Il maestro dell’apocalisse che ha conquistato il mondo

Un autore fuori dal tempo

Nato a Gyula, nel sud-est dell’Ungheria, il 5 gennaio 1954, László Krasznahorkai ha studiato diritto e letteratura all’Università di Szeged e a Budapest. Dopo gli esordi negli anni Ottanta, ha intrapreso un percorso letterario che lo ha portato a esplorare i temi della rovina, della speranza, della spiritualità e del caos, con uno stile narrativo che sfida le convenzioni.

Il suo debutto letterario, Sátántangó (1985), è considerato un capolavoro della letteratura contemporanea. Ambientato in una fattoria collettiva in disfacimento, il romanzo racconta l’arrivo di un misterioso personaggio, Irimiás, che promette salvezza ma porta solo inganno. L’opera è stata adattata nel 1994 in un film cult di oltre sette ore dal regista Béla Tarr, con cui Krasznahorkai ha collaborato a lungo.

Un corpus letterario monumentale

Oltre a Sátántangó, Krasznahorkai ha firmato altri romanzi fondamentali come Melancolia della resistenza (1989), Guerra e guerra (1999), Il ritorno del barone Wenckheim (2016) e Herscht 07769 (2021). Le sue opere sono spesso caratterizzate da frasi lunghissime, una sintassi complessa e un tono profetico, che trasportano il lettore in un universo narrativo denso, oscuro e profondamente filosofico.

In Melancolia della resistenza, ad esempio, un circo itinerante con una balena imbalsamata scatena il caos in una cittadina dei Carpazi, diventando metafora della fragilità dell’ordine sociale. In Guerra e guerra, un archivista ungherese viaggia a New York per salvare un manoscritto apocrifo, in una riflessione sul tempo, la memoria e la scrittura. Il ritorno del barone Wenckheim, invece, racconta il ritorno in patria di un aristocratico decaduto, in un’epopea grottesca e malinconica.

Un ponte tra Europa e Oriente

Krasznahorkai non è solo un autore mitteleuropeo nel solco di Kafka e Bernhard. I suoi viaggi in Asia, in particolare in Giappone e Cina, hanno profondamente influenzato la sua scrittura, portandolo a sviluppare un tono più contemplativo e spirituale. Questo sguardo orientale si riflette in opere come Seiobo è discesa quaggiù (2008), una raccolta di racconti ispirati all’estetica e alla filosofia orientale, e Una montagna a nord, un lago a sud, sentieri a ovest, un fiume a est (2022), ambientato nei dintorni di Kyoto.

Un riconoscimento atteso

Il nome di Krasznahorkai circolava da anni tra i papabili al Nobel. Già vincitore del Man Booker International Prize nel 2015 e del National Book Award for Translated Literature nel 2019, era considerato uno degli scrittori più importanti della scena letteraria europea. La sua vittoria è stata accolta con entusiasmo da critici e lettori, che vedono in lui un autore capace di restituire alla letteratura una dimensione etica e metafisica, in un’epoca segnata da superficialità e frammentazione.

Reazioni e significato culturale

La vittoria di Krasznahorkai è stata accolta con entusiasmo in Ungheria, dove è considerato un tesoro nazionale. Il presidente ungherese ha dichiarato: “Con questo premio, la nostra cultura riceve un riconoscimento che va oltre i confini nazionali. Krasznahorkai è la voce della nostra anima più profonda”.

Anche nel resto del mondo, la notizia ha suscitato grande interesse. In Italia, dove le sue opere sono pubblicate da Bompiani, si è registrato un immediato aumento delle vendite. Critici come Andrea Cortellessa e Claudio Magris hanno sottolineato l’importanza di un autore che “ha saputo trasformare il caos in speranza, la rovina in bellezza”.

Un Nobel che cambia il destino di una lingua

Il Nobel a Krasznahorkai non è solo un riconoscimento individuale, ma anche un omaggio alla lingua ungherese, spesso ai margini del panorama letterario internazionale. Come ha sottolineato l’Accademia di Svezia, “il premio celebra una voce epica che, pur radicata nella tradizione centroeuropea, ha saputo parlare al mondo intero”.

Un’eredità che si rinnova

Con la sua scrittura, Krasznahorkai ha costruito un universo letterario unico, in cui l’apocalisse non è un evento futuro, ma una condizione permanente. Eppure, in questo scenario desolato, l’autore riesce a trovare spiragli di grazia, gesti minimi di compassione, frammenti di bellezza. La sua opera è un atto di resistenza contro la banalità, un invito a pensare, a sentire, a non arrendersi.

Come ha dichiarato in una recente intervista: “Non scrivo per consolare, ma per interrogare. La letteratura non deve offrire risposte, ma porre le domande giuste”.

Con il Nobel 2025, László Krasznahorkai entra nel pantheon dei grandi della letteratura mondiale. Un riconoscimento che consacra una carriera straordinaria e invita nuovi lettori a scoprire un autore che, con le sue parole, ha saputo raccontare l’abisso dell’animo umano – e la sua irriducibile sete di luce.


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