Il “Festival della Disperazione”, il primo festival letterario di Andria che si terrà dal 5 al 7 maggio, sarà il contesto in cui si esibirà un coro che canterà lamentele: il Coro dei Malcontenti, appunto.

La pancia del Paese, stavolta, per una volta, emetterà suoni melodici. Più di quattrocento lamentele raccolte e passate al setaccio, scritte poi in modo da comporre il testo che nel week end verrà cantato dal coro. La responsabilità di tutto affidata dagli organizzatori del festival al trio andriese dei Bariche. Abbiamo chiesto ad Olga, componente femminile del gruppo, di spiegarci l’esegesi del progetto, illustrandoci i buoni propositi del “Coro dei Malcontenti”:

 Ciao Olga. Come nascono e quale stile musicale propongono i Bariche?

I Bariche nascono nel 2013, dopo una lunga amicizia coltivata durante gli studi musicali. Siamo un trio (Gabriele Piccininno e Giuseppe Zinfollino alle chitarre e Olga Paparussio al violino) e abbiamo voluto metterci in gioco, ispirandoci allo swing manouche (gipsy jazz francese), al quale ci siamo sempre approcciati con ironia, irriverenza e coraggio, atteggiamenti diventati il nostro marchio distintivo. Partendo dall’esecuzione degli standard del genere abbiamo poi iniziato a riarrangiare il repertorio, compiendo dei “viaggi” tra quello che è il vastissimo mondo della musica gipsy.

In occasione del primo “Festival della Disperazione” di Andria vi è stato chiesto di formare il cosiddetto “Coro dei Malcontenti”. E’ stato difficile reclutare le venti ugole disperate?

Il reclutamento è stato molto divertente poiché tutti gli interpellati hanno dimostrato da subito una certa empatia verso il progetto. Eppure bisogna ammettere anche le difficoltà, ossia i rifiuti a causa dell’imbarazzo per l’esibizione in pubblico. Questo non deve sorprendere però, poiché avevamo l’obiettivo di creare un gruppo più eterogeneo possibile nelle competenze canore e quindi l’imbarazzo era tutto da considerare. Per alcuni di loro sarà la prima performance in un coro, il che rende le nostre ugole coraggiose prima ancora che disperate. Vogliamo dimostrare quindi che il coro dei malcontenti è prima di tutto un’esperienza di condivisione, che necessita di direttive ma non necessariamente di coristi di professione. Ci auguriamo anzi che nei giorni del festival si possa innescare un processo di partecipazione spontanea da parte del pubblico.

Nato sul modello dei  “Complaint Choir”,  d’importazione europea, il coro ha la mission di armonizzare le lamentele di un popolo. In che modo il disagio può trasformarsi in melodia?

Il disagio in tutte le sue forme è un’energia potentissima e trasformare questa forza in melodia è forse la cosa più naturale del mondo, e la storia della musica è ricca di esempi che ce lo possono confermare. Il canto ha sempre permesso di esprimere e allo stesso tempo esorcizzare i pensieri di un popolo e soprattutto di renderlo unito. E’ un comune denominatore che va dal canto religioso, al blues e al canto da stadio. C’è da dire che nel caso del Coro dei Malcontenti c’è una componente comica non trascurabile. Abbiamo sperimentato questo tipo di energia anche durante le prove con i ragazzi del coro, che hanno modellato con il loro entusiasmo e le loro idee la proposta della canzone iniziale. C’è stato un lavoro a più mani: noi Bariche per la melodia, Andrea Colasuonno e Vincenzo Lorusso per il testo composto semplicemente dando forma metrica precisa alle lamentele raccolte , e i nostri amici e colleghi musicisti che hanno arricchito il lavoro della nostra equipe. 

Raccolte in scatoloni sparsi per tutta Andria, le incazzature dei cittadini sono diventate una canzone che sarà performata durante il Festival. Da esperta, credi che questo possa essere il veicolo giusto per smuovere le acque e favorire il processo di crescita locale?

Una canzone scritta dal “basso” attraverso un processo partecipativo è una enorme conquista a livello culturale per un città. Significa che la nostra comunità vuole esprimere e soprattutto riflettere su quelle che sono le proprie caratteristiche e costumi. Ma soprattutto, nel caso specifico, ci vuole ridere sopra perché, ribadisco, il risultato è molto divertente. Anche se è presto per trarre conclusioni a priori, possiamo sicuramente parlare di crescita se consideriamo questa tipologia di eventi culturali, basati sulla cooperazione, un modello da perseguire nel futuro.

Progetti futuri?

Abbiamo tante sorprese per il futuro. Ci stiamo dedicando ad un nuovo progetto, dove le nostre canzoni riveleranno un lato ancora nascosto dei Bariche.