«Il tempo è ciò che impedisce che tutto accada in una volta sola»
(John Archibald Wheeler)

Il tempo. Ogni giorno ci illudiamo di guadagnarlo, ma in realtà lo consumiamo quasi senza accorgercene. Ci muoviamo tra agende digitali e promemoria vocali, come se la vita fosse soltanto una lista di cose da spuntare. O, peggio, una bucket list: un elenco di esperienze o desideri da realizzare prima di morire.

Il problema è che, quando guardiamo avanti, scopriamo che il tempo che resta è meno di quanto immaginassimo. O forse dovremmo ammettere che, in generale, è sempre meno di quanto ci si prefiguri. Aspettiamo, rimandiamo, posticipiamo. E poi magari moriamo. Le cose finiscono, così come i sogni, i propositi, le promesse, i progetti. Game over. Forse è per questo che vale il vecchio consiglio: non rimandare a domani ciò che puoi fare, essere, vivere oggi.

Sant’Agostino affermava che l’anima è la misura del tempo. Il tempo sembra volare quando lo dedichiamo a ciò che amiamo o a chi ci sta a cuore; al contrario, privo di amore e desiderio, il tempo si trasforma in una prigione, in un castigo che ricorda l’inferno esistenziale descritto da Sartre. È l’intensità dei nostri sentimenti a dare valore e ritmo alle ore: senza passione, ogni istante si dilata e pesa, mentre con l’amore il tempo si fa leggero e prezioso.

Sulla stessa linea d’onda, Kant ci ricorda che il tempo non è una realtà esterna, ma la forma del nostro senso interno. Non lo tocchiamo, non lo vediamo: lo viviamo. Anche Bergson distingue il tempo misurato dall’orologio dalla durata reale, quella che scorre dentro di noi, fatta di emozioni, attese, ricordi. È questa durata che oggi rischiamo di smarrire, prigionieri della tirannia dell’istante.

I Greci direbbero: attenzione a non confondere il kairòs – il tempo opportuno, decisivo, favorevole – con il kronos, il tempo che scorre vuoto, senza lasciare il segno. Ci ricordiamo tutti il primo bacio, o almeno si spera. Ma chi ricorda davvero cosa sia successo un giorno qualsiasi di una settimana qualunque? Il primo bacio è kairòs. Il tempo che passa senza traccia, se non sul cronografo, è kronos.

Intanto, “Non ho tempo” è la frase che pronunciamo con più frequenza, come se fosse una giustificazione inappellabile. Ma cosa perdiamo in questa corsa? Forse il sentiero che porta ad un amico.

Da ragazzo, lessi un aforisma che diceva pressappoco così: «Se hai un amico, visita spesso il suo sentiero, prima che l’erba alta ti impedisca di raggiungerne la casa». Mi pare un buon suggerimento per la cura delle relazioni: se non le coltiviamo, si perdono. O si riducono a un “like”. Solo che l’amicizia, come il tempo, ha bisogno di cura, di passi reali, di parole e silenzi condivisi. Non basta sapere che il sentiero esiste: bisogna percorrerlo, prima che l’erba lo cancelli.

Servirebbero piccoli gesti più che rivoluzioni o forse dovrei dire “piccoli gesti rivoluzionari”: spegnere le notifiche per un’ora, ascoltare il suono della pioggia, leggere senza guardare l’orologio. Ritrovare il gusto dei rituali quotidiani: un caffè lento, una passeggiata senza meta, una conversazione che non finisca con “devo scappare”.

Perché il tempo che ci sfugge non è quello che manca, ma quello che non viviamo.

Teofrasto: «Il tempo è la cosa più preziosa che un uomo possa spendere».

Henri Bergson: «Il tempo è un’invenzione, o è niente del tutto».

Jacques Leclercq: «Il tempo è ciò che creiamo quando impariamo ad amare».


FontePhotocredits:https://elements.envato.com/book-pocket-watch-candles-SC7RFWW
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La mia fortuna? Il dono di tanto amore che, senza meriti, ricevo e, in minima parte, provo a restituire. Conscio del limite, certo della mia ignoranza, non sono mai in pace. Vivo tormentato da desideri, sempre e comunque: di imparare, di vedere, di sentire; di viaggiare, di leggere, di esperire. Di gustare. Di stringere. Di abbracciare. Un po’ come Odysseo, più invecchio e più ho sete e fame insaziabili, che mi spingono a correre, consapevole che c’è troppo da scoprire e troppo poco tempo per farlo. Il Tutto mi asseta. Amo la terra di Nessuno: quella che pochi frequentano, quella esplorata dall’eroe di Omero, ma anche di Dante e di Saba. Essere il Direttore di "Odysseo"? Un onore che nemmeno in sogno avrei osato immaginare...

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