«La mente che si apre a una nuova idea non torna mai alla dimensione precedente»

(Albert Einstein)

Ho sempre pensato che ci sia qualcosa di profondamente umano nel desiderio di mettere ordine nel caos, di cercare leggi che ci aiutino a leggere il mondo. Arthur C. Clarke, scrittore e visionario, ne ha formulate tre. Oggi, davanti a un caffè che sa più di domande che di risposte, vorrei soffermarmi sulle prime due.

La prima recita: «Quando un illustre ma anziano scienziato sostiene che qualcosa è possibile, ha quasi certamente ragione. Quando sostiene che qualcosa è impossibile, ha quasi certamente torto».

Mi colpisce la delicatezza con cui Clarke accarezza la saggezza dell’esperienza, ma anche la sua ironica consapevolezza dei limiti che l’età può imporre all’immaginazione. È come se dicesse: “Fidati di chi ha visto tanto, ma non lasciare che la sua stanchezza diventi la tua soglia”.

E allora mi chiedo: quante volte, nella società, nella pubblica opinione e persino nell’ultimo luogo in cui dovrebbe mancare il coraggio di immaginare — la Scuola — abbiamo bollato come “impossibile” ciò che semplicemente non avevamo ancora osato tentare? Si fa presto a ricordare che Dante ha definito “folle” il volo di Ulisse; ci si dimentica però che lo ha reso campione della conoscenza, modello di indomabile sete d’infinito: «Fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza».

Il discorso si approfondisce con la seconda legge di Clarke, che rincara la dose: «L’unica maniera per scoprire i limiti del possibile è avventurarsi un poco oltre, nell’impossibile».

Meraviglia. Mi pare di intuire che, con queste parole, Clarke ci inviti al margine, a quel confine sottile dove il possibile finisce e l’impossibile comincia a tremare. È il luogo del rischio, certo, ma anche della scoperta. È il territorio di chi educa, di chi apprende, di chi — proprio come un novello Ulisse — è troppo curioso per non osare il “folle volo”.

E così torno alla Scuola e al caffè di domenica scorsa. Perché credo che, in tempi difficili come i nostri, la Scuola dovrebbe essere proprio questo: un laboratorio di esplorazione, dove il “non si può” diventa “non ancora”, e dove l’impossibile non è un muro, ma una soglia. E un ponte.

Ci vediamo al prossimo caffè. Magari con la terza legge. Sei curioso di conoscerla? Puoi sempre cercarla da te: è facile e possibile. Smile.

Friedrich Schiller: «Chi non osa nulla, non speri in nulla».

Eduardo Galeano: «L’utopia è all’orizzonte. Mi avvicino di due passi, lei si allontana di due passi. Cammino dieci passi e l’orizzonte si sposta di dieci passi. A cosa serve l’utopia? A questo: a camminare».

Eleanor Rooselvet: «Il futuro appartiene a coloro che credono nella bellezza dei propri sogni».