In memoria di Saverio Sgarra
Un uomo buono, una persona pacata, un intellettuale acuto, un professionista serio, una persona integra, un compagno di tante battaglie che, quando apriva boccava, toccava ascoltare con molta attenzione perché il suo parere non era mai banale: voglio ricordare così il mio amico Saverio Sgarra, il medico che tutti abbiamo apprezzato, il vicepresidente nazionale del MEIC, il credente della soglia sempre pronto a sporcarsi le mani piuttosto che a tenerle pulite in tasca.
Soprattutto, voglio ricordare Saverio con le parole raccolte dalla voce di suo figlio Luca, davanti alla sua stessa salma, ora che mi ci sono recato per porgere l’estremo saluto: «Papà veniva da origini umili, era il figlio di un calzolaio e non aveva perso il legame con le sue radici. Non sapeva cosa fosse un orologio di marca o un’auto costosa. Aveva, però, il senso della sua dignità. Dignità. E sapeva ascoltare. La sua era sempre una parola meditata. Spesso ci diceva: “Ci devo pensare, ci devo dormire su e poi vi dirò…”. Ecco, le persone di valore, quello il cui valore non è dato dai titoli, ma dal riconoscimento che le altre persone danno loro, sono persone che sanno ascoltare. Papà sapeva ascoltare. Ed io sono stato un figlio fortunato, fortunato, fortunato…».
Sì, Saverio era una persona di valore. Che ci mancherà. E che pure resterà con noi. Perché anche noi abbiamo avuto la fortuna di conoscerlo e di imparare dal suo esempio, dalla sua parola prima ruminata e poi incarnata.
Grazie, Saverio. Grazie, amico mio. Che il tuo volo sia leggero.