risposta non può essere che positiva, perché non possono derivare limitazioni dal possedere in comunione un bene. Pare altresì evidente che gli altri comproprietari debbano comunque essere avvisati dell’intenzione alla rinuncia, onde consentire loro di acquistare la quota a titolo derivativo per non trovarsi a condividere la proprietà con lo Stato, o, in alternativa, rinunciarvi essi stessi.

Qualche studioso si è domandato se questa rinuncia al diritto di proprietà possa valere anche per quote societarie non rappresentate da titoli (per questi è sempre esercitabile, a determinate condizioni, il recesso, con rimborso della quota).

Si sta parlando, in pratica,  delle società di persone, nell’ipotesi in cui un socio risulti introvabile, bloccando l’altro che non può da solo deciderne lo scioglimento, né tantomeno l’automatica acquisizione della quota per così dire “vacante”, non essendo ammessa nel nostro ordinamento la tontina.

Non un caso frequente, ma interessante.

Anche qui pare corretto ritenere che la rinuncia alla proprietà sia applicabile, con comunicazione al registro delle imprese.

L’affascinante mondo del diritto!


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Nata a Corato, cresciuta a Ruvo di Puglia, mi sono laureata all’Università degli studi di Bari e ho insegnato per 38 anni scolastici tra le province di Milano e di Bari Diritto ed Economia Politica. Mi piacciono i libri, non da bibliofila, ma da lettrice, il cinema e la musica (Prince su tutti) e coltivo queste mie passioni costantemente. Amo la buona compagnia, ma anche un’operosa solitudine. Credo nei valori della libertà, dell’uguaglianza, del rispetto di tutte le persone e di tutte le opinioni. Detesto gli integralismi di ogni forma.

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