Noi siamo qui per voi.

Dalla dott.ssa Antonella Pellegrino, ostetrica, riceviamo e pubblichiamo:

La violenza ostetrica sembra essere diventato l’argomento del giorno: nei parlano i talkshow, i giornali, le riviste…

Premetto, che mi considero ancora una novellina: queste mani hanno accolto al mondo un numero discreto di nuove vite umane e questi occhi hanno assistito ancora a poche esplosioni di emozioni. Non si possono descrivere le sensazioni, la paura, la gioia, lo stupore e le mille emozioni che si provano ad ogni singolo parto. Sì, perché ogni parto è diverso dall’altro e ogni parto ti trasmetterà un qualcosa che non pensavi nemmeno esistesse. Non è un semplice lavoro, è: dedizione, passione, amore, vocazione. Tutto mischiato in un’unica professione: l’ostetrica.

Sono così innamorata di questo lavoro che leggere i recenti articoli pubblicati riguardo la violenza ostetrica mi feriscono profondamente e al tempo stesso mi fanno riflettere. Ho ascoltato le varie interviste, le testimonianze di donne che si sono sentite violentate e mi ferisce. Mi ferisce perché non sarebbe mai dovuto accadere, perché il momento del parto è un momento troppo importante nella vita di una donna e non dovrebbe rimanere impresso nella sua mente come un’esperienza talmente negativa da condizionare addirittura scelte successive. Ascoltando le diverse testimonianze, però, mi sono sentita in dovere di scrivere questo articolo.

Molte volte ho sentito donne raccontare: «mi è stata fatta la manovra X perché mio figlio era in sofferenza, quando poi alla nascita aveva 9 di APGAR»  o  «sono stata sottoposta a questa pratica senza il consenso». Ora, nella mia effimera esperienza, ho assistito a nascite di bambini in apparente “sofferenza” durante il travaglio il cui APGAR (punteggio che si attribuisce ad un minuto e a cinque minuti di vita del neonato che va da 0 a 10) alla nascita era 9-10, come ho anche visto situazioni in cui il feto non dava segni di “sofferenza” durante il travaglio stare molto male alla nascita.  Tralasciando la questione che la sofferenza del feto si evince principalmente dall’utilizzo della cardiotocografia (rilevazione del battito cardiaco fetale durante il travaglio), soggetta a infinite discussioni in ambito scientifico riguardo la sua affidabilità in relazione agli outcome neonatali, mi chiedo come possa una donna priva di adeguata preparazione scientifica stabilire se quella manovra o pratica sia sbagliata? A che serve una laurea, l’esperienza, la conoscenza delle linee guida se poi basta un parere per far crollare tutto quello che si è costruito? Interpretando la voce dei miei colleghi, sento di poter afferamare che abbiamo conoscenza, coscienza, valori etici e premura per le vite davanti a noi, riposte nelle nostre mani in quel momento, sempre.

Quando stringete il vostro neonato sano fra le braccia, noi gioiamo con voi. Il problema si pone nel momento in cui le cose non vanno come si sperava a priori, prima del travaglio e del parto. Purtroppo l’ostetricia non è una scienza esatta in cui 1+1=2. Anche una gravidanza a basso rischio può a volte andare incontro ad una complicanza, discostandosi in modo più o meno importante dalla fisiologia: è un evento imprevedibile a cui bisogna saper far fronte, a volte cambiando il tipo di conduzione del travaglio condiviso fino a quel momento con la donna, a volte prendendo decisioni repentine che garantiscano il mantenimento del benessere materno e feto/neonatale.

Molte donne parlano di un’episiotomia (taglio dei tessuti di vagina e muscoli del pavimento pelvico al momento del parto) ricevuta e non voluta. Partendo dal presupposto che tutte le episiotomie ad oggi dovrebbero esser eseguite secondo le linee guida e quindi secondo criteri ben precisi, questa pratica dovrebbe essere effettuata durante la fase espulsiva per accelerare la nascita del bambino ma solo qualora si ravveda la reale necessità. Possiamo definirla quindi una manovra urgente. Per questo motivo, è difficile pensare che in quel momento sia possibile discutere un consenso informato o addirittura decidere di rifiutarla esponendo ad un aumentato rischio il nascituro. Sono invece convinta che la giusta informazione, nel giusto momento possa creare una giusta e reciproca collaborazione/fiducia/sostegno/rispetto tra mamma e ostetrica.

Tutto ciò non vuole assolutamente mettere in discussione la reale esistenza della violenza ostetrica: i dati parlano chiaro e non possono essere ignorati.  Dal 2003 il 21% del totale delle donne in Italia afferma di aver subito una forma di violenza fisica, psicologica o verbale durante il travaglio, parto e puerperio, mentre un altro 23% afferma di non poterlo dire con certezza. Sono dati davanti a cui dobbiamo fermarci e su cui dobbiamo riflettere. Nel momento in cui una donna si è sentita mancare di rispetto, parte del nostro lavoro è fallito anche se tutto è andato “secondo i piani”. Quindi, non è precisamente quella manovra ostetrica o quella procedura ad aver provocato il vero disagio nella donna, coppia e nuova famiglia.

