
Il Festival Internazionale Castel dei Mondi visto da chi ne è stato, a diverso titolo, artefice. Intervista a tre con Riccardo Carbutti, Francesco Fisfola, Luigi Del Giudice
Il Castel dei Mondi si è appena concluso, lasciando quel senso di mestizia e di vuoto che, da 21 anni, pervade la città dopo una vera e propria ubriacatura di teatro, spettacoli, laboratorio culturali, concerti e chi più ne ha, più ne metta.
Abbiamo avvicinato il Direttore Artistico del Festival, Riccardo Carbutti, il Direttore di Produzione, Francesco Fisfola, e l’ass. alla Cultura, Luigi Del Giudice, per provare a fare un primo bilancio della ventunesima edizione del Festival Internazionale Castel dei Mondi.
Riccardo, in primo luogo, “diamo i numeri”. Ci vuoi ricordare quante produzioni e quanti spettatori hanno caratterizzato la XXI edizione del Castel dei Mondi?
I Numeri: 17 spettacoli per 58 repliche complessive, di cui 2 stranieri; 2 installazioni di cui 1 straniera e 1 con sostegno alla produzione del Festival (Apnea) per 21 giorni complessivi; 3 talk di approfondimento a cura della Società Dante Alighieri di Andria; 4 concerti Off di cui 2 a cura dell’etichetta Backwards di Pasquale Lomolino; 1 Mostra figurativa presso l’Auditorium Mater Gratiae per 10 giorni complessivi; 3 progetti hanno ricevuto il sostegno alla produzione del Festival (Deadtown dei fratelli Forman, Caligola di Sinisi, Apnea project); 5 prime nazionali (Deadtown, BoO, Caligola, A selfie with the movie star, Il futuro è una trappola).

Da molti anni, in coppia con Francesco Fisfola, dirigi il Festival: come lo hai visto evolversi, di edizione in edizione?
Francesco, dietro ogni singolo evento del Castel dei Mondi, c’è un lavoro certosino di preparazione e di regia tecnica: è maggiore la fatica o la soddisfazione?
Il Castel dei mondi è un festival complesso e insidioso dal punto di vista organizzativo, ma, come dico da sempre, a mio avviso è il miglior festival di teatro italiano per la gestione degli imprevisti a costo zero.
Voglio dire che ovviamente è molto più semplice costruire una manifestazione di questa portata con budget importanti e una quota imprevisti illimitata.
Quest’affermazione mi permette di dichiarare senza tema di smentita che la soddisfazione va di pari passo con le difficoltà inevitabilmente si presentano, ma che di volta in volta vengono puntualmente risolte.
Questo personalmente mi inorgoglisce perché il lavoro di preparazione è sempre più preciso e meticoloso al punto di dover contemplare nella pianificazione del Festival ogni piccolo dettaglio, compresa la pianificazione dell’imprevisto, intendo: nella declinazione relativa all’approccio mentale ad esso che deve sempre essere positivo.
Secondo te, qual è il “core business” del Festival e quale aspetto meriterebbe, invece, di essere ulteriormente potenziato?
Il core business del Festival è il festival stesso, quello che riesce ad esprimere in termini di passione, energie positive, ricaduta sociale e di appeal nei confronti della città, in modo assolutamente trasversale dal punto di vista del target.
Il Castel dei mondi è ormai radicato nell’identità degli Andriesi, financo delle classi sociali tradizionalmente non empaticamente allineate all’idea Castel dei mondi.
Quello di cui ha sicuramente bisogno Il Festival, oggi, è di potenziare la sua vocazione nazionale ed internazionale.
C’è bisogno di esportare il brand in modo da ampliare sempre di più l’utenza e farlo diventare un Marchio con una riconoscibilità extraterritoriale che esporti con sé un intero territorio.
Ho sempre pensato che per permettere al Festival di raggiungere il suo obiettivo finale, che è senza dubbio la fruizione matura della cifra artistica dello stesso, fosse necessario prima “creare l’evento” in modo da trasformare la curiosità della gente in competenza di un pubblico maturo e consapevole.
Ecco, ci siamo riusciti molto bene qui da noi, ora è il momento di andare oltre senza paure e senza provincialissimi complessi di inferiorità.
Il Castel dei mondi è un prodotto collaudato che funziona benissimo ed è riuscito a conquistare “il tifo” della nostra gente; questo vuol dire che può funzionare ovunque.
Ass. Del Giudice, il Festival Castel dei Mondi ha avuto il merito di unire almeno su un progetto le amministrazioni comunali degli ultimi 20 anni: è segno che dove non arrivano gli uomini possono arrivare le loro idee?
Mi affascina da sempre questo racconto: “Due persone si incontrano. Ognuna ha un dollaro in tasca. Si scambiano il dollaro. Riprendono la loro strada. In tasca hanno un dollaro ciascuno. Due persone si incontrano. In testa hanno un’idea. Se la scambiano e si salutano. Riprendono la loro strada. Ognuno con in testa due idee”.
In 21 anni tanti uomini hanno contribuito ad arricchire di idee il festival che, per sua natura, riesce a rinnovarle nella tradizione mantenendo un’identità che, fortunatamente, sopravviverà ai soggetti coinvolti.
Il lavoro per ogni nuova edizione del Castel dei Mondi inizia il giorno dopo la chiusura dell’edizione in corso: può farci qualche anticipazione sull’edizione 2018? Ha già una “visione” al riguardo?
Mi piacerebbe chiudere questo “mio” primo triennio con la valorizzazione di un altro organo. Nel 2016 si è parlato di respiro facendo riferimento ai polmoni che ossigenano l’organismo Città. Nel 2017 di pensiero che accresce al meglio il senso di Città. Nel 2018 immagino si possano sublimare i concetti di emozione e sviluppo.
Certamente, alla luce di quanto maturato nei precedenti anni, ritengo vincenti le idee relative al coinvolgimento delle scuole e di spettacoli che lascino un segno urbano fortemente d’impatto per tutti i cittadini, appassionati di teatro e non.