Epistemologia storica. Correnti, temi e problemi (Roma,  Carocci Ed. 2002)

Spesso itinerari di pensiero, sorti nella lunga storia delle idee per capire le logiche del reale e darne il dovuto senso, hanno portato alla costruzione di diversi ‘eventi di verità’,  nel senso avanzato da Alain Badiou, con l’approdare una volta  ben metabolizzati sul piano concettuale ad esiti che  a prima vista possono sembrare distanti dagli obiettivi prefissati; e se questi eventi di verità sono costituiti in particolar modo dalle conoscenze prodotte dalle scienze, non si limitano ad investire i nostri quadri cognitivi, ma mettono infatti in atto processi culturali di più ampio raggio come prima grazie alle matematiche, croce e delizia dei Maestri Greci, che nel discuterne la specificità ci hanno fornito le  basi germinali delle idee democratiche. Del resto questo costituisce  prova tangibile del fatto che ogni sano percorso filosofico-scientifico porta nel suo corredo concettuale fattori che contribuiscono a determinare nell’umano in generale ‘cambiamenti qualitativi discontinui’, per usare un’espressione poco nota del matematico e non a caso epistemologo italiano Federigo Enriques dei primi anni del secolo scorso.

L’avvento poi della fisica moderna, nel demolire da parte di Galileo le pseudo-conoscenze ereditate dal passato, ha innescato lo spirito critico che trasportato negli altri ambiti dell’umano ha provocato dei sostanziali cambiamenti di rotta da richiedere di essere in ogni campo dei ‘nuovi Adami sulla sponda del Rubicone’ per parafrasare un’espressione di Kant. L’irruzione poi delle ‘scienze della vita nel sistema della conoscenza scientifica’ nel senso avanzato da Vladimir I. Vernadskij, oltre a portare ad un ‘radicale mutamento della concezione del tempo’ e ad una maggiore comprensione dei ‘processi naturali irreversibili’, ha portato allo sviluppo di altri rami del pensiero scientifico, come le scienze dei sistemi complessi nel secondo Novecento col loro ricco corredo di nuove categorie concettuali;  in tal modo si sono innescati diversi esiti socio-epistemici come la maggior  presa di coscienza della nostra  crescente responsabilità nei confronti del sistema Terra da richiedere una visione ‘cosmopolitica’ così come ci viene proposta dai lavori di Edgar Morin, Stefen E. Toulmin, Bruno Latour e Mauro Ceruti.

Ma tutto questo è stato accompagnato sin dalla fine dell’Ottocento dal contestuale sviluppo di una nuova disciplina, epistemologia o filosofia della scienza, a cui hanno contribuito anche alcuni scienziati, chiamati non a caso ‘scienziati-filosofi’ ed impegnati su diversi fronti a capire le  ragioni implicite nella scienza al di là della rigida immagine positivistica, espressione del periodo cosiddetto ‘eroico’ della modernità ma non più adeguata alla crescente complessità del patrimonio tecnico-scientifico. Il lungo ‘travaglio dei concetti’, per usare un’altra espressione di Enriques e messo in atto da parte di scienziati e filosofi, ha portato negli anni ’30 del secolo scorso alla necessità della formazione istituzionale di una figura specifica, come il filosofo della scienza o epistemologo;  compito primario di tale figura è quello di indagare la struttura concettuale della scienza  iuxta propria principia  e di evidenziarne le diverse ‘anime’, come le chiamava Moritz Schlick nel 1918, a partire da quella logica per arrivare alla dimensione storico-veritativa che le è propria, aspetto questo già evidenziato particolarmente in Francia tra i due secoli (Pierre Duhem: scienziato-filosofo che ha tante cose da dirci, 23 febbraio 2023)..

In tale paese, già nei primi decenni del secolo scorso, non a caso ha preso piede uno dei primi percorsi di quella che è stata chiamata épistémologie historique  che declinata in vario modo, dopo un periodo di completa emarginazione dovuta al successo della cosiddetta filosofia della scienza Standard per l’importanza accordata al momento logico, è in questi ultimi decenni in vari paesi al centro di una rinnovata attenzione con ampliarne prospettive e  metodologie. Per capirne la genesi e le diverse querelles che hanno portato “all’intersezione fra epistemologia e storia della scienza” ci viene in aiuto il recente lavoro a più mani di Massimiliano Badino, Gerardo Ienna e Pietro Daniel Omodeo, Epistemologia storica. Correnti, temi e problemi (Roma,  Carocci Ed. 2002); tale volume, oltre ad evidenziarne le problematiche tipiche, si concentra da una parte sulla sua “poligenesi” e si inoltra dall’altra  nei “più recenti orizzonti metodologici”, il che sta a dimostrare le fecondità euristiche di un approccio che già in ambito francese ai suoi inizi era orientato e aperto in più direzioni.

