Dopo la condivisione del video seguito dallo scandalo generale, cosa si fa?

La città è sconvolta, indignata, immobile. Tutti guardano il video che scuote le coscienze, le accartoccia, schizofreniche girano per tutto il corpo fino a ripiombarci davanti, sempre, ci ostacolano. Andria si è scontrata con un muro, cioè la realtà e l’impatto ha generato scandalo e indignazione durati come il tempo di un gossip.

Il video, diffuso da un residente, riprende la scena di un uomo che picchia ferocemente la sua ragazza. “Stasera ti uccido”: è questa la frase che continua a ripeterle, mentre prende fiato e ricomincia nell’aggressione fisica.

Attonita cerco delle spiegazioni, mi interrogo su tutto, inciampo tra le mie domande piene di rabbia, tento invano di ricostruire la lite tra i due fidanzati, accendo il computer e provo a sfruttare il lato catartico della scrittura, non ce la faccio. Vorrei fosse per il cambio di stagione e prometto a me stessa di riprovare a prendere il filo delle domande, mentre Mach sulla scrivania aspetta di essere letto.

Dopo un mese, circa, passata la rabbia istintiva, riprendo il filo, quello probabilmente, meno evidente, che si accetta senza se e senza ma: rifletto sui ruoli sessuali, perché scrivere e parlare della gelosia come movente è inaccettabile, oltre ad essere avvilente.

Infatti, il video, ci restituisce lo sfondo del comportamento sociale in relazione ai ruoli sessuali maschio-femmina su cui è basata ogni società.

Gli studiosi usano il termine sesso per riferirsi alle caratteristiche fisiche immediate. Il termine genere, invece, per la costruzione culturale dei comportamenti e delle credenze che si considerano appropriati per ciascun sesso.

Quindi: i ruoli sessuali sono appresi e il contenuto delle relazioni sessuali dipende fondamentalmente dalla cultura. Ecco, la cultura, ma chi se ne occupa?

Dipende dallo Stato, com’è scritto nell’articolo 9 della Costituzione Italiana: «La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.»

In modo più specifico, il problema è che l’Italia è uno dei pochi paesi dell’Unione Europea in cui l’educazione sessuale non è obbligatoria nelle scuole (per non parlare degli studi di genere), nonostante la Risoluzione del Parlamento Europeo, approvata a Strasburgo il 14 Novembre 2019, sulla criminalizzazione dell’educazione sessuale in Polonia, ci ricordi che: “la mancanza di informazioni e di educazione in materia di sesso e sessualità mette a rischio la loro sicurezza [dei giovani] e il loro benessere rendendoli più vulnerabili e meno preparati dinanzi allo sfruttamento sessuale, agli abusi e alla violenza, comprese la violenza domestica e forme di abuso online come la cyberviolenza, le molestie online e la pubblicazione di immagini intime per vendetta; ritiene che un’educazione completa alla sessualità abbia anche un impatto positivo sui risultati conseguiti in materia di parità di genere, anche perché trasforma norme e atteggiamenti di genere dannosi rispetto alla violenza con motivazione sessista, contribuisce a prevenire la violenza in ambito familiare e la coercizione sessuale, rompe il silenzio intorno alla violenza sessuale, allo sfruttamento o all’abuso sessuale, e dà ai giovani la possibilità di cercare aiuto.”

Non solo l’Europa, anche Papa Francesco, in un’intervista, ha dichiarato: «Io penso che nelle scuole bisogna fare educazione sessuale. Il sesso è un dono di Dio, non è un mostro, è il dono di Dio per amare. Che qualcuno lo usi per fare soldi, per sfruttare gli altri, è un problema diverso. Bisogna offrire un’educazione sessuale oggettiva, come è, senza colonizzazioni ideologiche. Perché se nelle scuole si dà un’educazione sessuale imbevuta di colonizzazioni ideologiche, distruggi la persona. Il sesso come dono di Dio deve essere educato, non con rigidezza, educare viene da ‘e-ducere’, trarre il meglio dalla persona e accompagnarla nel cammino. Il problema è nei responsabili dell’educazione, sia a livello nazionale che locale o di ogni unità scolastica: che maestri si trovano per questo, che libri di testo… Io ne ho viste di tutti i colori… Bisogna avere l’educazione sessuale per i bambini. L’ideale è che comincino a casa, con i genitori. Non sempre è possibile, per tante situazioni della famiglia, o perché non sanno come farlo. La scuola supplisce a questo, e deve farlo, altrimenti resta un vuoto che viene riempito da qualsiasi ideologia».

E questa dichiarazione, a prescindere dalla fede religiosa, è di notevole rilevanza soprattutto per alcune posizioni più conservatrici rispetto al tema.

C’è però, una frase del Papa, che stuzzica ulteriormente la mia riflessione: “Il problema è nei responsabili dell’educazione, sia a livello nazionale che locale… ” e penso alla mia città, Andria, e colgo umilmente l’occasione per interpellare non solo chi rappresenta le istituzioni, ma anche chi, di fatto, offre alla città, incontri culturali di ogni tipo, invitandoli a riflettere sul tema dell’educazione sessuale e provare, attraverso gli strumenti cui si dispone, a dare delle risposte. Perché la violenza, di qualunque tipo essa sia, è come quei tiri tesi, nelle partite di calcio, che si stoppano di petto e il margine di rischio diminuisce.

Dopo essermi rifugiata in una spiegazione teorica di matrice antropologica, in una Risoluzione del Parlamento Europa e infine in una dichiarazione del Papa, persuasa dell’idea rassicuratrice rispetto alla mia inquietudine, torna a farmi visita quello stato di collera iniziale che ha abitato il mio corpo, sfruttando uno stato di infiammazione già presente, che si manifesta sotto forma di Dermatite atopica acuta.

Non lascerò passare un altro mese, non riuscirei fisicamente a sostenerlo.

Mi avvio verso la conclusione che ovviamente non ha risposte, solo domande che sovraccaricano la riflessione, non la semplificano, ma questo, oltreché un vezzo personale, è proprio della riflessione antropologica che mi accompagna in questa vita da fuorisede.

Se l’approccio al tema dell’educazione sessuale è arrogante o indifferente, come quello dello Stato Italiano, di conseguenza non posso, dopo aver visto il video, non chiedermi e chiedervi quale tipo di cultura, a livello locale, stiamo producendo e che tipo di riconoscimento stiamo dando ai ruoli sociali.

Myron Cohen, commediografo americano, in una delle sue narrazioni, racconta del marito sospettoso che, un giorno, tornato a casa prima del solito per assicurarsi della fedeltà di sua moglie, trova un uomo nell’armadio nascosto tra i vestiti. «Cosa ci fai lì?», gli chiese. L’uomo replicò: «Tutti devono stare da qualche parte».

Dopo la condivisione del video seguito dallo scandalo generale, cosa si fa?

Si sta da qualche parte: a voi la scelta.