
«Io so di non sapere, è vera certezza
In mezzo a ‘sti bluff, a ‘sta finta ricchezza»
Erissimaco: Non comprendo questo luogo. Poco tempo fa mi dilettavo a miscelare vino e acqua in un Simposio e ora sono qui, in questa che sembra una strada. Che ci sto a fare qui?
Archita: Ehi tu, non sei forse Erissimaco? Ti ho riconosciuto sai? Nella mia città un tempo arrivò una statuetta e una piccola pergamena col tuo elogio. La faccia è proprio la stessa
Erissimaco: Buon uomo, non ti conosco per nulla. Ma sì, hai ragione, sono proprio colui che dici. Aiutami, ti prego, a capire che ci sto a fare qui. Vedo strani carri senza cavalli che corrono, io con abiti stranissimi e non con la veste solita con cui andavo a visitare i pazienti. Mi spiegheresti?
Archita: Non so che dirti, ma ho sentito da Fedro, che credo sia tuo conterraneo, che talvolta questo accade quando dall’alto dell’Olimpo qualche divinità sceglie di reinviare Socrate in giro per il mondo, in quello che per noi sarebbe il futuro.
Erissimaco: Quindi vuoi dire che quella diceria di cui vociferava Talete è vera? Io pensavo che scherzasse, a suo solito, quando ce lo raccontò mentre camminavamo sul prato dei Campi Elisi
Archita: Mi sa che è proprio così, caro il mio medico. Io da più tempo sono qui, forse qualche giorno. Questi abiti che indossi sono jeans e quella sopra è una maglia adatta a sopportare il caldo di questa estate soffocante che senti addosso. In tasca ho trovato questo, un aggeggio stranissimo. Un uomo di origine greca a un ristorante dove sono andato, in cui si mangia una salsa al cetriolo molto forte, mi ha detto che si chiama kinitò, nella lingua di questo posto cellulare.
Erissimaco: Ingegno umano, di quali sostanze è fatto? Ferro di sicuro, vetro e non so cos’altro
Archita: E chi lo sa? So solo che può rispondere a ogni domanda che gli fai. Vedi? Ti faccio vedere…Un bambino me lo ha insegnato.
Erissimaco: Un bambino?
Archita: Sì, qua i bambini conoscono le cose meglio degli adulti. Mi ha mostrato che se spingo il mio indice su questo che chiamano icona, quadro, posso chiedere a qualcosa che c’è dentro la scatoletta di dirmi tutto sul mondo. E allora gli ho chiesto di farmi un riassunto di quello che è accaduto dal processo a Socrate a oggi e guarda: sono rimasto stupito. L’uomo aumenta il sapere ma non cambia mai. Non so quante guerre ci siano state. Addirittura in una un’arma di eccelsa potenza ha distrutto in un battito di ciglia una città più grande di Atene o della mia Taranto
Erissimaco: Non mi stupisco. Siamo fatti di due forze dentro, una buona e una cattiva, di due opposte fazioni diciamo. Quando ero al Simp…
Archita: Guarda Erissimaco, ecco Socrate. Che ti dicevo? Al solito è in piazza. Ma guarda com’è vestito. Al solito le divinità si divertono con lui. Lo fanno camminare come nel nostro tempo.
Erissimaco: Un istrione, come sempre. Guarda quello. Con una delle nostre scatolette che abbiamo sta mettendosi dinanzi a lui facendo una smorfia strana e la lingua da fuori, sorridendo come un matto. E quello, Socrate, fa lo stesso. Ma che stanno a fare?
Archita: È un tempo strano questo. Tutti fanno così. Vai al mercato e trovi donne quasi svestite che fanno questo, con l’indice e il medio divisi fra loro a formare una sorta di forbice con la mano. Si mettono di fronte a questo aggeggio e ridono, come se il domani non ci fosse.
Erissimaco: Forse è una forma di comunicazione con gli animali.
Archita: Socrate, maestro. Che stai facendo?
Socrate: Amici miei, venite, su…Venite a conoscere l’uomo di questo tempo. Sorridete come nelle grandi feste che si facevano ad Atene dopo ogni vittoria in battaglia. Venite
Archita: Sei stato tu a chiedere alle divinità di portarci qui?
