
La Coop. Trifoglio scrive al Comune di Andria, ma non ottiene risposta. Odysseo sceglie di dar voce agli operatori della Cooperativa: perché si può tagliare su tutto, ma non sulla dignità delle persone, siano essi lavoratori o soggetti bisognosi di assistenza. L’articolo è lungo, ma ne consigliamo la lettura fino in fondo…
Pubblichiamo una serie di messaggi che gli operatori della Coop. Trifoglio hanno mandato in risposta ad una nota della loro presidente, Agnese Calandrino, che chiedeva loro di raccontare, visto la situazione che vivono, i loro sogni, l’impegno, le difficoltà…
“Si potrebbe star qui a raccontare della rabbia che si prova a lavorare e veder non riconosciuto il proprio impegno e la dedizione e professionalità che ognuno mette nel proprio lavoro. O della disperazione di non avere soldi per comprare un vestito nuovo ai propri figli, o per prenotare una visita medica, perché si, anche quella deve attendere tempi migliori. Succede che non sempre puoi permetterti di star male. Si potrebbe raccontare di quando la bambina che segui deve andare in gita e non ha i soldi per andarci e neppure tu, e allora chiedi a tuo padre se ti può dare quei dieci euro che servono a dare un po’ di felicità a te e a lei. Ma queste e altre sono tutte storie già sentite e che ormai rientrano nella nostra quotidianità. E non basterebbero mille giorni o mille fogli a raccontarle tutte. Resta però una considerazione su tutte. Nessun disavanzo di cassa, nessun taglio ministeriale, nessuna delle innumerevoli scuse accampate ne tantomeno i nostri soldi in ostaggio ci risarciranno della vita e della serenità che ci è stata tolta in questi anni. Ci sono delle responsabilità da cui non si può prescindere anche se si fa di tutto per disconoscerle” (Marcella Nocera, tutor/assistente educativa).
“Io sinceramente avrei tante cose da dire, però io con le parole non sono molto bravo/a… ti dico solo che questa situazione adesso è diventata insostenibile perché per me è difficile progettare un futuro, progettare qualsiasi cosa e sinceramente quello del mio futuro sta diventando un ‘ossessione e non mi fa star tranquillo/a per niente, a maggior ragione se poi intorno a me tutti quanti riescono a raggiungere l’obiettivo. Ogni giorno quando scendo di casa e vado a lavorare mi sento un/una fallito/a, se vorrai scrivere queste dichiarazioni preferirei rimanere anonimo/a: non è bello poi leggere l’articolo e per la propria famiglia vedere il proprio figlio/a che si reputa un/una fallito/a” (Operatore/operatrice socio sanitario con il sogno di metter su famiglia).
“Io amo il mio lavoro, amo i miei bambini ed ho trovato un ambiente lavorativo fatto di gente per bene che lavora onestamente e che non merita di essere trattata così, come se quello che fa tutti i giorni non abbia nessun riconoscimento o, peggio ancora, non sia degno di essere riconosciuto. Per questo oggi siamo pronti a dire BASTA! Siamo stanchi! Non abbiamo più la forza o serenità di affrontare tutte le mattine un’altra giornata, senza stipendi, e non vogliamo più permettere che ciò accada, per questo abbiamo deciso di fermarci, per protesta, per combattere o anche solo perché lo riteniamo l’unico modo affinché si compia un vero cambiamento di rotta. Il sindaco ‘deve’ far fronte a questa emergenza. Non può girarsi dall’altra parte, come se le cooperative sociali non esistessero, salvo vantarsi delle buone politiche sociali del Comune di Andria caratterizzate solo ormai da tagli e mancati pagamenti. Lavorare nel sociale è una cosa meravigliosa, ma a livello sociale non ci è garantito ciò che ci spetta, sì, perché questa è ‘una questione sociale’, oggi come ieri, oggi più di ieri. Non riguarda solo noi operatori o i nostri utenti, ma riguarda nello specifico i nostri bambini, le nostre famiglie e l’intera cittadinanza. Il lavoro nobilita l’uomo, ma è vero anche che lo mobilita a fare ciò che in suo dovere per preservarlo. E che Dio ce la mandi buona!” (Minerva Francesca, sociologa tutor minori assistenza domiciliare educativa/ assistente educativa specialistica).
“Caro Giorgino…, voglio che sappia un po’ del nostro lavoro, forse non immagina nemmeno quello che facciamo: tutte le mattine noi ci alziamo per svolgere al meglio il nostro impegno, verso noi e gli altri, ormai non si tratta più di una cosa che ci viene imposta, ma ogni santa mattina ci parte dal cuore alzarci e aiutare chi ha bisogno, ormai, per noi, non è più lavorare ma dare quel pizzico di felicità o sollievo a chi ci aspetta. Mi dispiace dirlo, purtroppo, c’è chi in tutto questo si è approfittato di noi” (Tonia Fusiello, operatrice assistenza domiciliare anziani).
