Lunedì 29 febbraio, ore 19.00, presso l’auditorium del Liceo Scientifico “R. Nuzzi”, in via Cinzio Violante. Tema della serata: “Per un dialogo tra voci plurali, in tempo di emergenza antropologica”.
Beppe Vacca è una voce storica e autorevole della sinistra italiana. E oggi è una delle voci che Fabio Martini, su La Stampa ha definito in termini di “familismo rosso”, una vera e propria “resistenza di sinistra” a suo avviso “spiazzante” e “inattesa”.
A dire il vero, Vacca non sarebbe il solo esponente di sinistra a sostenere che chi ha aderito al “Family day” non può essere tout-court bollato come cattolico-reazionario e nostalgico del Medioevo. Del resto, non tutti sanno che l’inserimento dell’aggettivo “naturale” nell’art. 29 della Costituzione fu proposto non dai cattolici, che anzi l’osteggiarono, scorgendovi una sorta di “deminutio capitis” dei diritti della famiglia; quella proposta venne piuttosto da un laico davvero al di sopra di ogni sospetto, l’on. Palmiro Togliatti, leader storico del PCI e Segretario Generale del Partito per oltre trent’anni.
Oggi, sulle stesse posizioni di Beppe Vacca, ricorda ancora Martini, troviamo nomi come Mario Tronti e Vannino Chiti, due dei trenta senatori PD, non tutti catto-dem, che hanno firmato una mozione per dire no alla stepchild adoption. O femministe della prima ora, e laiche, come Dacia Maraini e Livia Turco, insieme con l’intero movimento di “Se non ora quando” e insieme alle donne di Gi.U.Li.A , la rete nazionale delle giornaliste unite libere autonome, tutte firmatarie, insieme a molte altre, di un appello contro l’utero affitto. Vi si legge: «Noi rifiutiamo di considerare la “maternità surrogata” un atto di libertà o di amore. In Italia è vietata, ma nel mondo in cui viviamo l’altrove è qui: “committenti” italiani possono trovare in altri paesi una donna che “porti” un figlio per loro. Non possiamo accettare, solo perché la tecnica lo rende possibile, e in nome di presunti diritti individuali, che le donne tornino a essere oggetti a disposizione: non più del patriarca ma del mercato. Vogliamo che la maternità surrogata sia messa al bando. […] I bambini non sono cose da vendere o da “donare”. Se vengono programmaticamente scissi dalla storia che li ha portati alla luce e che comunque è la loro, i bambini diventano merce. Siamo favorevoli al pieno riconoscimento dei diritti civili per lesbiche e gay, ma diciamo a tutti, anche agli eterosessuali: il desiderio di figli non può diventare un diritto da affermare a ogni costo».
Dunque, un dibattito su questioni radicali e fondanti, quello che sta attraversando in questo momento la società italiana in tema di diritti civili, di diritti di unioni civili e di adozioni omogenitoriali. Un dibattito portato quanto mai alla luce dalle polemiche che hanno accompagnato, sin dalla sua origine, il decreto Cirinnà, ma che, non v’è dubbio, viene prima e va ben oltre il medesimo decreto. Un dibattito che tocca tutti, ogni donna e ogni uomo innamorati dell’umanità. E a prescindere dal loro credo e dalla loro ideologia, proprio in quanto si tratta di un dibattito su questioni da “prima radice”, per servirsi di un titolo famoso con cui Franco Fortini tradusse L’enrecinemt, la bozza di costituzione francese scritta da Simone Weil, per volere di De Gaulle, pubblicata postuma da Camus e fondata sul cardine non dei “diritti”, ma delle “obbligazioni” verso ogni essere umano: in quanto essere all’interno di una società, e non mero individuo.
Un’occasione utile per riflettere, ascoltare e confrontarsi su questi temi sarà data, a quanti vivono ad Andria e dintorni, il prossimo lunedì 29 febbraio, alle ore 19. Ospite dell’auditorium del Liceo Scientifico “R. Nuzzi”, Beppe Vacca proporrà un intervento dal tema: “Per un dialogo tra voci plurali in tempo di emergenza antropologica”. Dialogherà con lui il giornalista Antonio Del Giudice, firma storica de L’unità, Paese Sera, La Repubblica.
L’evento è pubblico e aperto a quanti desiderano ricercare la via del dialogo piuttosto che quella della contrapposizione.
Perché quando si parla di diritti umani, è bello essere “per”, senza per questo dover essere “contro”. Perché tutti stiamo “da una parte”, senza per questo dover necessariamente essere “di parte”.