Dopo aver visto “Tre manifesti ad Ebbing, Missouri” Frances McDormand sarà, per i giurati dell’Academy, quello che la Hepburn è stata in “Colazione da Tiffany” o la Kidman in “Eyes Wilde Shut”, la consacrazione vivente di un talento strordinario

L’Oscar 2018 alla Migliore Attrice Protagonista deve spettare di diritto a lei. Premiare Frances McDormand sarebbe il giusto riconoscimento alla carriera di un’interprete che in “Tre manifesti a Ebbing, Missouri” offre una lectio magistralis sul mestiere del cinema.

Frances è Mildred, una madre che affitta gli spazi per affiggere tre manifesti e incolpare la polizia di non aver ancora trovato l’uomo che ha stuprato e ucciso sua figlia. Mildred è il laccio grigio che le cinge la fronte, una sorta di Rambo al femminile, la versione 2.0 di un personaggio tipico dei fratelli Coen, e non è un caso che la McDormand ne abbia sposato uno, Joel, più di trent’anni fa.

In questa pellicola Frances riesce nel difficile intento di associare la tradizione drammaturgica di matrice cristiana della Mater Dolorosa, alla figura della Madre Coraggio raccontata da Bertolt Brecht. Ce l’ha fatta descrivendosi attraverso lo schermo, ridisegnandosi addosso l’immagine di una donna senza angoli ma con tanti spigoli, una femmina cinica e disgustata, una paladina della giustizia che ricorre ad ogni mezzo pur di costruirsi intorno una spensierata esistenza.

Mildred prende a calci i compagni di scuola di suo figlio, appicca incendi, riserva due di picche a uomini deludenti e poveri di sentimenti.

Mildred è una guerriera di Ebbing, “nel buco del culo della provincia americana”. Non pretende di essere bella, ci tiene, invece, ad apparire ruvida e scurrile, lasciando morbidezza e gentilezza nella soffitta del ricordi, memorie di cui fa parte il suo ex marito, ingenuamente infatuatosi di un’acerba lolita.

Mildred assume fascino dalla lotta che conduce per difendere la sua prole, una maschera come quella che indosserebbero, ad esempio, Antigone ed Elettra, in una Tebe o Corinto dei giorni nostri, in uno sperduto paesino  tragicamente greco e superficialmente consumistico.

Frances McDormand sarà, per i giurati dell’Academy, quello che la Hepburn è stata in “Colazione da Tiffany” o la Kidman in “Eyes Wilde Shut”, la consacrazione vivente di un talento cresciuto dai tempi di “Fargo” e “Quasi famosi”, un talento che, in silenzio, si pone dalla parte di tutte le vittime di un’industria viziata da abusi sessuali e apparenze hollywoodiane, uno star system che, finalmente, sta cominciando a dimenticare mostri e a ricordare i veri eroi.