
La presenza del furbo è inversamente proporzionale al livello di civiltà di un luogo, ne costituisce una specie di indice, di termometro, di certificazione ufficiosa.
Esistono nazioni dove i piccoli produttori agricoli locali affidano i loro prodotti a tavoli di legno sulla strada, con i prezzi chiari, bene in vista, e sanno che se in offerta c’erano tre barattoli di marmellata al prezzo di quattro euro cadauno, a fine giornata troveranno il banchetto vuoto e i loro bravi dodici euro. In un rapporto di fiducia e rispetto reciproci.
Fiducia e rispetto sono due atteggiamenti che al furbo nostrano non si addicono, perché il nostro furbo nasce con un imperativo categorico stampato nel DNA: fregare il prossimo! Altrimenti che furbo sarebbe? Così al furbo non si addice il rispetto della fila, deve ingegnarsi per guadagnare le prime posizioni, scavalcando, sgusciando, oppure inventandosi qualche stratagemma, una parentela, un’urgenza, qualsiasi cosa ma non il rispetto della fila. E appiccando il fuoco a discussioni, litigi, recriminazioni, e spargendo intorno a sé ondate di malcontento, ma anche di desiderio di emulazione, perché un minimo di tensione alla furbizia ce la portiamo dentro tutti.
Il furbo davanti al passaggio a livello chiuso si dispone subito in doppia fila, che diventa poco dopo tripla, e poi subito quadrupla, perché ai furbi piace l’emulazione e non vogliono sentirsi secondi a nessuno. Dall’altra parte delle sbarre, in direzione opposta, un analogo germogliare di furbizia fa sì che anche lì ci si sia disposti in fila multipla, di modo che all’alzarsi del passaggio a livello il traffico si blocca, è totale paralisi, troppi furbi a fronteggiarsi, tra strombazzamenti, grida, vituperi con chiamata in causa della parentela per lo più femminile, in genere mamme e sorelle, e talvolta ricorso ai defunti. In definitiva una fila che per scorrere avrebbe impiegato meno di un minuto, dopo quattro è ancora lì, che deve decidersi a disaggrovigliarsi, e tutto questo grazie ai furbi.
Si tratta sempre di soggetti socialmente iniqui, per i quali il bene comune non esiste, e sono quelli che davanti alla raccolta differenziata dei rifiuti sono renitenti, davanti al pagamento delle tasse nicchiano, sempre alla ricerca di sotterfugi, di scappatoie, sono quelli che in casa vogliono tutto pulito e appena fuori buttano per terra carte, cartacce, fazzolettini, cicche, di tutto, tanto che fa? se glielo fai notare ti guardano come si guarderebbe un abitante di marte e guardandosi in giro ti rispondono fanno tutti così.
Il furbo è una categoria antropologica, e la parola anarchia è parola troppo bella per essere associata alla stupidità radicata del furbo, né si può individuare un’attenuante nell’atavica, storica, radicata diffidenza nei confronti del potere; “piove? governo ladro!”, e io non pago le tasse, non rispetto la fila, non rispetto le basilari norme della buona educazione e del vivere civile: no, la storia qui non c’entra, si tratta di spocchiosa ignoranza, di spirito civico inesistente, di arretratezza.
Speranze di un miglioramento? Certamente sì, mai abbandonare le speranze, sicuramente cinquant’anni fa la situazione era peggiore, qualche lieve miglioramento c’è stato. Auguriamoci che il processo di civilizzazione proceda, che i furbi scoprano, finalmente, un giorno, che il sinonimo speculare della parola furbo è la parola coglione.