ricominciare

In lingua italiana, viandante indica un essere umano in cammino; nella lingua spagnola i contenuti del fonema cambiano e raccontano di un essere umano che mentre cammina crea “il proprio destino scritto nel mare”, vale a dire che “andando” realizza la propria nascita.

Ed è andando che la famiglia Di Biase lascia la vita di Torino per raggiungere Andria e le sue origini meridionali, da dove tutto è partito. Un viaggio di famiglia con papà, mamma e due figli fuori dal comune cliché; nella valigia non mettono né la casa, né il lavoro, né il cibo, né l’istruzione: solo e soltanto la consapevole sofferenza di aver perso tutto e il sogno di ricominciare. Proprio come accade per ogni viandante.

La famiglia Di Biase riparte da un punto ben preciso, da una “catapecchia” ubicata nei vicoli stretti del centro storico di Andria; dire quartiere è un eufemismo, per chi lo vive è una “comunità” di uomini donne e bambini, un corpo a corpo nel senso bello è pulito dell’immagine dove l’altro è sulla soglia della porta ad offrirti accoglienza, solidarietà e convivialità.

La “catapecchia” dalle mura cadenti, priva di servizi sanitari, utenze e di ogni arredo casalingo garantisce alla famiglia Di Biase un tetto, un focolare ovvero quell’ambiente custode dell’intima unione di una vera e sana famiglia che, nonostante le difficoltà, le paure e lo sgomento, segna il punto di un nuovo inizio.

Per diversi mesi la famiglia Di Biase ha condotto i suoi giorni in difficili situazioni socio-economiche, ma il calore del quartiere, l’amicizia del vicinato nel concreto delle azioni e l’aiuto morale ed economico di una casa di accoglienza di una città con più di centomila abitanti hanno ristabilito le sorti per un nuovo inserimento sociale. Di fatto, dopo i primi tempi, è giunto per il Sig. Di Biase un contratto di lavoro per una ditta di trasporto merci e, coi primi introiti mensili, è giunta anche la possibilità di migliorare l’autonomia famigliare e di riprogettare il futuro. Dal loro arrivo è ormai passato qualche anno e ora i De Biase vivono la loro ordinarietà sociale tra lavoro, sane relazioni amicali e istruzione.

La famiglia Di Biase “andando” ha realizzato la propria rinascita: in una cultura spersonalizzante, indifferente, connotata da imperante relativismo, può apparire come un controsenso ma come uomini e donne coscienti e responsabili siamo invitati a impegnarci per una cultura che sa dar conto di tutti gli aspetti dell’esistenza, una cultura a misura d’uomo.

Perché ciò che rende significativa la nostra vita per gli altri e rende eterno il ricordo di noi non è accumulare titoli di potere, ma incidere positivamente nella vita degli uomini, offrendo loro ragioni di vita e di speranza. Come fa un viandante.


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So che tutto ha un senso. Nulla succede per caso. Tutto è dono. L'umanità è meravigliosa ne sono profondamente innamorato. Ciò che mi spaventa e mi scandalizza, non è la debolezza umana, i suoi limiti o i suoi peccati, ma la disumanità. Quando l'essere umano diventa disumano non è capace di provare pietà, compassione, condivisione, solidarietà.... diventa indifferente e l'indifferenza è un mostro che annienta tutto e tutti. Sono solo un uomo preso tra gli uomini, un sacerdote. Cerco di vivere per ridare dignità e giustizia a me stesso e ai miei fratelli, non importa quale sia il colore della loro pelle, la loro fede, la loro cultura. Credo fortemente che non si dia pace senza giustizia, ma anche che non c'è verità se non nell'amore: ed è questa la mia speranza.