Ottaviano, terzo figlio d’arte di Sei un mito

Nei rilievi dell’Ara Pacis o nel colosso di via Labicana, a Roma, l’imperatore romano Augusto è ritratto come una figura monumentale e semidivina: sguardo solenne, toga pesante dagli ampi drappeggi. Si atteggia un po’ a sacerdote e un po’ a padre della patria. A chi ancora si ricorda di lui dai tempi di scuola, il nome Augusto evocherà un marmoreo imperatore di mezza età, molto conservatore, che manda in esilio le nipoti troppo lascive e invita le matrone romane a coprirsi (che siano caste, per carità).

C’è stato un tempo, però, in cui Augusto è stato un ragazzino cattivo e furbissimo. C’è stato un tempo in cui Augusto è stato un figlio d’arte.

Clan dei Mitomani, we’re back. Sei un mito, podcast irriverente sulla storia e sulla mitologia, è tornato. Abbiamo ricaricato le pile e per farci perdonare l’attesa vi sforniamo una doppia puntata con un protagonista d’eccezione. Il terzo e ultimo capitolo del ciclo sui Figli d’arte è dedicato a Ottaviano, poi detto Augusto, che è, niente di meno che il figlio di Gaio Giulio Cesare.

Ottaviano non è un figlio biologico ma un figlio adottivo: un erede per scelta, chiamato a proseguire la missione del padre, in una Roma fumante di incendi e sprofondata nel caos. Una Roma come non ve l’hanno mai raccontata: poveri affamati, politici senza scrupoli, soldati che sfilano per le strade come truppe in una città occupata.

Ottaviano arriva in questa Roma. Non ha né complessi di inferiorità nei confronti del padre, come Telemaco per suo padre Ulisse, né si pone in competizione con lui, come Alessandro aveva fatto con Filippo II.

Al nostro nuovo protagonista non importano affatto i rapporti avuti con il padre adottivo. Tutto quello che vuole è sfruttare il suo nome: con una campagna di comunicazione di stupefacente modernità, Ottaviano si fa chiamare Cesare e marcia con una coppia d’amici singolari e un esercito di followers a conquistare l’impero.

Preparatevi a colpi di scena, capovolgimenti di fronte, intrighi e tradimenti, cattivissime mosse e un Cicerone che non vi immaginate neanche. Questa storia è la prova che essere un figlio d’arte nonè necessariamente uno svantaggio: può anche essere un imbattibile mezzo di promozione.

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