“La situazione è diventata insostenibile. Il lavoro che faccio lo svolgo con amore ma a ‘sperare’ che ogni mese arrivi lo stipendio non se ne può più!! Ora basta!! Ho una dignità e deve essere rispettata come quella di tante mie colleghe” (Katia Moschetta, oss centro polivalente disabili, assistente educativa).
“In questo pensiero vorrei esaltare la figura dell’operatore, parola estranea agli occhi di tanta gente che non ne conosce realmente il significato. ogni singola lettera ha un significato: Operare,Passione,Esperienza,Responsabilità,Amore,Tolleranza,Organizzazione,Razionalità,Empatia. Questo portiamo ogni giorno nelle case dei nostri utenti, gente in difficoltà, sola, che ha problemi a livello fisico e mentale. Ci aspettano ogni giorno, per far si che tale servizio renda il loro disagio meno ripugnante. E poi cosa succede? Ritardi su ritardi nei pagamenti, operatori che nonostante tutto continuano a prestare assistenza fatta di amore, passione e devozione. Adesso mi dica lei, Amministrazione Comunale, possiamo ancora noi sopportare tutto questo? La situazione è insostenibile, prendetene atto” (Agnese Patruno oss assistenza domiciliare anziani e disabili).
“E poi ci sono quei momenti di scoramento, dove magari ti alzi e pensi che oggi non sarai in grado di far bene il tuo lavoro… perché è così… chi lavora nel sociale ogni giorno lo mette in conto. Un operatore può trovarsi di fronte a tutto. A nuove emozioni, a nuovi conflitti, a gestire le proprie e le ansie altrui, a mediare continuamente per indicare una nuova strategia educativa. Ogni giorno ti alzi con l’idea di dover dare un nuovo mattoncino nelle mani di quei ragazzi che vedono in te un punto di riferimento un punto da cui partire ogni giorno per costruire la loro anima e magari chissà la loro indipendenza. Perché noi lavoriamo con le PERSONE, e non con pacchi postali, lavoriamo con le EMOZIONI e non con pratiche burocratiche, perché noi lavoriamo con il DISAGIO e non con i faldoni di scartoffie. Entriamo nelle case in punta di piedi, abbiamo compiti ardui in alcuni casi ma cerchiamo sempre di non venir meno ai nostri compiti… mai venir meno al nostro CUORE. Perché sì, in questo lavoro bisogna mettere il cuore, tanto cuore, un mix perfetto tra razionalità e passione, tra relazione ed emozione, senza pensare di risolvere tutto in poco tempo o stravolgere le vite delle persone, ma pensando di aiutarle in ogni momento, di provar a dar loro degli strumenti in mano che poi magari chissà un giorno potranno utilizzare per loro per gli altri. Dedicato a tutti quegli operatori che non mollano mai” (Stefano Mariano, tutor disabili, assistente educativo specialistica, volontario clowndottore).
“Io non ho sogni né voglio filosofeggiare sul perché il diritto alla retribuzione non è garantito a causa dei cattivi politicanti. Né faccio mai pressione alla mia cooperativa per questa ragione. Resta impegno, fatica e sacrificio. Scusami se non ho scritto prima, ma sinceramente mi manca l‘ispirazione e francamente credo che fondamentalmente al sindaco e ai suoi non freghi nulla né di noi persone operatori né delle persone a cui noi forniamo aiuto. Forse perché non ha la sensibilità umana, ma solo l’arroganza da avvocato. Non confondiamo il diritto alla retribuzione con la speranza della retribuzione” (Mary Hellen Brunetti educatrice domiciliare / assistente educativa scolastica).
“Dedicare tempo e lavorare con passione questo mi fa essere un operatore. Portare il sorriso ed il sollievo nelle case è l’unica gratificazione che abbiamo. Se si poteva vivere solo di amore per quello che riceviamo nel nostro lavoro, saremmo ricchi, ma purtroppo la realtà non è questa e io continuo a sacrificarmi per chi?? Allora mi domando se è giusto togliere tempo alla mia famiglia, per ‘portare alto il nome’ di un ‘servizio comunale’ che mi fa vivere grossi disagi… Basta, siamo stanche e vogliamo i nostri diritti” (Annamaria Moschetta, oss assistenza domiciliare anziani e disabili, assistente educativa specialistica).