Socrate: Una voce mi ha detto di andare a indagare cosa accade quaggiù. E mi ha detto di scegliere dei compagni di viaggio. Ho pensato al medico che conosce i meccanismi della natura e a te Archita, ingegnoso inventore di uccelli meccanici, che abitavi questa regione della grande Ellade.
Erissimaco: Cosa hai capito di questo tempo Socrate?
Socrate: Io non capisco niente, lo sai. Io domando. Ho capito che qui le emozioni, i sommovimenti dell’anima forse sono raccontati meglio in una icona che in migliaia di pergamene
Archita: Me ne sono reso conto anche io. In più in queste scatolette con tanti colori è contenuta tutta intera la biblioteca di Pericle e pure tutte le altre costruite nel tempo. Chiedi qualunque cosa e questa risponde. Un bambino me lo ha insegnato
Socrate: Strano tempo quello in cui non sono gli uomini a insegnare ma le macchine. Strano davvero. Mostramelo questo aggeggio. Io non lo possiedo
Archita: Vedi? Spingi qua, esce questa immagine, la spingi di nuovo con l’indice e parli. Chiedi qualunque cosa…
Socrate: Dimmi o macchina, chi è il più sapiente?
Archita: Ma guarda, dicono che sei tu Socrate. Vedi? Ecco cosa scrive questa pergamena che non tocchi con la mano: una delle risposte più celebri viene da Socrate. Nonostante i suoi contemporanei lo considerassero l’uomo più saggio di Atene, lui stesso sosteneva di non sapere nulla. La sua celebre frase, “so di non sapere”, è l’essenza del suo pensiero. Per Socrate, la vera sapienza non consisteva nell’accumulare conoscenze, ma nel riconoscere i propri limiti e nel porsi domande continuamente. Il più sapiente non è colui che sa di più, ma colui che sa di non sapere.
Socrate: Ma non è possibile. Sarà uno scherzo di quel mascalzone di Aristofane che sarà andato dalle divinità tanto da buttarmi in una delle sue commedie a cui ora assistono tutti dai Campi Elisi
Erissimaco: Ma non dice cosa strana. Lo sappiamo tutti che sei il più sapiente
Socrate: Io? Ma se non conosco nemmeno me stesso. No no. Proviamo a chiedere in giro. Ecco quel ragazzo che sulla base del suono che viene da quella scatoletta appoggiata sul gradino, muove gambe e piedi disordinatamente, con quello strano copricapo in testa
Socrate: Scusa la domanda ragazzo. Mi diresti chi per te è il più sapiente?
Ragazzo: Non mi disturbare. Proprio ora che stavo terminando il video. Ma chi sei? Sei ganzo a vestirti così. Sembri uno di quelli usciti dai film dei nonni.
Socrate: Non volevo distrarti dai tuoi moti corporei. Termina pure ma vorrei porti la domanda
Ragazzo: Sei proprio un rompi nonnetto. Va bene, dai. Chiedi.
Socrate: Chi per te oggi è più sapiente?
Ragazzo: “Dalla strada, dal nulla, da un buco, dal quartiere / Io che mangiavo la merda ora mi sento un re / E non mi fermo, no, non ho più paura di niente / Ho vinto le mie paure, le mie cazzate, le mie guerre”.
Socrate: Che risposta articolata. Che significa ho vinto le mie paure, le mie non ho capito cosa, le mie guerre?
Ragazzo: Oggi non si ha tempo di porsi domande come te. Oggi si tratta di capire come farcela, come partire dal niente ed essere qualcuno
Erissimaco: Hai capito? Gli uomini di questo tempo vogliono guidare le cose. Al nostro di tempo se eri schiavo, schiavo rimanevi, non passavi dal nulla all’essere
Socrate: La felicità, quindi, non puoi comprarla? Bisogna realizzare ciò che si è? Quindi i poeti del tuo tempo l’oro e le ricchezze come noi o altro? Hanno le risposte giuste su cosa significhi sapere le cose? Quale melodia allora, mi può spiegare questo paradosso?
