
Antesignano del Pontefice, don Tonino Bello ha promosso la Chiesa del grembiule e profetizzato la convivialità delle differenze. Papa Francesco gli renderà omaggio approdando a Molfetta e Alessano il 20 aprile.
L’eternità gli appartiene perché ha fatto dell’esistenza un tempo d’amore.
Per questo Papa Francesco gli renderà omaggio il 20 aprile, a venticinque anni dal dies natalis, approdando in Puglia. Qui don Tonino Bello, antesignano del Pontefice e con lui assonante fin dall’elezione, ha testimoniato la “Chiesa del grembiule” e profetizzato la “convivialità delle differenze”.
Minore come Francesco d’Assisi che ha portato nel cuore, e dotto come Antonio di Padova che ha portato nel nome, don Tonino ha steso una scala tra cielo e terra, promuovendo una spiritualità di cerniera tra fede e storia. Ha frequentato con la stessa intensità la Bibbia e il giornale, il presbiterio e la navata del mondo, attualizzando la Chiesa conciliare: empatica, estroversa, missionaria, al servizio dei poveri.

Qualunque cosa abbia fatto – il prete, l’educatore, lo sportivo, il musicista, l’uomo di cultura, il profeta di pace, il poeta, il cantore della bellezza e della gioia, l’evocatore della maternità che salverà il mondo, il campione della tenerezza – ha operato sempre e soltanto nel nome di Gesù Cristo.
Per lui, uomo di sintesi, pace e carità sono le parole più importanti della Parola.
La prima espressione del Risorto è “pace a voi”. La Chiesa deve tenerne conto. “Dal giorno di Pasqua, ha un compito preciso: annunciare la pace. Questo è il suo progetto politico, la sua linea diplomatica, il suo indirizzo amministrativo”.

Carità è la chiave di lettura della “carriera” di Dio in Cristo, un abbassamento dopo l’altro: “Da ricco che era, si è fatto povero” (2 Cor 8,9) fino ad amare i poveri con viscere di misericordia.
Allo stesso modo don Tonino. Ha considerato i poveri “beati e benedetti”, ha dato loro visibilità in un contesto desideroso di occultarli, si è schierato di preferenza dalla loro parte, ha invocato per loro Maria del Magnificat che “innalza gli umili e abbassa i potenti”, ha offerto un’ala di riserva a chi è rimasto impigliato nei rovi delle nuove e vecchie povertà, si è industriato nel promuovere le “pietre di scarto” al rango di “testate d’angolo”, ha racchiuso l’enciclica della sua vita nel motto “Ascoltino gli ultimi e si rallegrino”, tratto dal salmo 84, a cui ne ha aggiunto un altro a mo’ di compendio: “La misura dell’amore è di amare senza misura”. Tutti: a partire dai poveri. L’ha detto e l’ha fatto.

Il suo “sogno diurno”? L’umanità coesa, conviviale, che include le differenze come fattore di ricchezza e di crescita. Per questo don Tonino ha combattuto l’ingiustizia, ha avuto cura del creato, ha contrastato ogni politica di potenza, ha alimentato le obiezioni di coscienza, ha provato disgusto per la militarizzazione del territorio, il traffico e l’uso delle armi.
Dopo essersi opposto alla guerra del Golfo, e aver vissuto il dramma dei migranti albanesi in esodo, ed essere entrato in Sarajevo in guerra, si è adagiato fra le braccia del Signore, “confitto ma non sconfitto”.
Il compimento della sua parabola, l’ha desiderato simile a quello di Mosè sul monte Nebo: “Mi piacerebbe un tramonto come il tuo. Con il cuore ancora gonfio di passione per la vita. Con gli occhi fiammeggianti nel riverbero di cento ideali. E il dito puntato verso la terra dei miei sogni”.

Il giorno delle esequie, decine di migliaia di persone hanno gremito il porto di Molfetta: proprio dove si recherà il Papa per fare memoria di lui e celebrare il memoriale di Cristo. Giovani e adulti, credenti e non credenti, ricchi e poveri insieme. La brezza levantina spirava carezzevole dall’Adriatico, e sfogliava l’evangelo poggiato come una chiave di volta sul feretro, quasi a ricapitolare il senso della vita architettonicamente compaginata intorno a Cristo.

Ora le spoglie sono custodite in Alessano: proprio dove si recherà Papa Francesco in preghiera. Alessano, prossima al Capo di Leuca, il belvedere mediterraneo dove le acque s’incontrano e la terra finisce e comincia un mondo altro.
Molti raggiungono in pellegrinaggio la tomba scavata nella nuda terra. I giovani elevano canti di gioia. Gli adulti recitano una preghiera e depongono un fiore. I piccoli vi poggiano un disegno.
È la fucina dei “contemplattivi”: capaci di estasi e di azioni. L’umanità nuova, fatta di credenti e persone di buona volontà, che don Tonino Bello ha amato. A lui ancora allacciate da un legame più forte del cordone ombelicale. Anzi, più forte della morte.




























Che bello questo articolo..stimola ancora di più il desiderio di approfondire la storia di don Tonino