La vera responsabile è, a mio avviso, la mancanza di comunicazione perché la presenza, il supporto psicologico pre, intra e post partum, la spiegazione del perché quella manovra piuttosto che un’altra valgono più del sapere ostetrico e dell’esperienza.

Per questi motivi, ritengo sia estremamente necessario che la donna italiana venga maggiormente seguita anche prima del concepimento, che possa essere realmente consapevole del momento che sta vivendo e delle trasformazioni che ogni singola parte di sé affronterà,  che stabilisca un rapporto con un’ostetrica che possa seguire la gravidanza non solo dal punto di vista medico, ma anche dal punto di vista emotivo e psicologico, che non sia lasciata sola dopo il parto perché la Baby Blues (un’alterazione del comportamento della puerpera legato agli ormoni) non è un fenomeno così raro come pensiamo (indipendente dall’andamento di gravidanza e parto) e soprattutto che cerchi il confronto con le figure professionali interessate.

Il personale sanitario è lì per aiutare, non per atterrire, e qualora doveste essere così sfortunate da incontrare la persona sbagliata, segnalatelo a chi di dovere e fatevi aiutare.

Noi siamo qui per voi.


Fontehttps://pixabay.com/p-2387637/?no_redirect
Articolo precedenteZaino in spalle… si parte!
Articolo successivoMatrimoni inter-religiosi in Tunisia: all’altare in nome di Dio, chiunque esso sia
Chi siamo? Gente assetata di conoscenza. La nostra sete affonda le radici nella propria terra, ma stende il proprio orizzonte oltre le Colonne d’Ercole. Perché Odysseo? Perché siamo stanchi dei luoghi comuni, di chi si piange addosso, di chi dice che tanto non succede mai niente. Come? I nostri “marinai/autori” sono viaggiatori. Navigano in internet ed esplorano il mondo. Sono navigatori d’esperienza ed esperti navigatori. Non ci parlano degli USA, della Cina, dell’Europa che hanno imparato dai libri. Ci parlano dell’Europa, della Cina, degli USA in cui vivono. Ci portano la loro esperienza e la loro professionalità. Sono espressioni d’eccellenza del nostro territorio e lo interconnettono con il mondo. A chi ci rivolgiamo? Ci interessa tutto ciò che è scoperta. Ciò che ci parla dell’uomo e della sua terra. I nostri lettori sono persone curiose, proprio come noi. Pensano positivo e agiscono come pensano. Amano la loro terra, ma non la vivono come una prigione. Amano la loro terra, ma preferiscono quella di Nessuno, che l’Ulisse di Saba insegna a solcare…

1 COMMENTO

  1. … discussione che ho postato dopo aver visto video su “basta la salute” sulla violenza ostetrica e le affermazioni fatte sul consenso all’ episiotomia… purtroppo su basta tacere mi impediscono di informarli perché non sono contro il cesareo a prescindere e lo considero per quello che è: la più sicura accelerazione del parto se necessaria per la diade madre feto.

    Post di Iv Giust
    Egregio dr. D’amico, a completamento dell’intervista apparsa ieri a “basta la salute” al presidente della SIGO, le allego una sentenza dell’orientamento giurisprudenziale sul consenso circa l’episiotomia… altro che non necessario … assieme alla delibera regionale Emilia Romagna sulle documentazioni cliniche, sull’informazione e sul consenso (che sono come quelle nazionali). Inoltre le allego anche un documento OMS dove si evince chiaramente che non è la riduzione del tasso dei cesarei da perseguire ma bensì il benessere della diade madre – feto che sembra, insieme al consenso una cosa di cui i ginecologi non vogliono tenere conto. A meno di non credere che tutte queste donne siano visionarie … non mi sembra che l’intervista sia imparziale … anzi…. Inoltre il presidente SIGO con questa intervista dicendo che non c’è bisogno di consenso informato per le episiotomie di fatti ammette che la violenza ostetrica è reale ed è presente ovunque e che per loro la violenza ostetrica é la prassi ….la normalità ,…Inoltre la cosa bella è che questa affermazione è fatta dal rappresentante della società italiana di ginecologia e ostetricia che dirige un reparto all’interno di un ospedale pubblico di stampo cattolico dove il rispetto della donna e della nascita dovrebbero essere fondamentali …. se non si chiede il consenso informato .. che rispetto si ha della donna..?
    A smentire le parole del presidente SIGO vi riporto come esempio questa sentenza in cui si dice : “l’episiotomia è un intervento chirurgico: poco rileva che sia eseguita di routine, e che usualmente non di chieda il consenso della paziente. Si tratta di un intervento volontario e cruento su un paziente, e non vi è ragione di non annoverato fra i trattamenti sanitari, i quali a mente della costituzione non possono esser praticati se non previo consenso debitamente informato.in concreto per tale intervento la paziente non fu né previamente informata in ordine alla opportunità di praticarlo, ciò che ella avrebbe potuto fare solo alla luce di una corretta e completa prospettazione di vantaggi e svantaggi; né , è pacifico richiesta del consenso. L intervento in questione costituisce fattore predisponente e comunque statisticamente correlato con un incremento percentuale dei casi di lacerazione del perineo e di conseguenza con possibili lesioni sfinteriche”.
    http://www.avvocati.venezia.it/…/danno-non-patrimoniale-e-d…
    http://salute.regione.emilia-romagna.it/…/Documento_finale_…
    http://apps.who.int/…/bitstream/10665/161442/14/WHO_RHR_15.…

