«Nasciamo tutti dotati della facoltà di vedere il miracoloso. Non vederlo è una scelta»

(Cormac McCarthy)

Caro lettore, adorata lettrice,

il tema del nostro caffè domenicale è di quelli che più mi stanno a cuore e forse non ti sarà difficile ricordare che, direttamente o indirettamente, è un tasto che abbiamo già fatto risuonare.

Provo subito a sgomberare il campo da possibili e facili pregiudizi: non ho intenzione di proporti una catechesi, non mi interessa incidere in alcun modo sulla tua idea dell’aldilà, quale che essa sia e ammesso e non concesso che tu ne abbia una.

Mi interessa piuttosto fermare per un momento la nostra riflessione su tutti quegli aspetti della realtà che, apparentemente, non si vedono, non appaiono e non richiamano la nostra attenzione.

Pulsioni, emozioni, sentimenti, tacite richieste di aiuto, bisogni inespressi, appelli senza voce, ma anche belle intenzioni, gesti nascosti, fatti silenti, ma non per questo meno operosi.

Quanto del nostro mondo è affidato al silenzio. Quanto, per chi ha occhi e orecchi attenti, attraverso il silenzio si esprime. Quanti miracoli accadono e noi non li vediamo.

E sì, perché il termine miracolo, prima che un evento inspiegabile e fuori dal comune, indica un’azione capace di destare stupore e meraviglia.

In questo senso, la scienza e la tecnica fanno miracoli, la poesia e l’arte fanno miracoli, fa miracoli la musica, fanno miracoli tutti gli uomini e le donne, se solo ci si fa caso e gli si crede.

Eccolo lì, il verbo credere: è venuto fuori e ora qualcuno potrebbe rinfacciarmi che non ho tenuto fede alla mia promessa e premessa.

E invece no, io sono cocciuto e insisto: si può essere credenti anche senza mai porsi o persino negando il pensiero dell’aldilà.

Perché è di fede nell’uomo e nella donna che io parlo, di fede nella vita, di fede in questa nostra storia che tante, troppe volte appare insensata e allo sbando, di fede, per l’appunto, nel valore delle nostre azioni, specie se poco gridate e affidate al muto sacrificio di ogni giorno.

Facile ora chiamare in causa il miracolo di una mamma che rimane tale e genera fino a cent’anni e oltre, di un ragazzo dell’acqua che fa il suo, anche se nessuno gli batte le mani, degli “eroi” non per caso, ma ignoti, capaci di attraversare e sostenere il terribile quotidiano.

E chi li vede? Solo chi ha fede. E ripeto: chi ha fede in questo mondo e in questo tempo.

Anche se tanti sono e restano scettici. Per tanti il mondo non cambia mai e, se cambia, lo fa solo in peggio.

Io? Io credo nei miracoli. Per me una fede “abbastanza” non è fede: o ci si butta nella mischia e si gioca fino alla fine la propria parte o ciò che spacciamo per sano convincimento è solo scetticismo mascherato.

Quando non è micropsichia: e, in tal caso, assume i tratti di qualcosa di molto brutto.

Albert Camus: «Ho sempre pensato che se l’uomo che nutre qualche speranza sulla condizione umana è un folle, colui che dispera degli avvenimenti è un vile».

Henry Miller: «La nostra meta non è mai un luogo, ma un nuovo modo di vedere le cose».

Matisse: «Ci sono sempre fiori per coloro che vogliono vederli».


FontePhotocredits: Paolo Farina
Articolo precedenteGiuseppina Strummiello al Festival della Filosofia
Articolo successivoChiedere è lecito…
La mia fortuna? Il dono di tanto amore che, senza meriti, ricevo e, in minima parte, provo a restituire. Conscio del limite, certo della mia ignoranza, non sono mai in pace. Vivo tormentato da desideri, sempre e comunque: di imparare, di vedere, di sentire; di viaggiare, di leggere, di esperire. Di gustare. Di stringere. Di abbracciare. Un po’ come Odysseo, più invecchio e più ho sete e fame insaziabili, che mi spingono a correre, consapevole che c’è troppo da scoprire e troppo poco tempo per farlo. Il Tutto mi asseta. Amo la terra di Nessuno: quella che pochi frequentano, quella esplorata dall’eroe di Omero, ma anche di Dante e di Saba. Essere il Direttore di "Odysseo"? Un onore che nemmeno in sogno avrei osato immaginare...

4 COMMENTI

  1. Un inno alla vita queste parole. Credere e buttarsi a capofitto nella vita vuol dire sperimentare accanto alle immancabili sconfitte ciò che di più bello abbiamo: il gioire delle piccole cose, il cullarsi nel caldo abbraccio di relazioni umane sane e imprenscindibili, il sogno di godere di tutto con occhi nuovi e liberi dal velo fatto di tristezza, di delusioni cocenti e di chiusura che porta alla morte dell’anima.

  2. Sono in sintonia “molto”. Per me è tutto un Miracolo compreso la capacità/scelta di percepirlo/riconoscerlo che altrettanto l’incapacità/scelta (grandissimo miracolo della libertà/amore) di non riconoscerlo/negarlo ……anzi direi che questa specie di contraddizione/dicotomia aggiunge, completa e fa brillare d’intensità e completezza il Miracolo/espressione/messaggio/movimento/vibrazione…….

    • Assolutamente d’accordo! Simone Weil scriveva che è attraverso la contraddizione che si “tocca” la verità come con i due bracci di una pinza si tocca il reale…

Comments are closed.