
Eccoci
male in arnese
nei panni
di un Cristo
che spalanca le braccia
per spiccare un abbraccio,
assetato,
ma i chiodi premono
e le mani,
vibranti di desiderio
loro malgrado,
costrette, invece
al legno storto della creazione.
Per tutti noi quella tensione
scandalosa
è variazione del sogno
ricorrente
di una vita semplice
autentica
piena di sentimento,
inchiodati come siamo
alla piattezza del mondo.
I chiodi che il potere ha deciso
che i militari hanno eseguito
che gli astanti non hanno impedito.
Orfani di quell’abbraccio
scrutiamo l’orizzonte.
E camminiamo
accerchiati, vessati, abbandonati.
E la tensione di quell’abbraccio
è la poesia di noi resistenti.


























