I prossimi 5 e 12 febbraio, presso l’Auditorium Mons. Di Donna (SS. Sacramento), la compagnia Hurricane correggerà un clamoroso errore di Carlo Collodi, il papà di Pinocchio. Papà per modo di dire, perché effettivamente questo povero Pinocchio si chiederà per tutta la vita come sia venuto al mondo. Ecco che sarà costretto a migrare di fiaba in fiaba, sbarcando, ante litteram, nei porti dell’accoglienza di principesse disinibite e re gelosi. “Un Burattino tra le favole” celebra il centenario Disney con un’avventura che ci farà ridere a crepapelle, doppi sensi ed un’unica grande morale: le bugie hanno le gambe corte! A parlarcene è il protagonista ed autore, Vincenzo Tondolo.
Ciao, Vincenzo. Seppur in forma parodistica, che messaggio intende lanciare “Un Burattino tra le favole?”
Posso dire che “non ci sono più le favole di una volta”. Le nuove generazioni non sono interessate alle favole, hanno nuovi interessi che, come sempre, non sono in linea con quelli della nostra epoca. Questa volta proviamo a condividere con loro le favole che ci hanno raccontato da piccoli e farle conoscere ai più giovani che verranno a vederci, naturalmente con qualche modifica. Infatti il sotto titolo è “le favole dei più piccoli raccontata ai più grandi”, perchè dopo la famosa frase “e vissero felici e contenti”, noi racconteremo tutti gli sviluppi successivi.
Quali nuovi elementi aggiunge questa rappresentazione alle precedenti della Compagnia Hurricane?
Ogni volta, involontariamente, si inseriscono negli spettacoli pezzi di vita moderna. Questa volta si parla anche di nuove famiglie che si creano. Oggi ci accorgiamo che l’amore ha colori e forme diverse da quelle che ci hanno raccontato da piccoli. Noi continueremo a giocare con tutto quello che ci circonda, con tutto ciò che dà fastidio, con nuovi modelli di vita. Naturalmente, grazie ai ragazzi che ci accompagnano in questa avventura, cerchiamo di dare il massimo nel rappresentare i vari personaggi, perche’ ognuno di loro ha delle qualità che tira fuori nello spettacolo: dall’entusiasmo di stare sul palco, dal recitato al canto e al ballo. Questa volta abbiamo molte carte da giocare per far divertire i nostri spettatori e soprattutto per costruire le prossime storie.
A tuo parere, il vernacolo è uno strumento utile al mantenimento della cultura popolare?
Il vernacolo è parte della nostra cultura, e più passa il tempo, più ci si rende conto che stiamo perdendo valori delle nostre tradizioni. Le domande nascono spontanee: E’ giusto dimenticare le tradizioni per la modernità? Giusto mescolare e fare paragoni? Giusto usare termini che i nostri nonni hanno usato e che non utilizziamo più? Non so cosa sia giusto o meno, però posso dire che cerchiamo di rendere “leggibile” una storia classica. Come gli chef che rivisitano dei piatti della loro tradizione, aggiungendo nuovi ingredienti, noi aggiungiamo alle storie del passato qualcosa del presente.