
Una lettera, anzi un testamento: “Difendeteci dal male delle paludi. Non permettete che ci uccidano l’anima!”
Da una nostra lettrice, Franca Dimartino, riceviamo e pubblichiamo:
Ho letto più volte la lettera-testamento di Michele e ogni volta ho provato un’insopprimibile voglia di pianto. Ora cercherò di sintetizzare in qualche modo il mio pensiero.
Negli ultimi tempi si stanno verificando troppi suicidi di ragazzi e continuamente mi pongo domande per cercare in qualche modo risposte.
Dopo la seconda guerra mondiale Albert Camus scrisse: “L’Europa cela un segreto. Non ama più la vita”. In effetti allora la morte forse non sconvolgeva più. La gente aveva visto troppa morte. Soltanto lentamente la nostra generazione dal mortale inaridimento dell’anima si risvegliò nuovamente alla vita.
Oggi di nuovo viviamo un’allarmante “religione della morte”. Ma cosa accadrebbe se molti non vogliono vivere, ma morire, in modo da poter distruggere questo “mondo malvagio”? La paura come deterrente funziona soltanto se tutti vogliono sopravvivere. Dopo quello che gli uomini hanno fatto e – ahimè – fanno patire al mondo e agli esseri viventi è difficile addurre buoni motivi per la sopravvivenza dell’umanità. Come scrisse Hans Jonas è una questione di fede e di speranza che precede ogni ragione.
Michele, come leggiamo nella lettera, ha voluto dimostrare, esprimere la sua insoddisfazione, frustrazione, disagio profondo nei confronti dell’esistere, del torto dell’esistere. La sua scelta implica sicuramente il desiderio che la propria morte abbia un significato. E se vogliamo che si riempia di senso, nel suo nome dobbiamo lanciare una sfida alle nostre forze di speranza e al coraggio della speranza: speranza come un grande Sì alla vita, perché ogni Sì al futuro risvegli nuovo amore per la vita. E se davvero si vuole amare la vita, bisogna combattere la morte e le forze della morte nel mezzo della vita. Non ci si può arrendere all’accidia del cuore. Cosa voglio dire? Che è necessario non cadere nella rassegnazione, ma prendere posizione non limitandosi a una denuncia che non costruisce, ma impegnandosi a cambiare questo mondo. E ci sono tanti spazi dove tutti possiamo fare questo investimento diretto del nostra agire, a favore della vita e della dignità delle persone. Io leggo nel gesto estremo di Michele un incitamento a uscire allo scoperto per denunciare i veri “mali sociali”, per essere a fianco dei giovani nelle lotte per la difesa della dignità del lavoro, l’occupazione, per denunciare la delinquenza organizzata, la corruzione, il malgoverno, accomunati dalla responsabilità di fare qualcosa di concreto insieme, per migliorare la società dei nostri figli, delle generazioni future.
Oggi più che mai c’è bisogno di affiancare all’elenco dei mali le proposte per prevenirli, i suggerimenti per combatterli, offrire esperienze concrete di aiuto a chi è in difficoltà. Con la pratica dell’aiuto si capisce sino in fondo cosa vuol dire far parte di una rete di relazioni, cosa significa “non essere soli”, come si possono ridurre le estese aree di sofferenza altrui. Aiutare chi soffre, chi è umiliato e perseguitato dalla mala sorte, chi è solo e in difficoltà, non ha soltanto un evidente valore di per sé, ma ci aiuta anche a superare le nostre stesse difficoltà e a meglio apprezzare ciò che abbiamo la fortuna di avere. Le difficoltà personali sono meglio affrontabili quando non ci chiudiamo in noi stessi, nella nostra sofferenza, ma agiamo per sostenere e aiutare gli altri ad affrontare le loro difficoltà …
I nostri giovani, facile preda in questo nostro tempo di subdole tentazioni e delle violenze di ogni tipo, hanno bisogno di testimoni di vita e di speranza, più che di maestri. A noi il compito di salvaguardarli dai “…mali atroci che oggi rendono corto il respiro della terra”, come leggiamo nella preghiera di don Tonino Bello, che trascrivo:
“Maria, vergine del Mattino, aiutaci a scommettere con più audacia sui giovani, e preservaci dalla tentazione di blandirli con la furbizia di sterili parole, consapevoli che solo dalle nostre scelte di autenticità e di coerenza essi saranno disposti ancora a lasciarsi sedurre. Moltiplica le nostre energie perché sappiamo investirle nell’unico affare ancora redditizio sul mercato della civiltà: la prevenzione delle nuove generazioni dai mali atroci che oggi rendono corto il respiro della terra. Rendici cultori delle calde utopie dalle cui feritoie sanguina la speranza sul mondo. Aiutaci a comprendere che additare le gemme che spuntano sui rami vale più che piangere sulle foglie che cadono. E infondici la sicurezza di chi già vede l’oriente incendiarsi ai primi raggi del sole”
Questo il significato, il cuore, del messaggio di Michele :
“Difendeteci dal male delle paludi. Aiutateci a protenderci verso i valori delle vette. Non permettete che ci uccidano l’anima. La felicità abita sulle vette…”
Non suoni vano per nessuno il grido di questo ragazzo, tradito dalla vita nella sua fame di futuro e derubato del suo diritto alla felicità…
Preghiamo per lui e per quanti lo amano. Ciao, Michele!