
Il cielo era bigio, le nuvole si addensavano all’orizzonte e portavano odore di terra
-Mà, mi porti le buste di cellophane che ho comprato ieri? Dovrebbero essere sul tavolo della cucina…
Enza stava mettendo a posto i suoi vestiti estivi ed era una gran fatica per lei, ogni volta. Rovesciare tutto sul letto; controllare ogni capo frugando nella memoria alla ricerca dei ricordi più importanti per ognuno di essi – ma guarda cosa c’è ancora qua? Non lo do via nemmeno stavolta. Non riesco. E’ il vestito di quando….-
Diventava sempre una sorta di esercizio spirituale quella faccenda lì e sua madre cercava di stare alla larga, in quei momenti.
Erano rimaste solo loro, ora, in quella casa, e nonostante ciò quella casa, spaziosa per la verità, diventava sempre più stretta man mano che il tempo passava come se, il vuoto di chi non c’era più si riempisse con roba e ricordi e a ben pensarci erano quest’ultimi a diventare sempre più ingombranti.
-Ma’, che dici? Lo potrò usare ancora questo costume? – le disse quando Lei entrò in camera portando le buste – e mentre le parlava, stendeva tra le mani quel costume nero, che le piaceva tanto con quei brilluccichii intessuti nella trama della stoffa che, indossandolo, la avvolgevano in un’aura sempre meno scintillante, di anno in anno.
-Non è quello che ti regalò Papa’?- fece lei ripescando dalla memoria il ricordo di QUELLA vacanza al mare. Loro tre, la giornata in pattino e la nuotata al largo, con Enza che si era tolta il costume come faceva sempre quando si trovava in alto mare, sventolandolo a braccia tese in direzione del padre; con lui che borbottava per quella figlia scellerata, sorridendo tra i baffi , perché scellerata o no, adorava quel suo modo di fare la bimbetta anche ora che era diventata una dirigente comunale.
Era risalita male sul pattino, quella volta, e il costume si era strappato proprio sulla natica e allora lui le aveva promesso un regalo, proprio come si fa con i bimbi quando perdono qualcosa a cui sono affezionati e mamma o papà promettono che no, non è perduto per sempre – Si ricompra.-
-Tienilo ancora- Le aveva sussurrato con un luccicone tra gli occhi.
Quella vacanza se lo era portato via, d’improvviso e lei non aveva potuto dir niente, far niente. -Non tutto si ricompra.-
Ed Enza aveva annuito, stringendolo a sé prima di imbustarlo, che quel ricordo era andato a trovare anche lei – Ma sì, – aveva ribattuto con aria falsamente leggera – è ancora buono.
E poi, a lavoro finito , si erano accoccolate sul divano, plaid sui piedi, gambe tese e una tazza di tisana calda alla liquirizia tra le mani.
-Guarda che tempo- aveva bofonchiato Lei, volgendo il capo verso la finestra.
– Dici che è andata via? Veramente?- rincalzò Enza pensando all’ estate appena trascorsa. Un’ estate indimenticabile.
Il cielo era bigio, le nuvole si addensavano all’orizzonte e portavano odore di terra.
L’ aria autunnale impregnava il terrazzo, i vasi orfani, attendevano fiori più tenaci ai rigori invernali.
Il cuore, caldo; di un calore innaturale, intaccabile da quella frescura che, pur insinuandosi sempre più profondamente, non riusciva a raggiungerlo.
Le nuvole, dolcemente, si muovevano, trascinando lentamente il flusso dei pensieri verso il domani.
-Mà? Che dici?…..- la voce silenziosa si interruppe. Lo sguardo vagò, smarrito, alla ricerca di quel volto.
Sorridendo a sé stessa, la ritrovò dentro di sé, lì dove risiedeva anche lei, ormai da tempo.
Guardò ancora una volta quelle nuvole . Sembrava fossero in attesa di qualcosa, pronte a riprendere il cammino verso l’infinito.
La vide scrollarsi di dosso quel plaid, poggiare la tazza sul tavolinetto accanto al divano e andare verso la finestra, pacatamente.
-Va’ pure ma’- le disse.- Qua finisco io .




























Brava Paola! Il cielo Bigio mi piace
Grazieeee