Stringiamoci ai valori costituzionali
Nazismo, stalinismo, fascismo, khomeinismo, ogni totalitarismo culturale e criminale sono basati su presupposti cultuali contrari ad ogni senso di condivisibile umanità nelle proprie metodiche d’azione.
Il negazionismo circa questi fenomeni è un inopportuno orientamento di pensiero o un crimine, come alcune parti vogliono che sia, tentando di radicalizzare le ottiche panpenalistiche in questi versanti fenomenologici. Il negazionismo ha nella tradizione nomologica italiana un unilaterale riferimento al nazismo. Si può estenderlo o non estenderlo anche al fascismo (definito in dottrina un totalitarismo claudicante), o allo stalinismo, o a regimi iper-dittatoriali fondati su terrorismi che piegano alcune correnti religiose per questioni di dominio socioeconomico nonché politico delle realtà assoggettate?
Gli storici Andrea Giardina, Giovanni Sabbatucci e Vittorio Vidotto si sono chiesti se la categoria storiografica del totalitarismo può accomunare tanto la Germania hitleriana quanto l’Unione Sovietica stalinista. Si sono conseguentemente chiesti quale rapporto causale e funzionale si può intravedere tra i crimini perpetrati nei campi di concentramento degli uni e i crimini nei campi degli altri. Lo storico tedesco Ernst Nolte – classe 1923 – poco dopo la metà degli anni Ottanta del secolo scorso si è chiesto perché nell’opinione pubblica, e nelle tendenze maggioritarie degli studiosi delle fonti storiche, le politiche naziste di sterminio debbano essere salutate come fatti incomparabili ed unici in una vera e propria età storica costellata di massacri di massa. Addirittura Nolte ha sostenuto che l’arcipelago Gulag ha preceduto Auschwitz, e che la politica del lager nazista dovrebbe essere considerata come una reazione al terrore bolscevico.
Le tesi di Nolte hanno infuocato i dibattiti tra gli storici e tra i politologi, soprattutto in Germania. Il dibattito a tratti si è assestato in alcuni momenti ai margini di un bipolarismo con gli storici di sinistra da un lato, e gli storici cc.dd. revisionisti dall’altro. Gli storici Andrea Giardina, Giovanni Sabbatucci e Vittorio Vidotto hanno ricordato la posizione dello storico Jürgen Kocka. Questi ha accusato Nolte di avere visioni che relativizzano gli orrori nazisti. Kocka si è schierato contro questa relativizzazione.
Sono tematiche molto complesse, a cui una risposta ideologica, preimpostata, tendenziosa finirebbe per destoricizzare la dimensione fattuale di ciascun fenomeno in analisi.
Di fronte agli orrori tutti del Novecento non possiamo che stringerci intorno ai princìpi fondamentali della Costituzione repubblicana, qui in Italia. L’articolo 2 della Costituzione italiana sancisce che la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo – inteso quale essere umano – sia come singolo che nelle formazioni sociali realizzative della sua personalità. La seconda parte dell’articolo secondo della Carta costituzionale sancisce anche che la Repubblica richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale. A proposito di questa seconda parte, a voler specificare su questo versante, si pensi alla prescrizione di cui all’articolo 23 della Costituzione stessa, il quale sancisce che nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge.
L’articolo 3 sancisce che tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge senza distinzioni di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.