
Scritto e diretto da Paul Thomas Anderson
Bob Ferguson, Willa e il colonnello Lockjaw sono i protagonisti di “Una battaglia dopo l’altra”, film del 2025, scritto e diretto da Paul Thomas Anderson che, in questa pellicola, segna un limite, demarca il confine non solo tra Stati Uniti e Messico, ma anche tra rivoluzioni familiari e politiche, ostentando un ego illimitato, iperbole di produzioni americane duplicate con lo stampino.
Ad ispirare il regista, stavolta, è il romanzo di Thomas Pynchon, “Vineland”, una sorta di vestaglia al contrario della grande letteratura a stelle e strisce, un capo indossato da Leonardo Di Caprio per le sue esilaranti peripezie, un inno alla decadenza ed ai vertiginosi pericoli causati da un erotismo esasperato nei confronti di una donna e della Patria, la genealogia che uno strepitoso Sean Penn trasforma in un’occasione di rinascita attraverso l’autodistruzione, l’annientamento di ideali che, con il magistrale Benicio Del Toro nei panni di un “sensei” ante litteram, sfociano nel caricaturale.
Pur non essendo un film moderno (con riferimenti al cinema degli Anni Settanta), “Una battaglia dopo l’altra” ha connotati attuali, e la menzione a Trump, durante la proiezione, è espressamente implicita. Anderson mescola elementi passati e presenti di un conflitto generazionale, in un mondo eccessivo e demenziale, un mondo in cui l’unica logica è restare sull’orlo del baratro, un mix di commedia e drammaticità senza interruzioni nel quale i personaggi sembrano passarsi il testimone, un fracasso narrativo che utilizza parole in codice per schiacciare gli stereotipi di una folle umanità.
A metà fra satira sociale e action movie, “Una battaglia dopo l’altra” è un quadro di profonda alienazione, i traumi sepolti riemergono per dare allo spettatore la sensazione di essere confuso in un’epoca di fittizia lucidità.
























