«Toccare il fondo, toccare la cima, toccare i limiti, toccare                                                  …per vedere se ci aprono la porta»                                                                                                                      (Raul Aceves)

E sei così: uomo, portatore di un numero di connessioni più grande di quello presente in intere costellazioni, fisiologicamente capace di usarne solo il 10%, portatore sano di una Ferrari di cui possiedi le chiavi per l’apertura e per l’accensione, ma in accelerazione hai un’inclinazione del pedale di pochissimi gradi.

Un bolide. Praticamente inutilizzato.

Ci hai impiegato seicento anni, con questa accelerazione, per creare un vero drone, partendo dal velivolo progettato alla fine del XV secolo dal genio di Leonardo da Vinci e lui, come ogni genio che probabilmente aveva accesso anche solo all’11% delle sue connessioni, lì, ad aspettarti nella tomba.

Dunque questo sei, calato in un mondo nel quale non esiste niente se non la tua immaginazione, in cui non è l’umano l’unità di misura, ma il tempo, colui che tanto passa, risolve, accentua o attutisce.

E tu?

Tu cosa puoi? Ma nulla: tramandare il tuo sapere, provare a vedere oltre le coltri di cose talmente belle dentro, da perdere il di fuori.

E tu?

Tu cosa puoi, ancora? Ammutolire davanti al cuore che ti si è rotto in due e poi, acciderboli, si è ricomposto! Come le vecchie coperte piene di toppe e cuciture di mille colori, ancora riscaldano. Hai un cuore invincibile.

E quindi, tu?

Tu puoi leggere poesie per addormentarti e puoi scoprire che sono i sogni dello stesso poeta ad usare i versi per entrarti dentro.

Tu puoi tutto: finanche accettare l’esistenza di Dio, intanto perché se non esistesse non continueresti a cercare in ogni modo di ucciderlo e poi perché, non fosse vero, non saresti capace di riconoscere le tue emozioni senza giudicarle, abbracciandole e riconoscendo che questo, ogni volta, è il tuo vero ritorno a casa.

Il 10% del tuo super potere, dunque, fa questo di te: un sognatore che presta attenzione all’inesistente e gli restituisce corpo. Sei tu: colui che spera.


FonteDesigned by Eich
Articolo precedenteAndata per vedere, ero stata vista
Articolo successivoSinergia tra azione giuridica e dimensione pastorale
Sono una frase, un verso, più raramente una cifra, che letta al contrario mantiene inalterato il suo significato. Un palindromo. Un’acca, quella che fondamentalmente è muta, si fa i fatti suoi, ma ha questa strana caratteristica di cambiare il suono alle parole; il fatto che ci sia o meno, a volte fa la differenza e quindi bisogna imparare ad usarla. Mi presento: Myriam Acca Massarelli, laureata in scienze religiose, insegnante di religione cattolica, pugliese trapiantata da pochissimo nel più profondo nord, quello da cui anche Aosta è distante, ma verso sud. In cammino, alla ricerca, non sempre serenamente, più spesso ardentemente. Assetata, ogni tanto in sosta, osservatrice deformata, incapace di dare nulla per scontato, intollerante alle regole, da sempre esausta delle formule. Non possiedo verità, non dico bugie ed ho un’idea di fondo: nonostante tutto, sempre, può valerne la pena. Ed in quel percorso, in cui il viaggio vale un milione di volte più della meta ed in cui il traguardo non è mai un luogo, talvolta, ho imparato, conviene fidarsi ed affidarsi.