Parla correntemente sei lingue e si è, da poco, iscritta ad una scuola parigina di interior design. Tatiana Platon nasce a Chinsau, in una Moldavia povera ma ricca di speranza. Lei, top model di fama internazionale, rinnega l’apparenza per giungere alla sostanza delle cose, gli archetipi che l’omonimo filosofo greco aveva immaginato in una città ideale. Tatiana è un’apolide, nell’accezione più positiva del termine, si sente parte del Mondo, e quel mondo lo rappresenta sulle passerelle o di fronte ad un microfono, fotografie perfette che un altro Platon (Antoniou) avrebbe incorniciato con lo stile e l’eleganza che contraddistinguono questa meravigliosa donna 

Ciao, Tatiana. Moldava d’origine, hai lavorato come modella sulle passerelle di Parigi, New York e Londra. Cosa ti ha lasciato questa esperienza e quanto alto è il prezzo da pagare per una vita

controllata e sotto pressione?

La vita da modella non è, certamente, tutta rosa e fiori. È una vita che intriga soprattutto le giovanissime ragazze, quelle che, accecate da fama e popolarità, accettano qualsiasi condicio sine qua non. Purtroppo, però, tali condizioni finiscono per soffocarti e così ti ritrovi a fare i conti con l’illusione di una bilancia da misurare, il sovrappeso da evitare e un’alimentazione talmente sbagliata da provocare disturbi fisici e mentali. Pur essendo molto magra, sono una persona che a tavola non si contiene e le mie forme, dal seno all’altezza, non sono sempre in linea con l’aspettativa di agenti e grandi firme. Da par mio cerco sempre di fregarmene ma ammetto che per questo c’è bisogno di un carattere forte e determinato, una personalità regalatami, per fortuna o sfortuna, dalla mia infanzia molto dura.

Al fine di evitare proprio questi scompensi psicologici e queste speranze disattese, cosa consiglieresti ad una ragazzina che si affaccia, per la prima volta, al mondo dell’Alta Moda?

Consiglierei di godersela perché si tratta, comunque, di una carriera corta e rapida, una carriera che ti dà soddisfazione in un periodo nel quale si hanno molti grilli per la testa ed è facile perdersi e non mantenere i piedi ben saldi a terra. Il rischio concreto è quello di farsi travolgere da guadagni facili, soldi che però sei costretta a dividere con agenti e mediatori, spesso in relazione alla domanda e alla richiesta del mercato. Potrebbe sembrare un discorso campato in aria e quasi razzista, ma, ad esempio, negli Stati Uniti è trendy la donna brasiliana, in Francia la bionda e così via. Premetto, non intendo sputare nel piatto in cui tuttora mangio, la passerella è la mia passione, anche se sono più impegnata in spot e video commerciali, ma, come in tutti i mestieri, ci sono pro e contro.  È una bella esperienza di vita. Mi ha permesso di incontrare tanta gente molto diversa, ad abituarmi a vivere in diversi ambienti, con gente diversa, culture diverse. Mi sono arricchita di tante esperienze di vita viaggiando e lavorando in bellissimi posti. Mi ha fatto maturare magari un po’ più in fretta, perché è un lavoro che richiede anche tanto rigore. Le agenzie mettono tanta pressione perché vogliono che noi modelli siamo sempre al top. Il nostro corpo è il nostro strumento di lavoro. Se non fossimo così non potremmo fare questo lavoro. È una fortuna! Ne sono consapevole e grata anche di essere così. Però non ha solo lati positivi, non è facile essere sempre sottoposti a giudizi vari di tanta gente che si permette di parlare come se noi non avessimo emozioni. Ad esempio ad un casting, mi presento ai clienti, propongo di vedere il mio book foto, e loro commentano. Mi è capitato che mi dicano: “Sei troppo grossa per noi”, “Hai troppo seno per noi”, “Ma quando eri piccola ti sei rotta il naso? Dovresti andare a rifartelo”, “Hai troppe spalle: hai fato nuoto? Dovresti smetterla”, “Per lavorare in alta moda sei volgare, pensa a togliere un po’ il seno”…Insomma cose che tanta gente giudica e dice ad alta voce senza pensare che quelle parole ti resteranno impresse nella testa per anni ed anni! E ti trovi sempre dei difetti e mai i lati positivi e belli di te. I primi anni era molto dura, però con il tempo ho imparato a non ascoltare e soffrire per tutto ciò che dicono altre persone molto spesso sconosciute. 

