Morti e risorti in Cristo
Nel magnifico testo di Medellín, papa Giovanni XXXIII chiedeva ai fedeli “di presentare sempre più nitido il volto di una chiesa autenticamente povera, missionaria e pasquale, svincolata da ogni potere temporale e coraggiosamente impegnata nella liberazione di tutto l’uomo e di tutti gli uomini”.
Questa riflessione ci richiede con forza di diventare cristiani coraggiosi come lo è stato Cristo per noi, che ha sfidato ogni potere, compreso quello naturale della morte, con la certezza di essere Figlio di Dio e rinascere ogni giorno, per illuminare chi è nel bisogno, chi è nella sofferenza, chi è nella solitudine.
La Pasqua significa proprio questo: attraversare il dolore esistenziale e stare sulla soglia per accogliere la propria vita e quella dell’Altr*.
È in questo esercizio ascetico che facciamo esperienza della primizia dello Spirito quale annunciatore di Vita risorta e liberata da ogni limite umano.
Essere crocifissi non ci deve fare paura perché la Chiesa è nata dal martirio di Cristo e i cristiani non devono temere le logiche di questo mondo malato di egoismo e protagonismo, ma devono testimoniare la loro Luce per una umanità fraterna e pacificata.
La risurrezione di Gesù Cristo è piena di speranza e non c’è nulla che non possa cambiare e trasfigurarsi. Tutto e tutti possono avere un nuovo inizio e ogni dolore che schiaccia, opprime e mette in ‘croce’ l’umanità può guarire e diventare libertà, verità, giustizia e Vita risorta.