
PER CAMBIARE ATTEGGIAMENTO
La Festa della Donna è una di quelle ricorrenze più amate dalla nostra società, che affonda le sue radici nel tragico evento del 1908 quando in un’industria di New York 123 donne rimasero vittime di un incendio che era scoppiato nei locali. Nel corso del secolo scorso il protagonismo femminista ha conosciuto un’impennata cruciale e ha portato le donne a raggiungere importamti conquiste sociali.
Nel mondo, tuttavia, resta il divario tra uomini e donne ed è marcato soprattutto nei paesi in via di sviluppo e in quelli dove esiste una forte presenza di integralismo religioso.
Il Women Peace and Security Index misura l’indice di inclusione, giustizia e sicurezza delle donne in 170 paesi. Questa rilevazione è arrivata alla terza edizione e ha mostrato che c’è stato un rallentamento nel riconoscimento dei diritti in favore delle donne e un aumento delle disparità di genere. Secondo i dati del WPS la Norvegia, che patrocina anche il fondo, risulterebbe al primo posto nel mondo per le politiche di inclusione, sicurezza e pace delle donne, seguita da Filandia, Islanda e Danimarca. A rompere l’egemonia scandinava ci sono Lussemburgo e Svizzera, che precedono Svezia, Austria, Regno Unito e Olanda, che chiudono così la Top Ten.
Il primo paese non europeo a comparire nella graduatoria è il Canada, mentre la Spagna è il primo del sud Europa. Sorprende la presenza di Singapore nei primi venti posti, da cui resta fuori il paese araldo della democrazia, gli Stati Uniti, collocatisi dietro la piccola Estonia. Belgio, Lettonia, Emirati Arabi Uniti (!), Croazia e Israele sono davanti al nostro paese che chiude al 28esimo posto. Curiosando ancora tra la lista dei paesi, esempi, per così, dire piu virtuosi in Sudamerica sono Uruguay (48) e Argentina (49); il primo paese africano è il Ruanda (66) che ha lo stesso indice del più avanzato Sudafrica. I paesi BRICS, si collocano così nell’ordine: Brasile (80), Russia (53), India (148) e Cina (89). L’Iran delle proteste femministe si colloca al 125esimo posto, mentre l’Afghanistan chiude mestamente al 170 posto.
All’interno del sito è possibile fare il focus su un determinato paese, così abbiamo analizzato l’Italia su alcuni punti focali. Su un rank massimo di 15 punti, l’indice di scolarizzazione femminile in Italia fa segnare un punteggio di 10.2 rispetto al 13.9 della capofila Germania.
L’occupazione delle donne dai 25 anni in su in Italia è al 38% , non molto lontana dal fanalino di coda, la Grecia (37,1%) , distante dal 64,2 % dell’Islanda, un dato che apre una profonda e triste riflessione sulle politiche di inclusione attuate dal nostro paese. Molto spesso, è difficile per una donna far conciliare la carriera lavorativa con la famiglia. Le donne in Italia vengono poste di fronte a un diaboloco aut aut: soddisfare le proprie aspirazioni, gli interessi e il bagaglio formativo ed educativo acquisito negli anni, oppure buttarsi a capofitto nelle dinamiche familiari, che spesso risultano pesanti, faticose e piene di tensioni a causa del l’insoddisfazione di tante che non hanno nemmeno un adeguato aiuto da parte del contesto sociale in cui vivono e del Werfare nazionale. E quando si ha la fortuna di essere madri e lavoratrici, bisogna fare salti mortali per gestire la propria vita, soprattutto quando arrivano i bambini. Non solo, in particolare dalle nostre parti, questa dicotomia di scelte si nutre della cultura retrograda di una generazione di donne che si sono sposate da subito e che hanno vissuto la loro vita con la prospettiva di crescere figli e di fare le casalinghe per sempre e che, purtroppo, non capiscono l’importanza della realizzazione personale di una donna del XXI secolo.
Tra i dati positivi, nei quali le politiche sociali hanno dato il loro effetto, troviamo l’inclusione finanziaria delle donne, una percentuale altissima di loro che utilizza il cellulare e una buona quota di seggi parlamentari occupati dal gentil sesso.
Parlando di sicurezza, il dato che fa pensare è quello della cosiddetta violenza domestica. Il 4% delle donne ha subito una violenza dal proprio partner negli ultimi 12 mesi, peggio ha fatto sorprendentemente la Finlandia (8%), davanti a tutti invece si colloca la Svizzera (2%). Non bisogna però finire di lottare perché, seppur basso in apparenza, l’indice rivela al contrario una realtà spesso sommersa e tristemente taciuta dalle vittime, che sovente non riescono a reagire e a chiedere aiuto.
Molto c’è da fare da parte di tutti e soprattutto, parlando dalla loro parte, dagli uomini che spesso hanno la prerogativa su tutto e su ogni aspetto delle dinamiche sociali. Non solo, spesso noi uomini dimentichiamo quelle che sono le vere esigenze delle nostre donne e pretendiamo di possedere il controllo dell’economia, della loro sessualità e dei loro interessi. I dati del WPS mostrano che ancora tanto va fatto e che non si dovrebbe nemmeno arrivare al punto di stilare graduatorie per quello che purtroppo è avvertito come un problema, un problema che colpisce la nostra stessa natura di essere umani, la nostra alterità, la nostra identità.
Mi fa ridere quando, sul mio posto di lavoro, dove sono in netta minoranza, viene usato l’odioso plurale majestatis a scapito della maggioranza che da parte sua dovrebbe abbattere questi muri, con più coraggio e senza remore.
Abbattere dinamiche, convezioni e modi di fare: è questo il miglior ramoscello di mimosa che offro alle donne nel giorno della loro festa.