
Un rischio silenzioso
Negli ultimi anni, la pratica del chroming, ossia l’inalazione di vapori tossici provenienti da prodotti domestici per ottenere uno sballo immediato, è tornata sotto i riflettori come fenomeno emergente, soprattutto tra gli adolescenti. Anche se non sempre viene citata con lo stesso termine nei rapporti italiani, rientra nella categoria degli inhalants o degli solventi volatili, e il problema merita un’attenzione seria. A livello internazionale, fonti giornalistiche autorevoli riportano che il chroming è diventato virale per via di video‑challenge sui social network, in particolare su piattaforme come TikTok. Un articolo italiano descrive come molti giovani utilizzino prodotti facilmente reperibili, come spray aerosol, smalto per unghie, vernici o gas da accendini, proprio perché questi non suscitano immediatamente sospetti da parte di chi li circonda.
In Italia i dati specifici relativi al chroming sono ancora parziali, ma la ricerca sociale fornisce indizi utili. Per esempio, lo studio “Adolescents’ Psychoactive Substance Use During the First COVID‑19 Lockdown” su studenti italiani ha evidenziato che, pur con un calo dei consumi evidenziati durante la pandemia, permangono fattori di rischio che favoriscono l’uso di sostanze psicoattive tra i giovani: bassa percezione del rischio, disponibilità economica non controllata, noia, isolamento sociale. Un rapporto del governo italiano segnala inoltre che tra gli studenti la categoria degli “inhalants and solvents”è presente in modo non trascurabile nel quadro della poliuso di sostanze: secondo il rapporto, il 33 % tra i giovani che usano più sostanze riporta l’uso di chroming tra adolescenti: il rischio silenzioso. Inoltre, in un contesto italiano è stata segnalata una “growing phenomenon” dell’uso ricreativo di sostanze volatili (novel psychoactive substances contenute in bombolette di gas, spray per la pulizia, vernici) con possibili gravi danni neurologici e psicologici in un caso clinico pubblicato.
Quali sono i meccanismi che rendono questa pratica tanto insidiosa? Innanzitutto, la facilità di accesso: trattandosi di oggetti domestici o facilmente acquistabili, la percezione del rischio è spesso più bassa rispetto a droghe classiche. In secondo luogo, l’appeal del trend sociale, del “seguire la sfida”, della dimostrazione di coraggio o trasgressione in un contesto adolescenziale. Il giovane che sperimenta può sentirsi parte del gruppo, ottenendo un breve effetto euforico che però può condurre rapidamente a gravi conseguenze: perdita di coscienza, danni cerebrali, problemi cardiaci, fino alla morte improvvisa. Fonti italiane segnalano che questo tipo di inalanti può causare “ustioni, perdita di conoscenza, convulsioni, coma o morte”. A livello neurologico, la ricerca sperimentale condotta da un gruppo italiano ha mostrato che l’abuso di inalanti può ridurre la neuroplasticità ippocampale e provocare comportamenti alterati in modelli animali, suggerendo danni cerebrali permanenti.
In Italia, quindi, il fenomeno va assunto con la massima serietà pur nella mancanza di numeri dettagliati del “chroming” in quanto etichetta specifica. La presenza di inalanti tra i rischi giovanili è documentata e i casi clinici emergono come campanelli d’allarme. È qui che entra in gioco l’importanza cruciale dell’educazione familiare e della prevenzione scolastica: conoscere i segnali d’allarme (odori chimici insoliti, contenitori nascosti, cambiamenti d’umore, sanguinamenti nasali, macchie sulle mani o sui vestiti) significa poter intervenire precocemente. Le famiglie devono essere informate non solo sui rischi ma anche sul contesto emozionale che porta un adolescente a cercare queste esperienze: isolamento, noia, pressione dei pari, desiderio di trasgressione.
Prevenire significa quindi dialogare in casa, nelle scuole, nei centri di salute mentale giovanile, rendendo trasparente il tema: non solo “non farlo”, ma capire perché si fa, cosa si prova e quali sono le conseguenze reali. Occorre rendere visibile ciò che c’è dietro la sfida e il video virale, mostrare che non è moda innocua ma pratica potenzialmente fatale. Il coinvolgimento attivo di genitori, insegnanti, educatori e operatori sanitari è fondamentale, e i dati italiani suggeriscono che intervenire sui fattori di rischio (controllo dei contatti, monitoraggio del comportamento, riconoscimento del disagio) è indispensabile.
Il chroming – o più in generale l’uso di inalanti tra gli adolescenti, non va liquidato come “un gioco pericoloso” da parte dei ragazzi, ma riconosciuto come un fenomeno complesso che intreccia accessibilità, ricerca di sensazioni, pressione sociale e fragilità individuali. Educare le famiglie, mettere in atto protocolli di ascolto e supporto, creare consapevolezza diffusa sono leve che possono fare la differenza prima che sia troppo tardi.
Gli inalanti, prodotti legali, di uso quotidiano (spray, solventi, gas da accendino, colle), sono classificati come sostanze psicoattive quando vengono inalati intenzionalmente per ottenere uno “sballo”.
Secondo il rapporto European School Survey Project on Alcohol and Other Drugs (ESPAD) 2024, la prevalenza della vita (“lifetime”) dell’uso di inalanti tra adolescenti nei paesi Europei è mediamente del 6,4% ma con grandi differenze tra paesi.
Per l’Italia, in particolare, i dati indicano che l’uso riportato di inalanti è relativamente basso rispetto ad altri paesi: ad esempio in una tesi italiana è indicato ~2% per studenti italiani nella vita per inalanti. Tuttavia, alcuni paesi (tra cui l’Italia) mostrano un trend di aumento per l’uso di inalanti dal 2011 al 2024. Questo significa che, pur rimanendo un fenomeno “meno diffuso” rispetto ad alcool o cannabis, l’uso di inalanti è significativo ed emergente come area di rischio.
In Italia la letteratura specifica sul chroming è scarsa, ma ci sono studi che descrivono l’uso di inalanti/solventi tra adolescenti e relative complicazioni. Ad esempio uno studio pubblicato su “Emerging Trends in Drugs, Addictions, and Health” descrive il caso di una ragazza 14enne in provincia di Trento ricoverata dopo uso di inalanti: “The recreational use of inhalants among teenagers … is a growing cause of concern for clinicians.”
Un altro studio su dati di un centro antiveleni in Toscana (Firenze) analizzando intossicazioni sospette in bambini 0‑14 anni mostra che “household products” e “cleaners” sono rappresentati tra gli agenti sospetti e che la disfunzione volontaria (adolescente) appare in circa il 70 % casi nell’età 12‑14 anni. In sintesi, l’approfondimento conferma che il fenomeno dell’uso di inalanti, e potenzialmente della pratica del chroming, non è marginale e merita attenzione concertata.



























