Le parole non sono “gaffe”: insegnano un modello. Se il prezzo della parola è l’umiliazione pubblica, abbiamo smarrito la bussola del dialogo intergenerazionale (e istituzionale…)

Egregio Direttore,

penso che le parole che la Ministra Bernini ha rivolto agli studenti del “semestre filtro” della Facoltà di Medicina, che si sono presentati durante la kermesse di Fratelli d’Italia, vadano considerate per intero.

Perché, se ci si ferma allo scherno della vecchia battuta di berlusconiana memoria, si rischia di non cogliere il punto: per ragazzi diciottenni che chiedono, con la legittima ingenuità della loro età, un’università diversa ed anche un po’ di chiarezza sul loro futuro, essere appellati “poveri comunisti” difficilmente è percepito come offesa.

Invece, è violento ed annichilente – lo è per me che ho quasi 60 anni e guardo la scena dal divano di casa, figuriamoci per loro – il momento in cui, circondata da applausi e boati di approvazione, la Ministra urla a due ragazzi di 18 anni: “Siete inutili”.

Quelle non sono parole pronunciate a caso, perché sono una presa di posizione culturale, che tratta qualsiasi domanda di senso sul futuro, formulata dalle generazioni più giovani, come un fastidioso ronzio di zanzare.

A diciotto anni si può essere tanto: idealisti, sognatori, ingenui, spaventati, arrabbiati, sconclusionati, estremi. Persino fastidiosi e provocatori.

Di certo, però, a 18 anni non si è inutili.

Una Ministra che si rivolge così alla propria “committenza” (studenti e studentesse lo sono, per definizione, per una Ministra dell’Università) non sta solo esercitando in modo violento una posizione di potere. Sta insegnando, insieme a chi la applaude convinto, un modello relazionale.

Un modello in cui l’interlocutore viene ridicolizzato, la vulnerabilità schiacciata, la domanda trasformata in fastidio, le richieste in manifesta stupidità.

Un modello in cui chi è più giovane, meno strutturato, meno protetto, impara in fretta che parlare ha un costo, e quel costo può essere l’umiliazione pubblica.

Contrariamente alla Ministra, ritengo che i giovani debbano poter esprimere le loro opinioni, contestare e differenziarsi dagli adulti, se vogliamo che essi diventino persone autonome e mature, capaci di nuotare nel mare della vita.

Gli adulti, dal canto loro, dovrebbero saper accogliere il loro tumulto, il fuoco che hanno dentro e restituire loro la capacità di dialogo e confronto.

Purtroppo, a giovani che chiedevano un confronto per esprimere tutta la loro paura per il futuro ed il disagio di non avere neanche la possibilità di tentare di realizzare un sogno (diventare un medico), la Ministra, che dovrebbe incarnare la massima capacità di dialogo, ha risposto con disprezzo, senza offrire alcun contenuto significativo.

Ancora più sconcertante, quindi, è che a pronunciare quelle parole non sia un commentatore qualunque, ma la Ministra dell’Università e della Ricerca. La figura che dovrebbe rappresentare, tutelare ed orientare proprio quei ragazzi e quelle ragazze che oggi entrano in un sistema universitario fragile, precario, opaco, pieno di contraddizioni.

Dire a ragazzi diciottenni “siete inutili” non li rende più forti, più responsabili o più adulti.

Li rende più soli. Ancora più soli.

Il punto, alla fine, non è se quei ragazzi avessero ragione o torto.

Il punto è che una democrazia matura non umilia chi fa domande.

Avv. Vincenzo Zaccaro


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