
Terzo giorno
Bisogna fare delle scelte: il Museo Egizio non si può perdere, ma meritano anche la Pinacoteca Reale, il Museo di Palazzo Madama, il GAM (Galleria civica d’Arte Moderna) il Museo delle Scienze Naturali, il Museo di Arte Orientale e, udite, udite, il Museo del Risparmio.
Nel Museo Egizio, appena riaperto dopo anni di ristrutturazione, sarete avvolti dal fascino di una civiltà antica e incredibilmente attuale per le sue intuizioni che hanno anticipato di millenni il nostro progresso.
Un corpo mummificato naturalmente per l’azione della sabbia del deserto
Mummie, sarcofagi, papiri a volontà, ordinati in ordine cronologico, dalle epoche più antiche ai primi secoli dopo Cristo, tombe riprodotte fedelmente, il tempio di Ellesjia e la Galleria dei Re, dove sarete atterriti e affascinati dalla statua della dea Sekhmet, metà donna e metà animale o colpiti da metus reverentialis a fronte della gigantesca statura del dio Amon, il Zeus egizio, che, da seduto, è ben più alto del pur grande faraone Tutankhamon, che è in piedi, ma un passo dietro la divinità.
Il Dio Amon, seduto, e il faraone Tutankhamon
Due note attirano la curiosità del visitatore. La prima è tratta da una didascalia che spiega il concetto di “heka” che noi traduciamo in senso dispregiativo con “magia”, ma che gli Egizi intendevano come energia primordiale impiegata dagli dei per creare il cosmo e mantenerlo in equilibrio tra caos e disordine. Di “heka” erano dotati, in misura diversa, le divinità, ma anche gli uomini e in forza di tale energia vitale era loro possibile attraversare e gestire le situazioni di crisi (nascita, malattia, morte). È per questo che gli Egizi munivano il sarcofago di tutto ciò che sarebbe servito al defunto nella sua vita futura: dal cibo agli attrezzi da lavoro (e qui si consiglia di sostare a lungo nella stanza dedicata alla tomba “a mastaba” dell’architetto Khan e sua moglie Merit, una delle poche al mondo ritrovata integra).
Un sarcofago antropomorfo
La seconda chicca: un papiro, lungo decine e decine di metri, riportante integralmente il Libro dei morti. È in ottimo stato di conservazione ed è interamente illustrato. L’occhio si ferma sul riquadro raffigurante la “psicostasìa” ovvero “la pesatura del cuore”: per gli Egizi, il giudizio post mortem si giocava sul “peso del cuore” di ognuno di noi. Ce n’è abbastanza per fermarsi a riflettere…
La psicostasia: particolare dal papiro del Libro dei Morti
Se però siete stanchi, lasciato il Museo, a due passi, in via Lagrange, trovate “Gobino”, una delle migliori rivendite di cioccolatini della città. Se, invece, avete voglia di gelato, tappa obbligatoria al “Caffè Florio”, in via Po.
Oppure potete raggiungere i piedi della collina, oltre il Po, e con la funicolare salire a Superga: potrete ammirarvi la Cupola del solito Javarra, godere di una vista mozzafiato e magari onorare le tombe dei caduti del Grande (e sfortunato) Torino … oltre che dei Savoia, naturalmente.
Il centro di Torino, visto dalla Mole Antonelliana: sulla sinistra, si vede il nuovo grattacielo di Renzo Piano
Quarto giorno
Il nostro viaggio giunge al suo giorno finale. Non tutto sarebbe possibile vedere e così proponiamo due tappe, una in città e l’altra fuori: a voi la scelta.
Non si può lasciare Torino senza essere saliti sulla Mole Antonelliana, che dall’architetto Antonelli era stata progettata per essere una sinagoga e che è ancora oggi l’edificio più alto d’Italia, dopo esser stato il più alto d’Europa (ma a Torino, lo scorso 12 aprile, si è inaugurato il grattacielo di Renzo Piano, alto 166m: 1,5 in meno della Mole).
La cupola piramidale della Mole Antonelliana
Prima di prendere l’ascensore, per salire sull’altissima e tipica cupola piramidale, lasciatevi incantare dal Museo del Cinema, oggi ospitato all’interno della Mole. Torino è davvero la capitale del Cinema (basti citare il “Cabiria” dannunziano, che fu girato negli stabilimenti sulla Dora Riparia e nelle Valli di Lanzo e costò più di 1.000.000 di lire: venti volte di più della spesa per un normale film dell’epoca) e il Museo vi condurrà passo passo nella storia della “settima arte”.
Una veduta interna della Mole che oggi ospita il Museo del Cinema
A proposito: adiacente alla Mole, sorge anche il Museo della Radio (nata a Torino, quando ancora si chiamava URI, nel 1924) e della Televisione e di fronte sono partiti i lavori per la realizzazione di un Museo di Internet. In altre parole: una vera e propria “cittadella della comunicazione” nell’arco di pochi passi.
Il tempo è tiranno. Bisogna incominciare a pensare al viaggio di ritorno a casa. Prima, però, come ultima tappa, proponiamo le magnificenze di Venarìa Reale: come dice il nome, un’altra residenza di caccia dei Savoia, pensata con tale magnificenza da essere, a un certo punto, rimasta incompiuta (una delle due ali non sarà mai realizzata, nonostante i vari architetti che si sono succeduti nella direzione dei lavori).
Venarìa Reale vista dai giardini interni: evidente il contrasto tra la facciata bianca e quella in mattoni rossi, rimasta incompleta
Venarìa Reale merita una visita, se si vuole approfondire la storia dei Savoia, se si vogliono ammirare i suoi spettacolari ambienti (ma gli arredi, pur d’epoca, non sono originali), se si vuole restare a bocca aperta davanti al “Bucintoro”, la barca da parata dei Savoia, riprodotta a imitazione di quella dei Dogi veneziani.
Il Bucintoro
Se poi a Venarìa ci andate a maggio, allora la bellezza del suo immenso giardino alla francese e della recuperata Peschiera vi sorriderà tra il profumo delle rose.
… E vi farà definitivamente dimenticare il mito della “città operaia”.