
Si intitola “Il cielo in una stanza” il nuovo spettacolo della Compagnia Hurricane, uno spaccato dell’Italia sessantottina che, fra proteste, diritti e tragedie, fa da sfondo al profondo rapporto genitori-figli e alla vita bolognese e pugliese del protagonista Tonino, interpretato da Vincenzo Tondolo, anche autore e regista dello spettacolo in scena, ad Andria, il 23 e il 30 novembre, alle ore 18, presso l’Auditorium Mons. Di Donna.
Ciao, Vincenzo. Da dove nasce l’idea di scrivere lo spettacolo “Il cielo in una stanza”?
L’idea è raccontare qualcosa realmente accaduta in Italia, naturalmente da quale evento/episodio si vuole attenzionare. Inizialmente il testo è stato pensato come monologo puro, ma successivamente ho pensato di renderlo più “teatrale”, cioè più dinamico. La scelta del titolo, invece, nasce dal fatto che mi piacesse la canzone, non è altro che il fil rouge e la confezione dello spettacolo, in quanto presente in diversi momenti della vita del protagonista, niente è stato lasciato al caso.
Quanto e come cambia l’approccio alla vita del protagonista, Tonino, da quando parte a quando ritorna in Puglia?
In questa storia ho utilizzato stereotipi, anche per alleggerire i temi affrontati. Il protagonista Antonio, ma gli amici lo chiamano Tonino, somiglia molto ai personaggi che mettiamo in scena negli spettacoli comici. E’ il tipico meridionale a cui piace andare a zonzo, senza voglia di trovare un lavoro, praticamente un eterno bambino che si trova a vivere l’adolescenza nell’Italia fine Anni Cinquanta, in una famiglia patriarcale con un papà, appunto, padre padrone. La vita di Tonino cambia, non tanto quando parte per il militare, ma quando torna in Puglia accanto ad una donna rivoluzionaria, con idee differenti dalla sua, invischiato in dinamiche matrimoniali che per lui sono nuove e drammatiche. Il 1970 è l’anno in cui viene approvata la legge sul divorzio ed è lì che l’approccio di Tonino cambia, diventa responsabile e sente l’esigenza di essere un papà presente, diversamente dal suo.
In che modo le dinamiche familiari incidevano sulla vita sociale, politica e lavorativa nel periodo sessantottino?
La famiglia di Tonino era la tipica del sud, la madre casalinga e papà impiegato statale. Questa è la famiglia che viene presentata nello spettacolo, che successivamente, cambia un tantino, quando nasce la loro figlia. Il ’68, in Italia, ha rappresentato un momento importante, con innumerevoli riforme, molto spesso sfociate in violenza, ma è proprio grazie a quelle rivoluzioni che molti di noi hanno acquisito diritti, perdendone, forse, altri.
Perché hai deciso di cambiare registro narrativo, passando dalla pura comicità all’ironia formativa e pedagogica?
E’ un modo per metterci in gioco. Mi è capitato in passato di prender parte a progetti impostati, parlando di temi importanti come la violenza sulle donne, l’Alzheimer, biografie agiografiche, ruoli opposti a quelli che di solito porto in scena, quindi per me non è una novità. Questa volta ho voluto creare uno spettacolo differente, sia per il pubblico che per tutto il gruppo, è una sfida anche per loro e non solo per me. Questo mi ha permesso di lavorare sui personaggi in modo differente rispetto ad altri spettacoli, in modo da poter rappresentare le scene coerenti al periodo in questione. Ci sono battute che emozionano e per poterlo fare abbiamo lavorato molto sulle espressioni del viso, sguardi, intenzioni e tono della voce, un lavoro che gli stessi ragazzi non hanno mai fatto in passato (qualcuno di loro è alla sua prima esperienza), e si sono trovati a vedermi in un atteggiamento più esigente. Ma, del resto, se vogliamo fare qualcosa di diverso, dobbiamo prepararci in maniera differente, infatti non ci sono dialoghi in vernacolo e questo ha portato a delle difficoltà che siamo riusciti a superare senza problema. Quello che posso dire è che il prodotto ha le stesse caratteristiche degli altri spettacoli, è il mio modo di giocare a fare teatro), c’è della musica anni 60-70, del recitato divertente e dell’ironia (che non guasta mai) sul modo di vivere del periodo rispetto a quello odierno, per noi inconcepibile.
























