«Il 2 ottobre, a Roma, è accaduto un fatto gravissimo – un episodio di violenza su minori fuori da una scuola – passato insolitamente inosservato. Qualche articolo di giornale, una frettolosa frase di circostanza del ministro Valditara e poi silenzio. Come mai questa strana indifferenza collettiva? Semplice: perché quello che è accaduto mette in grave imbarazzo la comunità ebraica»

(Selvaggia Lucarelli da “Il Fatto Quotidiano” del 7 ottobre 2025)

«Dovrebbe studiare Medicina solo chi proviene dal liceo classico o scientifico […], se avessi avuto un figlio di 25 anni lo avrei mandato a consegnare le pizze piuttosto che fargli seguire il semestre filtro»

(Parole pronunciate, all’Università di Bari, da una docente, durante una lezione del così detto semestre filtro, corso di Medicina)

Due brutti episodi, di natura assai diversa tra loro, che, in queste ore, provengono dal mondo dell’Istruzione, quel mondo che dovrebbe servire ai giovani per diventare persone migliori, cittadini responsabili, individui liberi e pensanti.

Il primo, anche in ordine di tempo, proviene dal Liceo Artistico Caravillani di Roma, zona Monteverdi, adiacente alla sinagoga (Tempio Beth Michael).

Un gruppo di studenti, tra cui, come è ovvio, ragazzi minorenni, dopo aver discusso sul genocidio israeliano a danno dei palestinesi, cominciano a intonare il coro “Free Palestine”.

Dalla sinagoga escono un gruppo di adulti, entrano nelle pertinenze della scuola, – cosa che sarebbe vietata – e aggrediscono i ragazzi, difesi dai docenti con i quali tornano in classe.

All’uscita, una ventina di persone, sempre provenienti dal tempio ebraico, aspettano fuori gli studenti che vengono fatti oggetto di un’aggressione più violenta, sia fisica che verbale, che, questa volta, vede coinvolti anche i genitori ivi presenti, i quali, insieme ai docenti che stanno uscendo anche loro, difendono gli studenti.

Arriva anche la polizia e l’ambulanza. Lo studente che riporta le peggiori conseguenze appartiene ad una famiglia della comunità ebraica.

Riccardo Pacifici, presidente del tempio, si dice costernato per l’accaduto. Ma, tuttavia, parla di provocazione affermando che la colpa non è dei ragazzi, ma di “professori delinquenti che sobillano gli studenti”… “condizionati (gli studenti, n.d.a.) dalle fake news”, forse perché avevano intonato l’inno alla liberazione della Palestina, chissà … Ed ha anche aggiunto, a velata minaccia per il futuro, che non tutti hanno la stessa capacità di self control …

Insomma, Pacifici mal tollera la libera espressione del pensiero, tranne che del suo e di quelli che la pensano come lui. Perché se i docenti parlano ai ragazzi del genocidio sono delinquenti … Così come, per lui, sono “pagliacci” quelli che con la Flottilla hanno percorso acque internazionali, subendo l’aggressione della marina israeliana, in barba a tutte le norme del diritto internazionale.

Questo episodio è assai increscioso per la comunità ebraica. E poiché i media tengono bordone al governo, schierato con Israele, è passato quasi sotto silenzio.

Peccato che, se questo episodio davvero spiacevole fosse successo quando il principale partito di governo era all’opposizione, e si diceva filo-palestinese (e tante altre cose che sono l’esatto contrario di ciò che si dice oggi), avrebbe avuto tutt’altra eco sui giornali schierati da quella parte politica.

È un brutto episodio che la dice lunga sul clima di intolleranza che si respira nel Paese, ma anche, allo stesso tempo, sul tentativo di mistificazione e occultamento dei fatti che, nell’epoca dell’immagine, sono sotto gli occhi di tutti.