Infatti, come sottolineano i tre autori, una delle caratteristiche  di tale filone di studi storico-epistemologici è la critica alle impostazioni  unilaterali della filosofia della scienza cosiddetta  Standard nel suo presentarsi come epistemologia imaginabilis, a dirla con Ludwig Fleck “uno dei maestri dell’epistemologia storico-culturale”; e anche se il termine ‘epistemologia storica’ o “conio è riconducile ” ad un’opera di Dominique Lecourt dedicata a Gaston Bachelard nel 1969, si risalta il fatto che essa appartiene a più tradizioni di ricerca europee che vanno dai lavori di Ernst Mach al marxismo e a certa  fenomenologia, da Fleck e Jean Piaget a Thomas Kuhn, Ian  Hacking e alla più recente scuola di Berlino per approdare  ad “una sintesi” tra “due discipline sorelle, istituzionalizzate nel mondo anglosassone sotto l’etichetta ‘HPS’ (cioè history and philosophy of science)”. Nel loro complesso tali lavori  hanno da un lato contribuito notevolmente a  fornire le necessarie  basi storiche alle tematiche tipiche della filosofia della scienza e dall’altro a dare alla stessa storia della scienza una specifica dimensione epistemologica; nello stesso tempo si è avuto come non secondario esito il fatto di liberare queste due discipline dagli iniziali  riduzionismi, caratterizzati rispettivamente da una impronta normativista e dall’empirismo storiografico, come Federigo Enriques ed Hélène Metzger per primi avevano già individuato negli anni ’30 del secolo scorso con l’impegnarsi in una ‘nuova epistemologia’ o ‘epistemologia dai fondamenti storici’  e in un ‘metodo filosofico nella storia delle scienze’, non a caso poi tali figure tenute presenti nei lavori dei maggiori protagonisti dell’epistemologia storica come Gaston Bachelard e Thomas Kuhn.

Epistemologia storica, pertanto, si rivela un indispensabile strumento per avere una idea più articolata di questo strategico capitolo del pensiero contemporaneo che sino ad ora non ha ricevuto una ricostruzione storico-teoretica organica; ed i singoli contributi chiariscono infatti le modalità con le quali è stata affrontata la cruciale questione delle rivoluzioni scientifiche, centrale nei lavori prima di Bachelard e poi di Kuhn, il metodo storico-critico da Mach a Cassirer, il ruolo di Enriques in Italia e nei suoi rapporti col Circolo di Vienna, i problemi del materialismo e la visione della scienza, il percorso di Gramsci tra scienza, storia e ideologia, il confronto tra Fleck e Kuhn, l’epistemologia storica alla francese ed i suoi sviluppi critici in Althusser, Foucault e Bourdieu, i percorsi italiani di epistemologia storica italiana in Preti, Geymonat e Paolo Rossi, l’Italian science wars in seguito alla pubblicazione de L’ape e l’architetto, temi questi ultimi presi in considerazione da Gerardo Ienna autore del recentissimo Genesi e sviluppo dell’épistémologie historique. Fra epistemologia, storia e politica (Lecce-Brescia, Pensa Multimedia- ENS ‘Pensée des sciences’ 2023).

Ma si rivelano oltremodo strategici i contributi di Massimiliano  Badino e di Pietro Daniel Omodeo che ripercorrono criticamente altri  processi di storicizzazione dell’epistemologia col metterci di fronte ad un “ampio ventaglio di metodologie e studi” e di diverse “direzioni strutturaliste e poststrutturaliste, costruttiviste e postmoderne oltreché materialistico-storiche” che, sia pure “in maniera eclettica”, obbligano a “confrontarci con un’ampia varietà di correnti storico-epistemologiche”; acquistano così maggiore rilevanza “l’Hegelo-marxismo cognitivo” da  Hessen e Grossmann  a Lefèvre e Damerow, da Wartofski a Kmita e la scuola di Poznań, la prospettiva HPS, la biomolecolarizzazione dell’epistemologia da parte di Hans-Jörg Rheinberger  insieme al ruolo della scuola di  Berlino nata nel 1994 grazie ai lavori di Lorraine Daston e Jürgen Renn che hanno allargato rispettivamente i temi dell’epistemologia storica alle cosiddette ‘virtù epistemiche’  e ai ‘modelli mentali’ a base di quella che viene chiamata ’architettura della conoscenza’. Idee analoghe erano state avanzate ma con terminologie diverse  come ‘impalcatura concettuale’ da parte di Bachelard,  dove vengono a giocare nel cambiarla un ruolo determinante gli stessi ‘a priori dello spirito’ come tendenze generali e diverse per ogni epoca operanti nelle mente degli scienziati nel senso avanzato da Hélène Metzger; non è dunque un caso che per Omodeo in tale scuola di Berlino siano confluiti “in  maniera varia tre filoni principali: l’epistemologia storica francese, l’esperienza anglosassone dell’integrated HPS e l’hegelo-marxismo cognitivo”.