L’Italia ti ha conosciuto in due età differenti. Quanto credi sia cambiato il nostro Paese da quando avevi dodici anni ad oggi che sei tornata qui per amore?

Ho conosciuto, per la prima volta, l’Italia quando ho frequentato la Scuola Media a Padova. Il vostro è un Paese top in tutti i settori e da ogni punto di vista. L’ho riscoperto oggi, vent’anni più tardi, grazie al mio compagno Riccardo con cui ho trascorso la quarantena con la fortuna di affacciarmi, ogni mattina, sullo splendido porto di Trani. La Puglia è, ormai in tutti i sensi, nel mio cuore.

I canoni di bellezza che ti appartengono e a cui siamo abituati non ti hanno impedito di abbattere gli stereotipi e coltivare le tue passioni. Quanta soddisfazione ti regala scrivere ed interpretare canzoni che partono dal jazz e spaziano verso altri generi?

Cantare mi ha permesso di esistere. Ho avuto la chance di poterlo fare davanti a platee di città importanti, frequentando ristoranti, piano bar e locali del posto.  Il jazz, e la musica in generale, in questo, aiuta molto ad esprimere se stessi, ti rasserena e ti fa capire quanto sia importante comunicare attraverso la musica o qualsiasi altra forma d’arte. Io ho sempre cantato, studiando pure il lirico da adolescente, cantato gospel in una grande corale e anche nelle chiese di Harlem quando ci abitavo, il jazz l’ho scoperto a New York, a 24 anni, lì ho cominciato a cantare con un pianista e controbassista in diversi locali..

Però ho cominciato a scrivere veramente testo e musica a 26 anni, ed era più per bisogno di affermare la mia essenza, sono sempre stata debole e ad un certo momento avevo bisogno di gridare al mondo chi sono, avevo in qualche modo cominciato ad auto-curarmi, la musica mi ha veramente salvato! Sono fortunata di avere scoperto questa passione che mi dà la possibilità di esprimermi! Solitamente scrivo in inglese francese e italiano. Quando ho scritto “Non dirmi che” , visibile sul mio sito,   mi sono resa conto che la lingua italiana offre sfumature di grande significato. La musica, in fondo, è anche questo: trasmettere emozioni senza le quali non vale la pena vivere!

Quale scrittore ti ha influenzato maggiormente?

Sena dubbio Boris Cyrulnic, neuropsichiatra scampato al nazismo, di cui ricordo una frase: “La resilienza è la capacità di una persona di crescere nonostante terribili problemi”. La mia resilienza è stata la musica. “Autobiografia di uno spaventapasseri. Strategie per superare un trauma” (Boris Cyrulnik, 2009) e “La vita dopo Auschwitz. Come sono sopravvissuto alla scomparsa dei miei genitori dopo la Shoah” (Boris Cyrulnik, 2014, Mondadori), sono libri che mi hanno profondamente segnato.


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Iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Puglia, ho iniziato a raccontare avventure che abbattono le barriere della disabilità, muri che ci allontanano gli uni dagli altri, impedendoci di migrare verso un sogno profumato di accoglienza e umanità. Da Occidente ad Oriente, da Orban a Trump, prosa e poesia si uniscono in un messaggio di pace e, soprattutto, d'amore, quello che mi lega ai miei "25 lettori", alla mia famiglia, alla voglia di sentirmi libero pensatore in un mondo che non abbiamo scelto ma che tutti abbiamo il dovere di migliorare.