La crisi disperata del settimo anno

Il dispiacere più grande, per il Festival della Disperazione, è la coincidenza della crisi del settimo anno con il raggiungimento di traguardi importanti come l’inserimento da parte del Salone Internazionale del Libro di Torino tra i migliori trenta Festival Letterari Italiani dopo aver ottenuto decine di pubblicazioni sulla stampa nazionale. Tuttavia, la Disperazione è così, a volte riserva sorprese negative e bisogna accettarle col sorriso. L’impostazione di quest’anno è tutta giocata su ciò che manca, e manca così tanto che potremmo parlarne all’infinito. A spiegarci ciò che di magnifico resta è l’ideatore e l’organizzatore della kermesse Gigi Brandonisio.

Ciao, Gigi. Come giunge il Festival della Disperazione alla crisi del settimo anno?

Il Festival della Disperazione arriva al suo settimo anno in maniera rocambolesca, tra mille difficoltà com’è giusto che sia per un festival della Disperazione. Sono passati ormai molti anni dalla prima edizione, ci siamo divertiti, stancati, abbiamo cullato il sogno di costruire tassello dopo tassello uno dei più importanti Festival letterari quantomeno del sud Italia. Eravamo così innamorati dell’idea da non porre la giusta attenzione alle piccole crepe che il tempo ha aperto. Quasi all’improvviso ci siamo resi conto di essere un po’ soli in questa avventura ed è così che ci siamo ritrovati nel bel mezzo della più classica delle crisi del settimo anno. Pur estremamente ridimensionato (si tratta dell’edizione più piccola di sempre) il Festival anche quest’anno fa capolino in città. La lista degli assenti è lunghissima ma i pochi incontri e spettacoli presenti sono di grandissimo valore. Da Lino Guanciale a Sara Segantin, da Andrea Pennacchi a Roberto Mercadini, passando per Mauro Covacich, il programma non deluderà le attese, ma anche nel caso opposto, di totale delusione e disillusione, lo spirito del Festival sarebbe comunque confermato.

Se è vero che l’abitudine nasconde sempre una mancanza di attenzione, perché diamo per scontata persino la Disperazione?

La Disperazione a mio avviso non viene mai data per scontata ed è il motivo per cui quando si prova questo sentimento si rimane sempre così spiazzati dalle sue implicazioni. È un sentimento talmente sorprendente che continua ad essere un’incredibile guida nella nostra programmazione. Sulla carta quest’anno c’era in ballo un programma memorabile, un programma incredibilmente ricco di appuntamenti e di sorprese, un programma che, con l’amarezza tipica della Disperazione, non si è potuto fare per una banalissima e noiosissima mancanza di risorse economiche che ha prodotto, oltre ad una tautologica disperazione, anche un calo del desiderio negli organizzatori. Ecco, forse più che la Disperazione ad essere stato dato per scontato è stato il Festival e i primi ad aver commesso questo errore siamo stati noi. Sono ovviamente di parte, ma ritengo che sia un Festival che, nella sua breve vita, abbia prodotto un impatto non trascurabile sulla città e sul territorio soprattutto in considerazione dei mezzi che ha avuto a disposizione. Il dispiacere più grande è la coincidenza della crisi del settimo anno con il raggiungimento di traguardi importanti come l’inserimento da parte del Salone Internazionale del Libro di Torino tra i migliori trenta Festival Letterari Italiani e dopo aver ottenuto decine di pubblicazioni sulla stampa nazionale. Tuttavia, la Disperazione è così a volte riserva sorprese negative e bisogna accettarle col sorriso. L’impostazione di quest’anno è tutta giocata su ciò che manca, e manca così tanto che potremmo parlarne all’infinito.

Ad intervallare il NIENTE della programmazione ci saranno eventi consigliati pregni di interesse e disperazione?

È un Festival dove prevalentemente non succede NIENTE. Abbiamo voluto comunicare, in un primo momento, la struttura che avevamo immaginato per il programma del Festival: 11 giorni pieni di eventi e incontri di spessore che, come accaduto nelle precedenti edizioni, avrebbero contribuito alla crescita ulteriore del Festival. Purtroppo non è stato possibile. Niente è anche il risultato delle tante interlocuzioni che abbiamo avviato nel corso del tempo con enti pubblici e privati di vario livello e ai quali abbiamo sottoposto i risultati e il progetto di crescita del Festival. Non è servito a niente, appunto, ma non ce l’abbiamo con nessuno perché questo Festival è nato da un’esigenza privata di un gruppo di persone che sentivano forte la mancanza di un certo tipo di programmazione culturale e finché si è potuto dare una risposta a quell’esigenza, che nel tempo si è trasformata nell’esigenza di un pubblico sempre più ampio, il Festival ha avuto l’ampiezza, la struttura e la risonanza che meritava. Quest’anno, di fronte alle difficoltà abbiamo preferito fare NIENTE che non è per niente facile da realizzare.

Mi viene in mente uno scrittore che amo molto e che tanto ha contribuito all’ispirazione del Festival della Disperazione, Paolo Nori, che a un certo punto della sua carriera ha fondato una rivista letteraria con altri autori e che inizialmente avrebbero voluto chiamare questa rivista NIENTE salvo poi rendersi conto che fare niente, per loro, sarebbe risultato troppo impegnativo e quindi avevano optato per fare qualcosa, chiamando la rivista proprio così QUALCOSA. Ora, come si può immaginare, il Festival della Disperazione, che non conosce limiti alla propria ambizione verso il peggio, si è messo in testa di fare NIENTE per la maggior parte del tempo e vedremo se ne sarà capace. Oltre questo, però, il programma prevede degli appuntamenti davvero imperdibili, a partire dall’anteprima del Festival in programma il 28 maggio, che vedrà in scena LINO GUANCIALE con Er Corvaccio e Li Morti, tratto dai sonetti di Graziano Graziani, anteprima che ha fatto registrare il sold out in sole dodici ore.  Il programma del Festival è composto poi da altri, soli, cinque appuntamenti, tutti di grande interesse e spessore: da Andrea Pennacchi, che porterà in scena il reading di Mio Padre – Appunti sulla guerra civile, alle meravigliose lezioni spettacolo di Mauro Covacich, l’Avventura terrestre e Svevo, passando per Sara Segantin, accompagnata dall’ensemble Le viole di Orfeo, con il suo monologo su scienza, ambiente e altre cose controverse, per finire con la presenza immancabile di Roberto Mercadini che porterà in scena il suo nuovo Fuoco nero su fuoco bianco.

Come e dove si possono acquistare i biglietti del Festival?

La biglietteria del Festival è aperta presso il Museo Diocesano San Riccardo in via De Anellis 46 e i biglietti d’ingresso sono disponibili anche on line su www.eventbrite.it

IL PROGRAMMA DEL FESTIVAL


Articolo precedenteSolidarietà e pregiudizi
Articolo successivoSTOC DDO’
Iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Puglia, ho iniziato a raccontare avventure che abbattono le barriere della disabilità, muri che ci allontanano gli uni dagli altri, impedendoci di migrare verso un sogno profumato di accoglienza e umanità. Da Occidente ad Oriente, da Orban a Trump, prosa e poesia si uniscono in un messaggio di pace e, soprattutto, d'amore, quello che mi lega ai miei "25 lettori", alla mia famiglia, alla voglia di sentirmi libero pensatore in un mondo che non abbiamo scelto ma che tutti abbiamo il dovere di migliorare.