“La retribuzione deve essere proporzionata al lavoro svolto e sufficiente ad assicurare al lavoratore e alla sua famiglia un’esistenza libera e dignitosa: …mi chiedo se sia più dignitosa la situazione che viviamo noi o quella dei nostri utenti… a volte, facendo del sarcasmo tra colleghe, ci rendiamo conto che le nostre famiglie, quelle degli ‘ultimi’, guadagnano più di noi!! Forse noi godiamo di un senso di libertà che ci fa scegliere ogni giorno la professionalità, la perseveranza, l’altruismo ed il sorriso… ma nessuno, se non noi stessi, si accorge che quel sorriso è mutato!! Troppi mesi, anni, speranze, sogni affidati a chi non sa cosa significhi avere fiducia nell’altro, nella parola data, nella speranza di futuro realizzabile con la stessa dignità di tutti i cittadini/lavoratori liberi! Inevitabilmente il lavoro si intreccia con gli aspetti della vita personale di ciascuno di noi e purtroppo condiziona la qualità della vita che hai scelto di avere. La mia storia personale mi ha reso libera di poter scegliere di trasferirmi in una regione bellissima, che mi ha adottata con amore e con calore, questa città invece mi sta togliendo la possibilità di poter immaginare un futuro sereno” (Roberta Barbaccia, educatrice specializzata in linguaggio LISS, assistenza educativa domiciliare, assistenza scolastica).
“Chiusura dei servizi, come dire ‘chiudiamo i rubinetti’ proprio quando avremmo bisogno di ‘irrigare deserti’. Tempo di vacanze, libero e agognato dai ragazzi tutto l’anno, ma povero per le logiche (le solite) economiche che calpesta noi e i sogni. Ognuno di noi può domandarsi se oggi sia stata decretata o sia inevitabile la fine dei sogni, quei sogni che in realtà non sono sogni, ma ideali, valori, bene profondo, auspicato per i nostri ragazzi. La lotta alla dispersione per cui lavoriamo tutto l’anno viene ‘rispedita al mittente’. Sviluppo di legami di appartenenza, fiducia negli altri, senso civico, autodeterminazione, inclusione, integrazione, ‘chiedono il conto’ agli educatori ed operatori, che ce la mettono tutta per servirle ai ragazzi come ‘portate’ da consumare nella loro vita… ma questo conto chi lo paga? Noi operatori, in parte, che ‘offriamo’ noi stessi e la nostra professionalità, ma sicuramente lo scotto più grande è pagato dai nostri ragazzi ai quali viene tolta ’acqua” (Giuseppe Fariello, educatore minori a rischio).
“Ogni notte la stessa storia, occhi spalancati a fissare il soffitto o girovagare per casa, non è il caldo torrido, sono le miriadi di cose che mi frullano per la testa, i pensieri che non mi fanno dormire e mi tengono sveglia: assicurare gli stipendi, pagare i fornitori, riuscire a pagare i contributi del mese. Già dal primo mattino i primi messaggi: Pre’, ci sono novità? Arriva qualcosa? Qualche speranza? Io conosco i miei operatori uno ad uno, conosco le loro storie professionali e quelle private, di me si fidano, sanno che sono disponibile ad ascoltare e a cercar di risolvere i problemi, ma tutto sta diventando sempre più difficile ed impossibile, soprattutto se si tratta di garantire stipendi o risolvere questioni economiche. Da anni ormai questo mi provoca una grande sofferenza! È una questione di dignità umana. Perché noi operatori dobbiamo chiedere ciò che è dovuto? Perché, nonostante si lavori, sono negati i sogni, quello di mettere su famiglia, comprarsi una casa, fare un viaggio, un corso universitario, comprarsi un’auto? Dove sta scritto che per andare a lavorare si devono chiedere ancora i soldi della benzina ai genitori o al marito per poi sentirsi dire, ‘Stai a casa!’ Questa cooperativa l’abbiamo creata tutti insieme, investendo energie, economie, professionalità: fa parte di noi, del nostro sogno di cambiare in meglio qualcosa in questa città che amiamo e che “possediamo” dal lato meno bello quello che gli altri chiamano “ del disagio”. Per noi i nostri utenti sono volti storie affetti, Sono i nostri ragazzi, nonni, amici con disabilità, le nostre famiglie, le stesse che portiamo al mare, dal dottore, a far la spesa, al parco, a far palestra e teatro per un mondo più bello possibile. Le stesse a cui diamo pacchi alimentari, vestiario, le stesse che ci chiamano giorno e notte perché siamo il loro numero di emergenza. Ma questa presenza e professionalità è a rischio, abbiamo perso da tempo le energie, se dobbiamo fare i conti con le nostre difficoltà e veder calpestata la nostra dignità. Se tutto questo è ‘non prioritario’ per la nostra amministrazione, se tutto questo è invisibile, perché riguarda gli ‘invisibili”’ della città, noi allora ci fermiamo e cercheremo di capire in questo frangente, se qualcuno si debba accorgere di noi” (Agnese Calandrino, la pre’ della coop. Trifoglio)
Grazie per avermi parlato di voi. Con parole semplici. Che mettono a nudo i drammi vostri e di tante altre persone a cui non viene riconosciuta e garantita dignità. I miei drammi. I nostri drammi. Vi sono vicino. Domenico.