L’anno scorso, a fine agosto, dopo la fuga dal proprio paese, Yusra era a bordo di un barcone. Erano in venti su quella chiatta, più la morte che faceva i suoi calcoli…

Sarà la diciannovenne Yusra Mardini a sventolare la bandiera dei rifugiati nella notte inaugurale di Rio.

L’anno scorso, a fine agosto, era a bordo di un barcone, in fuga dal proprio paese: la Siria. Erano in venti su quella chiatta, più la morte che faceva i suoi calcoli. Avrebbe voluto spegnere il sorriso dell’adolescente, mummificarne il corpo atletico e flessuoso, inabissarlo e prosciugarlo di energia vitale. Dopo un tentativo di apnea, darlo in pasto ai pesci. Amen!

yusra-mardini-2

Il legno muto – potenziale sepolcro di naufraghi – stava per affondare nel mare Egeo, davanti all’isola di Lesbo, con il suo prezioso carico umano, quando Yusra si è tuffata in acqua seguita dalla sorella Sarah e da un’altra donna. Insieme, battendo i piedi e mulinando le braccia per tre ore, hanno vinto la corrente marina e sono riuscite a spingere il natante fino a riva, sorrette dalla forza della disperazione. All’olimpiade della vita si sono iscritte in quel contesto.

Cresciuta a Damasco, dove già ragazzina affrontava gare internazionali di nuoto, Yusra è scappata con la famiglia dopo un bombardamento che le ha sbriciolato la casa. Le ha frantumato i sogni, spappolato gli affetti, polverizzato l’infanzia: nel corso di una guerra che i belligeranti si ostinano a definire “civile”.

Yusra Mardini trains with the Wasserfreunde Spandau 04 swimming club in Berlin on March
Yusra Mardini trains with the Wasserfreunde Spandau 04 swimming club in Berlin on March

Yusra ha raggiunto il Libano a piedi, poi la Turchia. Da Izmir è salpata per la Grecia con altri venti migranti; troppi, su un mezzo omologato per sette e con il motore in panne. Imbarcava acqua, e sarebbe stata la fine, senza l’audacia della giovane siriana.

Oggi il Comitato Olimpico Internazionale (CIO) la inserisce fra i dieci atleti selezionati per il refugee olimpic team: la squadra dei rifugiati! La rappresentanza degli scampati! Il team dei senzaterra!

È una novità assoluta nella storia dello sport: consiste nell’accogliere atleti di valore, costretti a migrare per allontanare la violenza e l’insostenibilità del vivere, e permettere loro di misurarsi nella massima competizione sportiva vestendo una bandiera inedita, quella del CIO. Un vessillo di respiro intercontinentale, che esprime l’anelito dell’abbraccio circolare all’umanità.

Sei uomini e quattro donne. La squadra dei rifugiati comprenderà cinque atleti del Sud Sudan (i mezzofondisti Yech Pur Biel e Paulo Amotun Lokoro, il quattrocentista James Nyang Chienggjiek, le podiste Anjelina Nada e Rose Nathike), un etiope (il maratoneta Yonas Kinde), due congolesi (i judoka Popole Misenga e Yolande Bukasa Mabika), e altrettanti siriani (i nuotatori Rami Anis e Yusra Mardini, appunto). Non più aggregati a rappresentative nazionali, ma accomunati dal labaro dell’umanità coesa. Yusra per portabandiera!

yusra-mardini-3

La ragazza è felice d’inaugurare una pagina esemplare di civiltà sportiva e ambisce a contagiare, con la freschezza della sua figura, la sfera umana e sociale.

«Diventerà il volto simbolico di sessanta milioni di migranti, la turba dei nuovi poveri – bambini, adolescenti, giovani, adulti – che rivendica dignità umana, libertà dai confini territoriali, sostegno nel ricominciare a vivere», afferma Thomas Bach, presidente del CIO.

E Yusra, insieme alla sua amica Yolande: «Dobbiamo salire sul podio per dare speranza a chi scappa dalla terra che ama, e nella vita desidera continuare ad amare».

L’anno scorso, a fine agosto, dopo la fuga dal proprio paese, Yusra era a bordo di un barcone.


Articolo precedente“Sì, ma… “: riflessioni in ordine sparso sulle amministrative
Articolo successivoOstetricia e Maieutica. Intervista a Stefania Navarra
Renato Brucoli (Terlizzi, 1954) è editore e giornalista pubblicista. Attivo in ambito ecclesiale, ha collaborato con don Tonino Bello dirigendo il settimanale d’informazione religiosa della diocesi di Molfetta e il Settore emerge della Caritas, in coincidenza con il primo e secondo esodo dall’Albania in Italia (marzo-agosto 1991) e per alcune microrealizzazioni di ambito sanitario nel “Paese delle Aquile”. Nella sfera civile ha espresso particolare attenzione al mancato sviluppo delle periferie urbane e fondato un’associazione politica di cittadinanza attiva. Ha anche operato nella Murgia barese per la demilitarizzazione del territorio. Autore e curatore di saggi biografici su don Tonino Bello e altre personalità del Novecento pugliese, dirige la collana Alfabeti per le Edizioni Messaggero Padova. Direttore responsabile della rivista Tracce, collabora mensilmente con il periodico La Nuova Città. È addetto stampa per l’associazione Accoglienza Senza Confini Terlizzi che favorisce l’ospitalità di minori bielorussi in Italia nel dopo Chernobyl. L’Università Cattolica del Sacro Cuore, per la quale ha pubblicato una collana di Quaderni a carattere pedagogico sul rapporto adulto-adolescente, gli ha conferito la Medaglia d’oro al merito culturale. L’Ordine dei Giornalisti di Puglia gli ha attribuito il Premio “Michele Campione”: nel 2013 per l’inchiesta sul danno ambientale procurato da un’industria di laterizi; nel 2015 per la narrazione della vicenda umana e sportiva di Luca Mazzone, campione del mondo di paraciclismo.