Veronica Benini: storia di una femminista che si è “rifatta”

Veronica Benini, consulente strategica e formatrice al femminile, in uno dei sue tre talks per Ted, ad Alessandria, spiega “come farla finita col femminismo”.

La sua storia di femminista inizia forse alla scuola materna, quando Veronica reagisce ai dispetti di un suo coetaneo tirandogli un calcio. Qualcuno riferisce quanto accaduto alla maestra, la quale decide di umiliare Veronica costringendola a gareggiare per un gioco nella fila dei maschi. E così la sua colpa non risultava tanto l’essere stata violenta, ma l’essersi comportata da maschio.

Le azioni delle maestre e dei genitori determinano inequivocabilmente le radici ideologiche dei bambini. Un “impiantamento” continuo di stereotipi che continuano a sopravvivere nascostamente nella realtà di noi donne, che fino al secolo scorso — dice Veronica — eravamo “educate belle, gentili, sempre giovani, possibilmente fertili”, per riuscire al meglio nell’unica possibilità che la società ci proponeva: il matrimonio”. Le pubblicità degli ultimi decenni si sono ispirate a questa asintotica figura di donna bella e sexy, che oggi impatta con l’attributo di serietà al quale tutte vorremmo tendere. Quasi che l’affermarsi di una delle due qualità determinasse automaticamente la squalifica dell’altra.

Veronica Benini cresce, si forma, compila le caselle della sua vita già determinata (forse). A ventinove anni è laureata, sposata, con un contratto di lavoro a tempo indeterminato, proprietaria di un bel loft. Tra il 2005 e il 2006, combatte un tumore all’utero che la rende sterile, single, obnubilando i suoi piani per il futuro e costringendola a progettare da sé le sue “caselle da riempire”.

Ne è risultato un programma insolito, interessante. Un perimetro di futuro del tutto indipendente dalla figura stereotipata di donna alla quale credeva di doversi avvicinare. Così ha dato vita a una startup, utilizzando come strumento fisiologico di empowerment i tacchi alti. Scrive sul suo blog: “li indossavo, li compravo, analizzavo libri su salute del piede e patologie, mi nutrivo con storia delle calzature, su come sono fatte dentro nella loro struttura, su come si fa a fargli la giusta manutenzione, e inveivo nel vedere donne che camminavano come piccioni. Ho avuto tutte le patologie possibili dovute all’uso eccessivo dei tacchi, da un inizio di alluce valgo ai dolori lombari, l’accorciamento del tendine d’Achille, storte, calli e duroni, dolori metatarsali, spostamento del 3° metatarso e le micosi alle unghie”. Nonostante ciò, Veronica non voleva rinunciarci, erano il suo trampolino di slancio verso il futuro così enigmatico e fertile che le si prospettava.

Ha scoperto la postura adatta a qualsiasi altezza di tacco, che scongiura la camminata a piccione e fa sentire le donne potenti. Basta uno schiacciamento lombare. Questo determina uno spostamento del membro femminile di ben quattro centimetri, sufficienti a rendere rilevabile la sua presenza. E poi è tutto uno scoppiettare di ormoni e biologia.

Veronica rivela che la diretta proporzionalità tra la potenza virile e l’aurea di potere e successo che gli uomini percepiscono, è dovuta alle loro undici manifestazioni erettili giornaliere. A noi donne, con le ballerine, non succede.

Si chiama corsetty.it la sua piattaforma di corsi online tenuti da ragazze che, come lei, si sono servite dei tacchi per ricominciarsi e lo sanno raccontare, “senza prendersi troppo sul serio”.

Veronica invita tutte le donne a seguirne l’esempio, utilizzandoli come espediente quando non si sentono all’altezza di conquistare il mondo. Le invita a diventare loro stesse il proprio principe azzurro, a costruirsi la propria immagine e, soprattutto, attraverso l’influenza digitale che ognuna può imprimere sul proprio entourage, a combattere l’oggettivazione del corpo femminile, che ancora domina il marketing e le teste di troppe persone e ancora, troppo spesso, ci costringe a scendere dai tacchi.

 

Oggi più che mai, i feedback del pubblico sono linfa per le aziende che offrono servizi servendosi di una fruizione machine based. Tanto che, se non siamo noi a esplicitare le nostre preferenze, appositi software registrano ogni nostro click, ogni nostro like e dislike, definendo per ognuno un profilo dettagliato e assegnandoci a un certo segmento di pubblico.

I confini della privacy si assottigliano sempre di più. Eppure un luogo intangibile c’è: la nostra opinione, il nostro spontaneo feedback, può essere condiviso in qualunque momento su qualsiasi piattaforma, senza alcuna mediazione. E se duecentoquarantacaratteri di un tweet non possono essere abbastanza per farla finita con il femminismo, sono invece più che sufficienti affinché, con qualche spolliciata, possiamo manifestare il nostro dissenso per quella pubblicità così sessista, o per quell’articolo o quella foto che proprio non ci va giù.

A Veronica Benini duecentoquaranta caratteri non bastavano affatto. Il suo Sporablog è oggi una società a responsabilità limitata che assiste e supporta le donne, alla quale lavora un team di otto persone, per portare avanti progetti sempre innovativi.  Ogni anno, nel mese di novembre, in occasione dell’evento 9Muse, le protagoniste che, come lei, si sono ricominciate dopo un periodo difficile, si raccontano a un pubblico di oltre duemila persone.

Che poi, magari, scrivono un tweet.

Nel duemiladiciannove, è così che si fa la rivoluzione.


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La filosofia e l’economia sono più vicine di quanto si creda. In entrambe ho fiutato la mia strada. Dopo la musica e la scrittura, ho avuto modo di guardare all’arte e alla meditazione come forme di espressione, di escapismo ma anche di connessione con il mondo. Ho sposato e mai tradito la parità, soprattutto di genere, nel segno della civiltà e della crescita universale. Sognatrice insaziabile, divento guerriera di ogni battaglia che credo giusta.