Ma l’esito di fondo a cui pervengono  i tre autori di Epistemologia storica  è la dimensione politica sottostante l’engagement epistemologico e soprattutto se esso si sostanzia del fondamentale apporto della storicità della scienza, aspetto che in Francia già a partire da Auguste Comte  sino agli epistemologi della seconda metà del ‘900, sia pure con finalità diverse, è stato quasi sempre presente con l’assumere un carattere militante anche grazie alla presa in carico del pensiero di Spinoza, fatto sottolineato in particolar modo da Gerardo Ienna ed in  studi di altri giovani studiosi (I giovani tra i ‘si’ e i ‘no’, 7 aprile 2022);   a loro volta Badino ed Omodeo, sulla scia dei lavori su Gramsci, danno nei loro recenti lavori una più organica formulazione a tale esito come nel volume curato insieme  Cultural Hegemony in a Scientific World: Gramscian Concepts for the History of Science (Leiden, Brill 2020) in una “prospettiva storico-critica”  aprendo un’altra strada rispetto a quella di impronta analitica  venuta a maturazione nel lavoro di M. Hannon e J. De Ridder del 2021 The Routledge Handbook of Political  Epistemology. Omodeo poi, oltre ad altri studi condotti in collaborazione con lo stesso Renn, lo evidenzia in modo netto tale esito  già in  Political Epistemology. The Problem of Ideology in Science Studies (Dordrecht, Springer 2019); e così l’epistemologia storica viene a configurarsi come vera e propria “epistemologia politica” col prendere in esame “il problema dei fini della scienza”, problematica considerata “spinosa” anche alla luce della “teoria gramsciana dell’egemonia” nella riflessione sulle politiche della scienza che ha portato a mettere in evidenza “il nesso di ideologia e scienza” come prima in Habermas e la “questione del nesso di oggettività  e punti di vista”.

Tale aspetto è stato trattato dalle epistemologie femministe ed è ritenuto il suo ritorno in questi ultimi anni come segno di un “rinnovato impegno civile” in alcuni “studi storico-politici sulla scienza nella sfera pubblica” come nei lavori di A. Nieto Galan, Science in the Public Sphere del 2016 e di  R. Cooter e di C. Stein, Writhing History in the Age of Biomedicine del 2013;  e assume un “carattere politico’  in quanto ha per oggetto l’ambiente anche  l’attuale percorso di Renn  visto come uno degli “esiti più recenti dell’epistemologia storica” nel suo lavoro del 2020  L’evoluzione della conoscenza. Dalle origini all’Antropocene (Roma, Carocci 2022), dove  un punto fondamentale è quello di chiedersi se “l’epistemologia storica e politica” possa “riportare la responsabilità morale in seno alla ricerca scientifica”. Nel complesso, i percorsi dell’epistemologia storica non potevano non incrociare per Omodeo “le riflessioni odierne sull’Antropocene” in quanto, nel prendere nella dovuta considerazione “le applicazioni della tecnologia”, evidenziano la  “portata geologica dell’azione umana” nei processi di antropizzazione e  la stessa “valenza politica senza precedenti” della geologia, frutto come ogni scienza del” ‘metabolismo’ tra società e mondo”; tutto questo porta ad aprire “un nuovo contesto di confronto e di dibattito filosofico-scientifico” dove l’epistemologia politica viene a giocare un ruolo sempre più strategico nel fare vedere  la stessa “dimensione ideologica della meta-teoria scientifica”.

Non è dunque un caso se tra gli obiettivi che i tre autori si prefiggono in Epistemologia storica, nell’offrire un “tentativo di tracciare un canone di autori per districarsi nella complessa problematica storico-epistemologica”, ci sia quello di arrivare  a dare  “un utile punto di riferimento per un ripensamento della filosofia della scienza in generale” mirante “alla comprensione e direzione della scienza in una società globale”; in tale modo si può meglio operare con la coscienza da fare nostra che “lo sviluppo del sapere, dell’umanità e del nostro stesso pianeta costituiscono un’unica, inscindibile questione, epistemologica e politica”. E alla costituzione di questa consapevolezza socio-epistemica siamo tutti invitati a dare il nostro contributo per le numerose sfide che ci attendono per essere  meglio equipaggiati  dato che siamo tutti, umani e non umani, sulla ‘stessa barca’.


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Mario Castellana, già docente di Filosofia della scienza presso l’Università del Salento e di Introduzione generale alla filosofia presso la Facoltà Teologica Pugliese di Bari, è da anni impegnato nel valorizzare la dimensione culturale del pensiero scientifico attraverso l’analisi di alcune figure della filosofia della scienza francese ed italiana del ‘900. Oltre ad essere autore di diverse monografie e di diversi saggi su tali figure, ha allargato i suoi interessi ai rapporti fra scienza e fede, scienza ed etica, scienza e democrazia, al ruolo di alcune figure femminili nel pensiero contemporaneo come Simone Weil e Hélène Metzger. Collaboratore della storica rivista francese "Revue de synthèse", è attualmente direttore scientifico di "Idee", rivista di filosofia e scienze dell’uomo nonché direttore della Collana Internazionale "Pensée des sciences", Pensa Multimedia, Lecce; come nello spirito di "Odysseo" è un umile navigatore nelle acque sempre più insicure della conoscenza.