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Molto rapidamente siamo passati dalla preoccupazione per l’analfabetismo digitale alla constatazione della diffusione dell’analfabetismo sensoriale

La radio, poi la televisione, poi il computer, ora l’IA hanno via via privilegiato due dei nostri cinque sensi: la vista e l’udito.

Vista e udito si prestano molto all’astrazione, sono molto potenti nel recepire ciò che è lontano da noi, intensificano continuamente l’attività del cervello, che consideriamo, evidentemente a torto, il vertice supremo dell’umano; e la intensificano in un modo ben specifico, cioè in risposta a stimoli esterni visivi e uditivi, un po’ come i cani di Pavlov.

I Greci dicevano che nulla è veloce come il pensiero ed effettivamente noi umani di oggi possiamo ormai figurarci come esseri continuamente attraversati da pensieri che saettano, scorrono velocissimi e quasi sfuggono alla nostra osservazione e ad eventuali tentativi di autocontrollo.

Martin Heidegger denunciava già decenni fa che nell’era delle macchine noi esseri umani stavamo potenziando il pensiero “calcolante” mentre diventavamo incapaci di pensiero “meditante”.

Viene da chiedersi :che fine fanno e faranno il tatto, l’olfatto e il gusto nell’era del digitale-virtuale?

Molto rapidamente siamo passati dalla preoccupazione per l’analfabetismo digitale alla constatazione della diffusione dell’analfabetismo sensoriale. Lo sa bene chi ha a che fare con i bambini: d’altronde lo schema piagetiano del passaggio dal concreto all’astratto è stato travolto. Forse è necessario capovolgerlo per ricondurci alla concretezza spazio temporale del “qui ed ora”. La vita reale è l’opposto della standardizzazione dell’informatica: se un bambino (ma non solo lui, ovviamente) tocca un oggetto o sente un profumo o gusta un’arancia lo fa in un modo che è unico, che gli appartiene. Gli schermi ci rubano qualcosa.

Nella storia della cultura europea c’è stato un momento in cui avvenne una “rivoluzione sensoriale”: l’età del barocco, che rivendicò la bellezza di tutti i cinque sensi contro la loro mortificazione ascetica. Chissà, forse la gigantesca produzione poetica del Barocco potrà servire in futuro agli schiavi della tecnologia a ricordare l’umanità e la sapienza dei cinque sensi.

Baciami, o Clori, e fa’ ch’io goda a pieno

tua leggiadra beltà, tuoi pregi tanti,

e de le grazie tue nel prato ameno

fa’ che appaghi a mia voglia i sensi erranti.

 

Fa’ che nel molle tuo nettareo seno

Gli spirti appaghi languidi e tremanti,

e con l’opre da noi scherniti sieno

quei che dan legge ai desiosi amanti.

 

Non vuol filosofia dell’amar l’arte,

perché il fanciullo Amor non ha costume

molto internarsi ne le dotte carte.

 

Ceda al tatto la vista, al labro il lume;

il guatar, l’affisar vada in disparte,

perché tocca e non mira il cieco nume.

(Scipione Errico “Contra l’amor platonico”)


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Sono nato a Barletta nel 1956; ho insegnato Lettere per 23 anni e sono stato dirigente scolastico dal 2007 al 2023. Mi sono dedicato allo studio di vari aspetti della storia locale e sono membro della Società di storia patria per la Puglia; ho censito, trascritto e tradotto le epigrafi di Barletta. Per i tipi della Rotas ho pubblicato il romanzo-saggio “Ricognizioni al giro di boa”. Da molti anni mi interesso di religioni (specialmente il Buddhismo Mahayana) e di dialogo interreligioso. Ho avuto la fortuna di avere tre figli e ora di essere anche nonno! Da settembre 2023 sono in pensione: si dice tecnicamente "in quiescenza" ma è un po' difficile fermarsi. Gioco a tennis, mi piace molto viaggiare e credo molto nel lifelong learning. Sono stato cooptato in Odysseo da Paolo Farina :) e gli sono grato per avermi offerto uno spazio per parlare di scuola (e non solo) fuori dall’ambito formale/ istituzionale.

4 COMMENTI

  1. Bellissima la lirica di Scipione Errico (bello è il Barocco nel suo essere deliziosamente frivolo), ma costui erra quando esclude la vista dall’esperienza sensuale dell’amore, giacché il primo contatto con l’amato avviene attraverso i nostri occhi e con gli occhi contempliamo la grazia del suo corpo, che solo in seguito sottoporremo agli altri sensi. E non basta: quando l’oggetto della nostra passione non è lì con noi il ricordo della sua immagine si fa pensiero e il pensarlo allevia il tormento della lontananza. Meditazione e contemplazione dunque non appartengono solo all’amore platonico; in giusta misura sono la cifra di un amore a tutto tondo – non necessariamente sublimato – che nutre lo spirito oltre che dare sollazzo al corpo.

  2. Scipione Errico dice chiaramente: “non vuol filosofia dell’amar l’arte”. Lo dice dopo secoli di stilnovismo, petrarchismo, platonismo, neoplatonismo, ascetismo, Inquisizione. Chissà cosa direbbe della realtà virtuale, della pornografia nel web, delle fotografie ritoccate e simili. Chissà come riderebbe di noi!

  3. Per quanto riguarda la frivolezza del Barocco, il giudizio di Francesco De Sanctis e Benedetto Croce è stato determinante. Calvino nelle sue “Lezioni americane” esaltò la Leggerezza. In ogni caso molti hanno visto nel Barocco una massiva esperienza di esplorazione del reale, parallela e contemporanea a quella scientifica. I padroni del web sanno bene quanto e come stimolare la nostra innata curiosità. Basti pensare ai videogiochi. Gli schermi “catturano” il nostro tempo di vita. Come dare torto allora a Scipione Errico? 🙂

  4. Il filosofo Remo Bodei ritiene che i sensi sono delle finestre sul mondo, delle vie d’accesso del mondo dentro di noi. Voltaire intende i sensi come porta d’accesso alla realtà. Io penso che i cinque sensi sono indispensabili chiavi d’accesso che ci aiutano a scoprire e ricoscere la nostra identità verso tutto quello che ci circonda. Purtroppo la realtà virtuale sembra aver fatto intorpidire buona parte dei sensi umani.

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