La Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne: un ebook gratuito fa beneficenza e aiuta a riflettere
Il 25 novembre ricorre la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, un problema sempre attuale e che richiede un impegno costante. Il 17 dicembre 1999 l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha istituito questa importante giornata in memoria delle sorelle Mirabal che combatterono la dittatura in Repubblica Dominicana di Rafael Trujillo e che in un’imboscata furono fatte prigioniere, poi torturate e uccise. Questo crudele delitto causò la reazione popolare che portò all’assasinio del dittatore e alla fine del suo regime.
Era il 25 novembre 1960.
Questa giornata serve per sensibilizzare e per ricordare che non è solo un problema di donne, ma un problema di tutti. Facile andare con la mente alla problematica dei femminicidi, che negli undici mesi del 2022 in Italia ha fatto 104 vittime, quattro in più dello scorso anno, ma che coinvolge le donne nelle più svariate forme.
Diverse sono state le iniziative organizzate in giro per l’Italia. In memoria delle vittime, a Palazzo Chigi sono stati proiettati i nomi delle 104 donne uccise dai loro partner o dai loro ex.
Tra le iniziative più interessanti, vorrei sottolineare quella di Sorgenia, promossa dalla campionessa paralimpica di scherma Bebe Vio. Sul sito dell’azienda si può scaricare gratuitamente un ebook sul tema, “Non ti voltare”, dieci storie di violenza raccontate da chi era vicino a loro. Per ogni download, l’azienda donerà un euro all’Onlus Pangea, a sostegno del progetto REAMA, uno sportello online antiviolenza. Oltre ad una buona opera di benificienza, tra l’altro gratuita e che non costa nulla, uno dei pochi download che ha il potere di produrre valore, il lettore si troverà di fronte ad un’opera interessante, che aiuta a riflettere sull’importanza che ancor’oggi, purtroppo, riveste la riflessione sulle varie forme di violenza sulle donne. É una narrazione a tratti straziante, a tratti colma di rabbia, che nel titolo rivela tutta la sua forza, perché i protagonisti sono gli spettatori delle violenze, fidanzati che non hanno saputo proteggere le loro ragazze perché “non sapevano”, amiche che hanno taciuto nel momento in cui dovevano denunciare o altre che invece hanno subito l’indifferenza e l’odio altrui perché hanno invece gridato tutta la pena di donne ferite. Ancora, possiamo trovare storie che raccontano il disagio di donne che non possono parlare o esprimere il proprio pensiero, come ad esempio lottare per i cambiamenti climatici, o che vengono odiate solo perché donne, scenari che ricorderebbero le atmosfere raccontate da Stieg Larsson nella sua trilogia Millenium, laddove uno dei libri aveva un titolo inequivocabile: Uomini che odiano le donne. Spesso non si tratta soltanto di odio, ma di tanto altro, atteggiamenti che richiamano indifferenza, sottovalutazione e la stessa sofferenza silenziosa di chi, figlio, vede la violenza abbattersi sulle povere madri. Mi ha colpito molto la storia di Momo. Torinese, di origine marocchina, vive in periferia, che non è mai “un dettaglio inutile ma a volte i dettagli sono importanti. Dove nasci, dove cresci. Che quartiere frequenti. Quali strade percorri”. Le strade che percorre sono quelle laddove la sua ragazza ha subito un brutto giorno una violenza di gruppo, che poteva andare peggio. Delle chiavi tintinnano. Un preallarme. Lei sa, ma è sola. “Raissa ha sentito una mano colpirle con forza il sedere e si è bloccata. Per istinto si è girata di scatto e senza guardarli in faccia le è scappato un “vaffanculo”. Non ha fatto in tempo a capire di essere in pericolo che una sberla di rovescio l’ha presa in piena faccia. Un labbro che sanguina. Forse la sua fortuna”. Ma Momo è uomo, queste cose non le sa, proprio perché uomo. E così, se un bar per lui può rappresentare un banale luogo d’incontro, quell’assembramento maschile a lei rinnova la sofferenza che la induce, con il broncio, a chiedere di cambiare strada. Momo allora inizia a fare attenzione ai particolari, che prima sembravano semplici dettagli. Ma i dettagli fanno la differenza e si augura che alla fine possa imparare. Anch’io mi auguro di imparare, riconoscere quei dettagli che davvero possono fare la differenza nel rapporto con le donne. Molto spesso agiamo con superficialità, perché siamo uomini e non riusciamo a metterci nei panni del mondo femminile. Qualche anno fa uscì un libro, che mi sono promesso di leggere, “Bastava chiedere. Dieci storie di femminismo quotidiano”. Si legge nella sinossi: “sei tornata dal lavoro, hai fatto la spesa, stai preparando la cena e nel frattempo pensi a quando pagare l’affitto / chiamare l’idraulico / prendere la pillola / finire quella mail di lavoro / controllare che i tuoi figli abbiano fatto i compiti / caricare la lavatrice. Tutto questo mentre il tuo compagno ti chiede se per caso sai dove sono finite le sue scarpe. Hai mai pensato a quante volte il tuo partner ti ha risposto «bastava chiedere», come se tu fossi l’addetta all’organizzazione della casa?”
Non lasciamo che i dettagli restino freddi, ma facciamo sì che ci interroghino e ci mettano in allarme, perché un giorno sarà vano dire” bastava chiedere”. Va detto, ed è il finale del libro, che è importante rispettare il tempo delle vittime, ascoltarle e fare attenzione ad alcuni indicatori come la paura, l’ansia, gli attacchi di panico, i ritardi. Le vere protagoniste della loro rinascita sono loro stesse, che dovranno trovare la forza di denunciare. A noi spetta scorgere i dettagli, che mai in questo casi sono banali.