La location è ideale per fare un salto nel passato, nella stanza del castello di Elsinore…
“Luna di sabbia”? Il titolo del libro di Martin Rua, ma anche il nome della libreria, rintanata nel centro storico di Trani, dove si incede con sguardo rapito su solide basole di pietra calcarea, mentre archi a tutto sesto e volte a vela evocano le morbide forme delle costruzioni del passato. Arrotondate. Come quelle della luna, che culla nelle umide serate con una magica aura opalescente.
Uno sguardo curioso ai libri che impreziosiscono le nude pareti calcaree. Si insinua prepotente, la tentazione di volerli leggere in un fiato tutti in una volta. Un libro ti ammalia, cattura la tua immaginazione, ti intriga per la copertina, e insieme vi accomodate ad una poltroncina, l’unica rimasta libera, intorno al tavolinetto che guarda, compiaciuto, lettori e lettrici in viaggio con l’immaginazione o concentrati mentalmente su tematiche impegnative.
Si accosta una sorridente signora, capelli ramati come la fanciulla di Renoir. Calda accoglienza, ed un sorriso smagliante contagia il tuo volto. È di ritorno poco dopo con una fresca spremuta di arancia, mentre la lettura per mano ti porta a passeggio sotto l’esplosione di bombe che piovono a grappoli su vittime inermi in tante agognate contrade del mondo.
Eccoli, anche loro in anticipo… Andrea Cramarossa, sceneggiatore e regista di False Hamlet, Opera teatrale in fa maggiore, che si ispira liberamente a Amleto di William Shakespeare (Atto III Scena I) …l’attore Federico Gobbi, …la fotografa di scena Maria Panza, e… Cristina Consiglio, docente di letteratura teatrale presso l’Università degli Studi di Bari. Manca Isabella Careccia, nelle vesti di Ofelia, artefice di una splendida interpretazione al teatro Duse a Bari.
La location è ideale per fare un salto nel passato, nella stanza del castello di Elsinore, in Danimarca, dove si svolge l’incontro tra Amleto ed Ofelia. Federico Gobbi, giacca e pantaloni rossi, alti stivali, camicia verde, una lampada da minatore sulla fronte, entra inaspettatamente in scena. Alcune battute, per spettacolarizzare il copione, (diventato anche volumetto), ribollenti di energia creativa, ed il pubblico ne rimane prepotentemente avvinto.
Fine del XV secolo. Una cronaca capita tra le mani di William Shakespeare. Il suo genio ne fa una straordinaria opera tragica, recitata in età elisabettiana in teatri aperti con attori che guardano negli occhi e spettatori rumorosamente partecipi per ore. Un’accurata messa a punto oggi, in teatri coperti, richiede anni di lavoro. Per attori decisi a mettersi seriamente in gioco costituisce un banco di prova di ampio respiro.
Ieri ed oggi. La coscienza degli spettatori viene sollecitata ad interrogarsi. A loro non vengono forniti giudizi morali né letture univoche, ma infinite possibilità interpretative. Una grande occasione, per sondare l’animo umano ed emozionarsi.
La storia è nota. Un principe danese di nome Amleto si trova coinvolto in una drammatica vicenda. Il padre, re di Danimarca, viene avvelenato da suo fratello, Claudio, per usurparne il trono, e sua madre, Gertrude, vedova, diventa la sua sposa.
A rivelargli il nome del responsabile dell’omicidio è il fantasma del defunto re, apparso alle sentinelle sugli spalti del castello al cambio di guardia. Chiede di essere vendicato. Allora, Amleto finge di impazzire per smascherare l’efferatezza dello zio omicida ed ucciderlo.
Polonio, cortigiano del re, convinto che Amleto sia impazzito per amore della figlia, propone al re di metterlo a confronto con Ofelia. Perciò, la invita ad incontrare Amleto, a fare finta di essere sola, per fare chiarezza nella sua vita sentimentale, mentre con il re origlierà dietro una tenda.
Amleto, solo, sincero, pronuncia il monologo famoso «Essere o non essere.» Quando scorge Ofelia che “cammina come un fiore”, rientrando nelle convenzioni, rinnega di averla mai amata, le consiglia di non sposarsi e di entrare in convento. Dura la replica di Ofelia, che è sincera: “Vergogna. Provo vergogna.” (Pone i gioielli sul tavolo cavandoli da una borsa) “Eccoli qua. Sono tutti.” Amleto: “Perché parlate in questo modo? Non capisco.” Ofelia: “Non capite? Siete freddo.”
Tanti autori nel corso dei secoli si sono sentiti autorizzati dal magma interiore di Shakespeare a fornire infinite risposte, a reinterpretare, reinventare il testo. Andrea Cramarossa si limita a ricreare interamente il terzo atto, scena prima, della famosa opera, facendola camminare sulla luce, dotandola di movimento, mutuato dal cinema, intessendola di poesia e musicalità.
Il volumetto, edito da Spagine Teatro, richiede fatica nella comprensione? Come al pubblico è riconosciuto il diritto-dovere di impegnarsi nella comprensione e nella partecipazione emotiva, così all’autore quello di non rivelare ogni mistero. “Perché non tutto è sondabile, permane una zona di sacralità. Se si avessero risposte a tutti gli interrogativi, la vita sarebbe noiosa.” conclude, sorridendo, Andrea.