
Nella quarta satira di Giovenale viene attaccata ferocemente la stessa corte imperiale, che non è quella contemporanea del poeta, ma di Domiziano, un altrettanto crudele e feroce imperatore, sopranominato dal poeta come “calvo Nerone”. Il punto su cui si discute è come cucinare un enorme e gigantesco rombo, donato all’imperatore, che convoca il “consilium principis”, cioè i suoi consiglieri che insieme discutono sulla questione tanto importante e delicata.
Eccovi, dunque, la descrizione di Giovenale: «Si va dall’Atride, e l’uomo del Piceno dice: “Accettalo; è troppo grande per una casa privata. Sia questo un giorno di festa; affrettati a sgombrare lo stomaco e consuma il rombo destinato al tuo regno. È stato lui che ha voluto farsi prendere”. Che c’è di più sfacciato? Eppure l’imperatore alza la cresta; non c’è niente che non sia capace di credere sul proprio conto quando si innalza alle stelle il suo giusto potere! Ma mancava una padella della misura del pesce. Si chiamano dunque in consiglio i potenti, quelli che odia, nelle cui facce sta scritto il pallore di un’amicizia grande e terribile.»
Dopo un’attenta riflessione si decide di non fare a pezzi il rombo, ma piuttosto di costruire per l’enorme pesce una gigantesca padella di terracotta. Evidente l’intento parodico del poeta, che porta all’esagerazione comica il racconto di quelli che dovevano essere i semplici preparativi di una cena.
Viene allora da interrogarsi sui personaggi della sua satira e sulle scelte politiche di quanti gestiscono il potere, uomini che, ieri come oggi, senza far nomi o accuse, discutono su tematiche futili, non occupandosi di problemi molto importanti e decisivi anche per le sorti della nostra terra e del nostro Paese: il quale è chiamato “bel” e speriamo che per colpa di alcuni non perda questo aggettivo o appellativo.
La stessa satira di Giovenale conclude: «Mancava soltanto che Fabrizio (uno dei consiglieri del principe, ndr) dicesse gli anni e la patria del rombo». Potere delle chiacchiere: sapere tutto di cose futili e smarrire l’essenziale.
