    risposta di Gerardo D’Amico
    Non so con esattezza cosa leggere in 293 pagine sulla organizzazione della Regione Emilia Romagna. Non capisco poi il peso che debba avere una sentenza di primo grado di una sezione distaccata del Tribunale di Venezia, giudice monocratico.
    Ma anche se fosse la Cassazione, la scienza e la medicina non si fanno con le sentenze, ma con le evidenze e la sperimentazione.
    Ho dato voce al sondaggio, perché di un sondaggio si tratta, attraverso l’intervista ad una rappresentante dell’associazione che lo ha promosso. L’opinione non solo del presidente della Sigo, ma anche di altri ginecologi al lavoro in sala parto da trenta e passa anni, è che quei numeri sono da verificare, perché non corrispondono alla loro esperienza.

    Risposta di Iv Giust
    La necessità di consenso non deriva solo dalle sentenze, è la prassi nei paesi del nord europa (queste le linee guida RCOG sul consenso). Nella delibera regionale emilia romagna si trova facilmente alla parola “consenso” quali sono i motivi per richiederlo e che il flusso informativo deve essere riportato in cartella (essendo io medico di cartelle ginecologiche ne vedo tuti i giorni..). Qui non si tratta di donne italiane o inglese si tratta di diritti umani di tutte le donne alla salute. Le storie di danni subiti dalle donne, purtroppo ancora nascoste dalle stesse donne è una realtà, e questo lo sanno benissimo anche i ginecologici e sono loro i primi ad ammetterlo … Vi è poco da fare gli spiritosi sulle incontinenze delle donne e sui DPTS che come tali non hanno differenza da paese a paese, … bisogna viverlo in prima persona per capire … https://www.rcog.org.uk/…/clinical-governance-advi…/cga6.pdf

    Risposta di Gerardo D’Amico a Iv Giust
    ma le donne di cui parlava il sondaggio non erano italiane? Allora ho capito male, ci si riferiva alla Gran Bretagna.

    Risposta di Iv Giust
    ….. i ginecologo quando entrano in sala parto dovrebbero ricordare il passo che riporto di seguito e pensare che ogni donna che stanno aiutando in quel momento potrebbe essere loro moglie o figlia ….. basterebbe questo e non tanti concetti filosofici …. questo passo di un importante lavoro del 1966 conosciuto da tutti i ginecologi che non considerano la donna come un mero contenitore senza diritti….
    “In vaste aree del mondo, nel sud-est asiatico, in Birmania,in India, in zone del Centro America, del SudAmerica ed Africa, 50 milioni di donne quest’anno daranno alla luce i loro figlinel dolore, come negli antichi tempi biblici, esposte a gravi pericoli. In conseguenza di ciò oggi, come sempre nel passato, centinaia di migliaia di giovani madri, ogni anno, subiscono lesioni da parto; lesioni che le riducono allo stato del più miserabile tra gli ultimi esseri umani… …..Costantemente nel dolore,incontinenti alle urine ed alle feci… abbandonate dai propri mariti, escluse dalla società, senza possibilità di trovare un lavoro se non nei campi, esse vivono, esistono, senza amici e senza speranza.Dato che le loro lesioni sono pudende, interessano parti del corpo che devono essere nascoste alla vista e delle quali una donna non può parlare apertamente, esse sopportano le proprie menomazioni in silenziosa vergogna. Nessuna organizzazione umanitaria si occupadi loro. La loro miseria è assoluta, solitaria, completa.”
    RHJ Hamilin and ECatherine Nicholson 1966

    Risposta di Iv Giust Caro D’Amico, poiché la gran bretagna é l unico paese in Europa che redige linee guida in maniera accurata vista la grande importanza che riveste il rapporto medico paziente in questo paese esse costituiscono il riferimento per tutti gli altri paesi europei….e i ginecologi lo sanno benissimo….le rammento inoltre di andarsi a consultare il codice deontologico riguardo il consenso….

Comments are closed.