
E noi in piedi ad applaudire.
Marta Donà, semplicemente la più potente manager d’Italia, colei che, praticamente, ha vinto quattro Festival degli ultimi cinque. C’è stata l’epoca in cui a trionfare erano i cantanti, oggi a razziare tutto ci pensano gli agenti e le case discografiche.
Marta Donà, infatti, ha rappresentato, negli ultimi anni, i Maneskin, Angelina Mango, Marco Mengoni e Olly, un record, il suo, che nessuno aveva mai raggiunto, un record, però, fondato su una strategia commerciale molto semplice e algoritmica: i suoi assistiti arrivano sul palco dell’Ariston già con una schiera non indifferente di followers, a questo aggiungiamoci le campagne di sponsorizzazione e l’influenza di radio e stampa con un bacino di 66% dei voti.
Parliamo di gente ben agganciata, di gente che decide cosa trasmetterci e farci ascoltare, gente impegnata a trasformare un testo banale in un tormentone estivo. E noi, come pecore, a ballare, a postare, a condividere, mentre i veri artisti vengono dimenticati nei locali vuoti di periferia, consapevoli che il talento e la gavetta non bastino più, perché siamo nell’era delle giuste connessioni e degli accordi più convenienti.
L’arte muore soffocata dal marketing. E noi in piedi ad applaudire.