E il ministro Valditara in tutto questo? È diventato improvvisamente dialogante poiché ha detto di aver apprezzato le parole di scuse di Pacifici e di Fadlun, presidente della Comunità ebraica, poiché “il dialogo e il rispetto reciproci sono i veri antidoti verso ogni forma di prevaricazione e odio”. Belle parole, ma che col caso c’entrano come i cavoli a merenda, poiché né dialogo e né rispetto sono stati alla base dell’aggressione, che andava stigmatizzata a difesa degli studenti e del diritto a manifestare liberamente il pensiero.

***

L’altro episodio viene dal mondo dell’Università, in particolare quella di Bari, dove una docente ha manifestato il suo classismo, la sua spocchia, la sua idea malata che discrimina gli studenti in base alla provenienza scolastica, sociale ed economica.

Durante una lezione del semestre filtro – in cui i docenti di biologia, chimica e fisica impartiscono lezioni preparatorie a quanti si sono iscritti alla facoltà di Medicina per la selezione del 20 novembre, in tutta Italia, che, con un meccanismo un po’ contorto e basato anche sul calcolo probabilistico, individuerà i ventimila ragazzi che potranno frequentare la facoltà di medicina (a Bari sono disponibili 300 posti a fronte di duemila iscritti)-, questa docente ha affermato, tra le altre cose, che solo studenti dei licei scientifico e classico hanno gli strumenti per superare la selezione. Tutti gli altri licei, i tecnici e i professionali sono inadatti a formare un candidato in grado di passare il test.

Al di là del fatto che ci possono essere pessimi diplomati liceali ed ottimi ragionieri o periti industriali in grado di passare il test, non si capisce il motivo per cui questa docente s’è sentita in dovere di avere quest’uscita.

Forse voleva dissuadere i non liceali (dello scientifico e del classico) dal continuare a seguire le lezioni e dare forfait, così da aversi una prima selezione (naturale???)?

Forse ritiene che i non liceali possono solo andare a fare lavori manuali o bassamente intellettuali?

O forse ha una visione dell’istruzione ancora di tipo gentiliano?

Certamente la sua visione classista è il sintomo di una società, quale la nostra sta diventando (o forse lo è sempre stata?) in cui l’ascensore sociale non è più visto con favore.

Vero è che il liceo lo può frequentare chiunque, ma spesso i suoi studenti sono figli di una borghesia agiata che la pensa come una volta, cioè che “al liceo vanno i ragazzi che diventeranno la futura classe dirigente”.

E, cionondimeno, la docente dimostra di non conoscere come i tecnici e i professionali (per tacere degli altri tipi di liceo) abbiano affrontato riforme, anche dei programmi, che hanno messo a disposizione degli studenti pure, udite, udite!, il sapere scientifico.

Eppoi, possibile che questa docente non avverta la necessità di motivarli, i ragazzi, anziché scoraggiarli, in un Paese, quale il nostro, che ha un tremendo bisogno di medici?

Piuttosto, pensi a fare, e bene, il suo lavoro e a trasmettere entusiasmo per la sua disciplina.

Per il resto, ci penseranno gli studenti a dare il massimo impegnandosi allo spasimo, superando le loro oggettive difficoltà.

Alle nuove generazioni bisogna dare fiducia. E speranze. Ne hanno bisogno loro. E ne ha bisogno il nostro Paese.


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Nata a Corato, 62 anni fa, cresciuta a Ruvo di Puglia, mi sono laureata all’Università degli studi di Bari e ho insegnato per 38 anni scolastici tra le province di Milano e di Bari Diritto ed Economia Politica. Mi piacciono i libri, non da bibliofila, ma da lettrice, il cinema e la musica (Prince su tutti) e coltivo queste mie passioni costantemente. Amo la buona compagnia, ma anche un’operosa solitudine. Credo nei valori della libertà, dell’uguaglianza, del rispetto di tutte le persone e di tutte le opinioni. Detesto gli integralismi di ogni forma.

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