Non è di molto tempo fa (26 giugno) la sentenza della Corte Suprema statunitense che riconosce le unioni omosessuali in tutti e cinquanta gli stati.

Come per ogni fenomeno mediatico, sono piovuti commenti di approvazione da ogni dove: capi di governo, esponenti politici, celebrità internazionali e gente qualunque, tutti a festeggiare e ad affermare che, per una volta, #lovewins.

L’amore vince.

Dalle pagine della carta stampata ai social, un’onda arcobaleno ha invaso il pianeta per qualche giorno. Per sostegno, per protesta, per moda, tutti (o quasi) hanno detto la loro sulle coppie di fatto.

Grande entusiasmo, ma, come sempre, l’opinione pubblica si è spaccata in due una volta che la discussione si è spostata sulla situazione in casa nostra.

L’italiano medio che si è avvolto nella grande bandiera arcobaleno gridando alla vittoria che passerà alla storia è lo stesso che quando invece veste il più piccolo tricolore sostiene che, per carità, gli americani hanno fatto bene a emanare questa legge, tutti liberissimi di amare chi si vuole, ma vuoi mettere in Italia? In Italia come si fa? Tra la Chiesa, e il papa, e le politiche sociali, e la famiglia tradizionale.

Proprio non si può.

Ma ecco che martedì 21 luglio arriva direttamente da Strasburgo una sentenza: la Corte europea dei diritti umani condanna l’Italia per la violazione dell’articolo 8 della Convenzione europea, il diritto al rispetto per la vita privata e familiare, e chiede che si faccia immediatamente qualcosa affinché anche la legge nel nostro paese riconosca le unioni gay.

E via al valzer delle contestazioni.

Se si vuole porre un veto assoluto sui matrimoni religiosi, diversa cosa sono le unioni civili.
Se ne parla da un po’, ed effettivamente in Senato è in discussione una legge che porti ordine, o almeno ci provi, nella questione. Tuttavia si sa, i cavilli della burocrazia italiana sembrano essere un ostacolo insormontabile.

Pd, Sel e Movimento 5 stelle, non all’unanimità, ma in buona maggioranza, sembrano voler andare nella stessa direzione, e cioè verso una legge che garantisca alle coppie omosessuali gli stessi diritti sul piano legale delle coppie etero.

Tale legge, però, non sembra risolvere altri aspetti, come quello dei figli, delle adozioni e del così detto utero in affitto. Ogni cosa a suo tempo, certo, ma sarebbe bello poter avere risposte tempestive, soprattutto per chi le aspetta già da un po’.

Dal Centrodestra, invece, si alzano cori di protesta. Non si può pensare di minare le basi del nostro Paese, la famiglia tradizionale, il matrimonio, mamma e papà che la domenica mattina ti portano a messa e al compleanno ti regalano una Barbie se sei una femminuccia, una macchinina telecomandata se sei un maschietto.

Ma seriamente, cos’è “tradizionale”? Dove si nasconde la minaccia? Sarà poi questo il male peggiore della nostra società?

Intanto la decisione unanime di Strasburgo suona più come un rimprovero fatto in pubblico a un bambino capriccioso e indisciplinato, assottigliando ancora la credibilità nelle capacità italiane di prendere decisioni concrete.

Forse aveva ragione Manzoni, ai posteri l’ardua sentenza.