Ragazzo: Ok boomer, la felicità è complessa. A volte noi ragazzi la cerchiamo nelle cose sbagliate, ma alla fine capiamo. Forse Sfera Ebbasta ti può aiutare: La strada mi ha reso forte, mi ha insegnato che la felicità sta in un sorriso, non in un diamante
Socrate: Una strada che insegna, dici? Dunque, non si necessita più di un maestro ma un percorso in tutta l’esistenza fatto di prove. E cosa ti dice, quella strada, riguardo a questo sorriso e a questo diamante?
Ragazzo: Io vorrei essere più ascoltato, capito. I miei genitori non ci sono. Dalla mattina alla sera lavorano, sono schiavi. Io invece cresco da solo. Vedi? Questo cellulare è ciò che mi collega a tutti. I miei amici, quelli che mi capiscono, sono collegati qua dentro. E puoi darmi tutto, ma il sorriso mi serve, mi fa stare bene.
Erissimaco: Amico, la questione è tosta, immagino, ma ci sta.
Ragazzo: Ehi bro, se qualcuno ti chiede che vuol dire vivere tu, che sei un po’ sveglio, non gli rispondi mica con le solite frasi da Bacio Perugina. Vuoi sostanza no? Qualcosa di vero. Vivere oggi è una roba complicata. È un casino. Devi correre, devi crescere, e in fretta, devi guadagnare denaro.
Socrate: Quindi tu, ragazzo, ti ritrovi a non essere te stesso?
Ragazzo: Sì, diciamo che è quasi così. Cioè, non puoi essere un fake. Non devi fare il tipo che non è solo per piacere agli altri. Vivere vuol dire essere te stesso fino in fondo, con i tuoi pregi e i tuoi difetti, anche se la gente ti dice che sei strano. Io non me frego nulla di quello che dicono. Tanti altri sì, e hanno robe firmate. Io no, scelgo io. È un po’ come quando sui social metti la foto senza filtri, hai capito? È quella roba lì, solo che è per la vita vera. Tu devi essere tu al 100%, la sfida è fare qualcosa di figo. Non è che puoi diventare ricco o famoso per forza, ma devi trovare la tua roba, la tua passione, e spingere a manetta per farla diventare una cosa vera. Io amo rappare, faccio il primo pezzo, e magari non ho i soldi, ma ci metto l’anima. Quella è autorealizzazione.
Socrate: Quindi a che serve essere sapienti?
Ragazzo: A nulla, se non sai come muoverti nel mondo. Ho i docenti a scuola che sanno tutto ma sono infelici. Puoi sapere. Ma prima conta vivere. Vedi quelle ciminiere? Quello è il mondo a cui siamo condannati? Io ho ansia per una terra inquinata. Io voglio essere altro, non inquadrato. Sono prima me e poi di nuovo me.
Archita: Socrate, questo ragazzo la sa lunga. Ma che fai?
Socrate: Ragazzo, insegnami a fare quello che fai tu. A rappare, qualunque cosa significhi. Voglio metterci l’anima.
Ragazzo: Sei un nonnetto strano. Ma ho pietà di te, mi ricordi nonno che mi teneva in braccio. Su. Dammi un tema su cui pensare.
Socrate: Io so che non so nulla
Ragazzo: Che pizza…Vabbè, proviamo a buttare giù due frasi: Con base trap classica il ragazzo e Socrate dopo vari tentavi cantano muovendosi in maniera goffa lui, ottima il ragazzo
Io so di non sapere, è vera certezza
In mezzo a ‘sti bluff, a ‘sta finta ricchezza
Più giro per il mondo, più capisco un c***o
Un milione di domande
Sono forse pazzo?
So di non sapere,
questa è la forza vera
Il mondo si sfasa sto per cadere
io cambio la mia sfera
Non ho paura di affrontare
La vita non si può imbrigliare, so quel che penso
In un hashtag, in un cuore, in un reel veloce
La vera vibe è dentro, e parla a bassa voce.
Non voglio l’applauso, ma solo un po’ di senso
(continua…)