
Alex, allenatore di calcio e integrazione
A meno di un mese dall’inizio del campionato, abbiamo chiesto all’allenatore della Virtus Andria, Alex Conovici, di parlarci del fenomeno calcistico associato all’insegnamento pedagogico per i più piccoli, bambini che dovrebbero affacciarsi allo sport con spirito di divertimento e uguaglianza, sfuggendo alla logica del risultato e preferendo, invece, senso di aggregazione e princìpi di lealtà che li preparino al futuro.
Ciao, Alex. Quanta soddisfazione regala allenare i bambini?
Tanta, ma anche molta responsabilità. L’età che va dai 10 ai 15 anni è la più delicata. E’ un periodo particolare dell’adolescenza, una fase di passaggio, comunicare non è semplice ma cerco di fare del mio meglio.
Come ti comporti di fronte ad eventuali errori che i tuoi giovani calciatori potrebbero commettere?
L’errore è sempre ben accetto. Anzi, spero che sbaglino il più possibile. Solo attraverso l’errore, infatti, potrebbero affinarsi qualità tecniche e morali, la loro prestazione in campo e nella vita crescerebbe in consapevolezza e acquisirebbe tutti i crismi caratteriali che formano l’uomo del domani.
Un po’ di tempo fa ho assistito, personalmente, ad una partita di pulcini. I genitori, dagli spalti, inveivano contro gli arbitri. Una scena raccapricciante…
Raccapricciante e, purtroppo, sempre più consueta. Ciascun genitore pensa che il proprio figlio sia Messi o Ronaldo. Persino durante gli allenamenti, a bordo campo, i papà dei ragazzi cercano di impartirmi lezioni di tattica…
E che fai in queste circostanze?
Non potendo rivolgermi, direttamente, a loro, per rispetto, richiamo l’attenzione dei giocatori invitandoli ad ascoltare solo le parole del coach.
A proposito di rispetto. Da rumeno, sei mai stato bersaglio di insulti razzisti?
Ahimè, molte volte. Quando allenavo la Romania Bat, e nella mia squadra militava anche mio figlio, tifosi avversari, dopo aver perso una partita, ci hanno chiamato “rumeni di merda!”
E come avete reagito tu e tuo figlio?
Siamo stati molto male ma abbiamo soprasseduto. Credo che presi singolarmente, ad uno ad uno, tutti questi leoni da stadio si trasformerebbero in vili agnellini.
Ci sono talenti locali, a tuo parere, pronti ad intraprendere una carriera di un certo livello?
Ci sarebbero, ma la localizzazione geografica di quella che considero ormai la mia città, Andria, non permette di spiccare il volo. La FIGC dovrebbe intervenire e dispiegare, sul territorio, il maggior numero di osservatori possibile. Spesso le grandi società si fanno attrarre da nomi esotici e altisonanti, dimenticando l’importanza di coltivare e far maturare talenti in casa che, magari, non hanno disponibilità economica per imporsi nel grande calcio.
Progetti futuri?
Vorrei che i miei due figli tornassero in Italia. Adesso sono in Romania e mi mancano da morire.