L’unica possibilità, che abbiamo è quella di riunirci come comunità, dal basso. Serve l’amor di patria, ma ancora di più serve l’amore disinteressato per l’altro. Serve umanità…
È chiaro il disegno, il “terrorismo” ci vuole rubare la nostra felicità. Un attentato a Barcellona, capitale europea di storia, commercio e cultura. Un attentato nei giorni con più affluenza turistica, dove a passeggiare spensierati ci sono uomini, donne e bambini di tutto il mondo, perché ciò che il terrorismo vuole colpire è la democrazia globalizzata.
È vero la globalizzazione sfida la democrazia, la mina perché rende liquido lo Stato e i suoi poteri, lo decentralizza dalla sua Autorità, ma da circa 60 anni è la via, che l’Europa ha scelto per continuare ad essere nella storia culla di civiltà e illuminati. Qualcuno ancora lo chiama sogno europeo: integrazione sociale, responsabilità collettiva e sviluppo sostenibile.
Occorre creare in Europa istituzioni federali e sovranazionali per incarnare quei valori nella realtà e farli valere sulla scena del mondo con quella autorità che solo una “comunità federale” può avere. Tutto il resto “significa ben poco.” Queste le dichiarazioni di Papa Francesco rilasciate al giornale Repubblica.
Ma oggi i potenti della terra, cosa fanno? Girano con maschere comiche, sporche di sangue e soldi unti di corruzione e malaffare. È difficile comprendere come il fenomeno del terrorismo islamico non venga vinto dai potenti della terra, quando le grandi Nazioni investono in maniera vertiginosa nelle industrie belliche costruendo basi e arsenali pieni zeppi di armi di ultima generazione pronte ad esplodere da un momento all’altro.
Serve davvero che parta dal basso una protesta civile di indignazione generale, nei confronti di questo sistema subdolo, che vuole minare la nostra quotidianità. Non possiamo abituarci in quanto cittadini europei a questo orrore disumano, che inizia dai governanti incapaci e collusi di trovare soluzioni alternative alla guerra e all’odio e finisce con movimenti religiosi fondamentalisti, che non vogliono dialogare.
L’unica possibilità, che abbiamo è quella di riunirci come comunità e ricostruire la nostra umanità, dal basso, dalle radici della nostra anima, intessuta di sentimenti profondi. Serve l’amor di patria, ma ancora di più serve l’amore disinteressato per l’altro, per il diverso, lo straniero. Sono i sentimenti, che svelano ancora e sempre la voglia di lottare per la pace, per il dialogo, per il futuro.
Non possiamo dimenticare che siamo umani intrisi da un groviglio di emozioni, relazioni e ansie tali da renderci vulnerabili davanti a questo spettacolo di terrore e paura. In questo, l’umanità rimane ancora la più grande frontiera a cui dobbiamo approdare e poi attraccare per vincere le onde dell’odio, della violenza e della guerra e costruire in divenire la pòlis della reciprocità e delle differenze.