Ritorna la Giornata Mondiale contro la violenza sulle donne, ma i femminicidi restano e in Turchia si vorrebbe che gli stupratori sposassero le loro vittime…
Noi di Odysseo ci siamo occupati più volte del fenomeno delle spose bambine e degli abusi sui minori e non potevamo far passare inosservata la proposta di legge che in Turchia il partito conservatore, di ispirazione religiosa, del presidente Erdogan ha presentato in Parlamento per concedere una sorta di amnistia a quanti, colpevoli di reati sessuali su minorenni consenzienti, avessero accettato di convolare a nozze con le loro vittime.
Inutile sottolineare che la proposta ha suscitato forti reazioni di dissenso in tutto il mondo, dalle donne turche scese nelle piazze con le mani decorate per gridare la loro indignazione, al parlamento stesso, all’Onu. Indignazione tanto più forte se si ricorda che proprio la Turchia è tra i paesi che avevano ratificato la Convenzione sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica. La convenzione era stata siglata – ironia della sorte – proprio a Istanbul dal Consiglio d’Europa nel 2011.
Il governo ha tentato di spiegare le ragioni del suo provvedimento: l’obiettivo è riabilitare giovani che hanno avuto rapporti fuori del matrimonio sotto l’età del consenso o quanti dichiarano di non essere al corrente dell’età della donna – nella maggior parte dei casi minorenne – al momento del rapporto.
Sembra un maldestro tentativo, quello del governo turco, di volersi arrampicare sugli specchi per dare una parvenza di giustificazione ad una proposta che fa seguito all’annullamento, già a luglio, di una norma del codice penale che puniva come “abuso sessuale” qualunque atto sessuale che coinvolgesse un minore di 15 anni. Non si dimentichi che anche l’Islam condanna lo stupro come peccato.
È evidente l’intenzione di legalizzare lo stupro e i matrimoni precoci. Il codice civile in Turchia fissa a 17 anni l’età legale per il matrimonio, ma il fenomeno delle spose bambine, soprattutto nelle zone rurali, dove i padri danno in moglie le proprie figlie in cambio di una dote, secondo un rito religioso non riconosciuto legalmente, è una realtà in questo paese; anzi, nonostante la legge, la Turchia è prima in Europa e terza al mondo secondo i dati del Tuik, l’istituto statistico turco, per il numero di matrimoni precoci.
Forse perché presentato in concomitanza con le giornate internazionali per i diritti dell’infanzia – il 20 novembre – e della violenza sulle donne – il 25 novembre – e sicuramente per le violente reazioni suscitate, il governo turco ha fatto dietro front e ha ritirato la proposta di legge.
Inutile ribadire che quello della violenza sulle donne è un tema che va affrontato con un approccio su più fronti: le leggi non bastano come dimostra l’esempio della Turchia e, d’altra parte, anche in Italia i casi di femminicidio sono all’ordine del giorno, segno che la legge non è un deterrente sufficiente. Il problema è ben più profondo, e va fatto risalire al nuovo ruolo che la donna ha assunto nella società: la donna si è ripresa gli spazi che le spettano di diritto in una società maschilista, esautorando l’uomo. E questo l’uomo non lo ha accettato, con le conseguenze che tutti conosciamo.
Da più parti si propongono soluzioni, ma forse in pochi hanno pensato a colpire gli uomini nel loro punto debole: il sesso. Uno sciopero del sesso da parte delle donne. Lo avevano messo in atto le donne greche nella commedia Lisistrata di Aristofane, pur di convincere i loro uomini a scegliere la pace invece che la guerra, e lo hanno riproposto le donne turche nel 2013 proprio come forma di protesta contro la violenza sulle donne: The woman power!
Tentar non nuoce.